Banca Dati УNuovo RinascimentoФ
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immesso in rete il 25 settembre 1995

 

 

 

Danilo Romei

 

LТalfabeto segreto di Agnolo Firenzuola*

 

 

ааааааааа Il Firenzuola nasce a Firenze nel 1493. Esattamente un anno prima di una data epoнcale nella storia dТItalia (e dТEuropa): il 1494, anno della spedizione di Carlo VIII in Itaнlia. È lТanno al quale si arresta lТOrlando innamorato del Boiardo, con unТottava piena di angoscia:

аааа Mentre che io canto, o Iddio redentore,
Vedo la Italia tutta a fiama e a foco
Per questi Galli, che con gran valore
Vengon per disertar non so che loco;
Però vi lascio in questo vano amore
De Fiordespina ardente a poco a poco;
UnТaltra fiata, se mi fia concesso,
Racontarovi il tutto per espresso.
аааааааааааааааааааааааааааа [iii 9 26]

Ed è lТanno dal quale Ц non per caso Ц prende il via la Storia dТItalia del Guicciardini, con il suo celebre proemio:

 

Io ho deliberato di scrivere le cose accadute alla memoria nostra in Italia, dappoi che lТarнmi deТ franzesi, chiamate daТ nostri príncipi medesimi, cominciorono con grandissimo moнvimento a perturbarla: materia, per la varietà e grandezza loro, molto memorabile e piena di atrocissimi accidenti; avendo patito tanti anni Italia tutte quelle calamità con le quali soнgliono i miseri mortali [...] essere vessati. [...] Ma le calamità dТItalia [...] cominciorono con tanto maggiore dispiacere e spavento negli animi degli uomini quanto le cose universali erano allora più liete e felici. Perché manifesto è che [...] non aveva giammai sentito Italia tanta prosperità, né provato stato tanto desiderabile quanto era quello nel quale sicuramenнte si riposava lТanno della salute cristiana mille quattrocento novanta, e gli anni che a quelнlo e prima e poi furono congiunti [...].

 

ааааааааа Nel 1494 una brusca e brutale accelerazione della storia butta allТaria il castello di carte del sistema politico italiano. La fase di maggior turbolenza si estende fino al 1530, ma per un consolidamento della situazione si deve attendere la pace di Cateau Cambrésis del 1559. Da questa rabbiosa accelerazione lТItalia esce disfatta. Non cТè quasi città dТIнtalia che non abbia subito unТoccupazione manu militari, un saccheggio, un tagliegнgiaнmento, almeno. Le poche eccezioni confermano la regola. Chi scorre le cronache del tempo non può che ricavarne una tetra sensazione di orrore.

ааааааааа QuestТepoca il Firenzuola lТha vissuta si può dire per intero. Probabilmente è rimaнsto coinvolto di persona in due degli eventi più traumatici: il sacco di Roma del 1527, lТassedio di Firenze del 1529-30.[1] Delle rovine, delle stragi, delle crudeltà, dellТorrore nella sua opera non resta traccia alcuna. I letterati che gli sono più vicini Ц e non dico Pietro Aretino, ma Francesco Berni, Claudio Tolomei, Francesco Maria Molza... Ц si laнsciano sfuggire come minimo una deprecazione, unТinvettiva, unТelegia, unТorazione, un excursus. Anche quelli in apparenza più distratti, chiusi nel circuito di una letteratura fuori del tempo, che si nutre di sé e basta a se stessa. Il Firenzuola niente. La sua misura del reale resta quella di una privatissima e cifrata esperienza personale; il suo lamento Ц ed è raro Ц è per le sue solitarie sventure.

ааааааааа Forse anche per questo, per la sua impermeabilità alle crudezze della storia, è stato per secoli uno degli scrittori prediletti dalla scuola italiana: purgate le sue malizie sessuaнli, restava uno scrittore innocuo e garbato, delizia di puristi e di cruscanti. Al contrario, personaggi di forte sentire espressero disdegno: Settembrini lo disse un лeunuco╗, Balнdiнni ne fece un cicisbeo, DТAnnunzio un animale da salotto.[2] E forse sta qui anche la ragioнne della sostanziale indifferenza della critica attuale.

ааааааааа Eppure io non riesco a convincermi che uno scrittore possa scivolar via, assopito, inconsapevole, sulla superficie della storia, senza che il suo mondo di parole vada mai a scontrarsi con le terribili asperità, a precipitare nelle rovinose cadute del mondo delle coнse. Mi riesce difficile ammettere che la letteratura possa essere immune Ц specialmente in una situazione estrema Ц dal portare i segni del suo tempo: i graffi, le usure almeno, di un attrito inevitabile.

ааааааааа Si potrebbe argomentare che anche lТassenza è un segno, il sintomo di una rimoнzioнne. Non si può nominare il diavolo perché anche la semplice evocazione verbale può preнcipitare nellТorrore. Forse lТelusività totale del Firenzuola è la manifestazione di una speнciale vulnerabilità, che inibisce di dar voce e forma a ciò che è troppo spaventoso per poнter essere detto. Forse lТapparente indifferenza del Firenzuola è una forma di estrema afaнsia.

ааааааааа Eppure questa è unТargomentazione che non finisce di convincermi. È troppo semнplice, troppo schematica.

ааааааааа Io preferisco credere che anche il Firenzuola abbia parlato di ciò che sgomentava tutti, ma che lТabbia fatto in modo indiretto. Che abbia evocato il gran diavolo senza mai nominarlo. Che abbia significato le sue angosce più profonde con un diverso sistema di segni, con un alfabeto segreto, con un crittogramma. Per intendere lТopera sua si deve decifrare questo alfabeto di secondo grado: decrittare non il senso fin troppo piano dei suoi scritti, bensì le involuzioni della scrittura stessa. I sintomi ambigui del malessere che segnò la vicenda storica del Firenzuola Ц al di là delle disavventure specifiche della sua esistenza Ц si devono diagnosticare non nellТàmbito esplicito (ma muto) dei significati, bensì in quello implicito (ma eloquente) dei significanti. Ritengo che il malessere storico del Firenzuola si manifesti in un turbamento espressivo.

ааааааааа Per concretare il discorso scelgo di parlare delle opere principali del suo periodo romano: il volgarizzamento dellТAsinus aureus di Apuleio e gli incompiuti Ragionamenti.

ааааааааа Cominciamo con Apuleio. È un volgarizzamento celebre: in pratica, fino a non molto tempo fa, si è letto Apuleio proprio nel volgarizzamento del Firenzuola, che è del resto la sua opera più studiata.

ааааааааа Io credo che il testo sia stato redatto in due fasi. Secondo me i primi sette libri apнpartengono al primo periodo romano (1519-1527, con un intervallo nel 1522); gli ultimi tre forse allТultimo periodo romano (1532-1534), se non addirittura al periodo pratese (1538-1543). Manifestano comunque una maturità e una determinazione stilistica assai più spiccata di quella che si manifesta nei primi sette. Ma dal punto di vista del nostro raнgionamento tutto ciò è quasi ininfluente: il passaggio dalla prima alla seconda fase non fa che accentuare linee di tendenza ben individuate già nella prima.

ааааааааа Anzitutto la scelta di Apuleio. Che nella Roma del terzo decennio del Cinquecento è una scelta tuttТaltro che pacifica. Infatti lТultimo umanesimo Ц lТumanesimo di Pietro Bembo e di Iacopo Sadoleto Ц aveva decretato il trionfo del ciceronianismo. Dal conнfronto con i ciceroniani le scelte più varie e più spregiudicate degli eclettici erano uscite sconfitte. Basti dire che il ciceronianismo ha continuato a imperare incontrastato nella scuola italiana fino ad oggi. Nello schieramento degli eclettici lТala estrema, la più duraнmente contrastata, era rappresentata dagli apuleiani. La Roma dei papi medicei (Leone x e Clemente vii: 1513-1534) aveva ufficialmente riconosciuto la vittoria dei ciceroniani conferendo il cancellierato apostolico proprio al Bembo e al Sadoleto. A Roma in quegli anni tradurre Apuleio era una scelta controcorrente.

ааааааааа Ma si è detto che nella storia dellТAsino dТoro il Firenzuola cercava un paradigma esemplare che si prestasse a rappresentare una sua vicenda privata. La storia del romanzo latino è nota a tutti. Per un incidente magico il giovane Lucius si trasforma in asino. Solo mangiando delle rose potrà assumere di nuovo la sua forma umana. Ciò avverrà soltanto alla fine dellТopera e dopo innumerevoli peripezie, grazie alla conversione del protagoniнsta al culto misteriosofico di Iside. Il Firenzuola adatta a sé e ai suoi tempi la magica meнtamorfosi: il protagonista è diventato Angelo e si aggira nelle domestiche campagne tra lТEmilia ed il Lazio, anziché nelle lande della misteriosa Tessaglia. La sua conversione perde ogni solenne implicazione religiosa e si accontenta di accorciarsi in un Уpassaggio di facoltàФ Ц si direbbe oggi Ц dallТлasinino studio delle leggi╗ a quello delle лumane letнtere╗, per lТamoroso influsso di una donna лvalorosa╗.

ааааааааа Tutto ciò è incontestabile. Ma sarebbe sproporzionato ai dati di fatto attribuire ecнcessiva importanza a un motivo che resta confinato in poche pagine iniziali e finali. Fra lТaltro il Firenzuola sopprime lТundicesimo e ultimo libro di Apuleio, interamente occupaнto dai riti arcani di una rinascita spirituale. Tutto il resto del volume esorbita allegramenнte dal presupposto liminare e si dilata senza freni e senza ritegni nelle meravigliose e saнlaнci avventure dellТasino-uomo. Non fu la marginale possibilità di un mito neoplatonico a sedurre il Firenzuola, bensì il mirabolante caleidoscopio di avventure e di stili di Apuleio.

ааааааааа E anche qui ci si deve liberare della zavorra di un inveterato luogo comune. Si è detto e ripetuto che il Firenzuola legge Apuleio attraverso una lente boccaccesca. Una lente deformante, beninteso, atta a disinnescare e ad addomesticare le meraviglie elocuнtiнve apuleiane. Non cТè niente di più falso. Concordanze alla mano, la presenza del Bocнcaccio è addirittura deludente nella prima fase del volgarizzamento (si rafforzerà, ma in misura ancora contenuta, negli ultimi tre libri). È ben vero che il Firenzuola non punta a una translitterazione inerte delle veneri dello stile apuleiano e che narra e descrive seconнdo i suoi ritmi e le sue figure, ma è pur sempre una lezione, o almeno una sollecitazione di stile che il Firenzuola cerca in Apuleio. Ed è la lezione più anticlassica che potesse consegnargli lТantichità. E nello stesso tempo, lo ricordo ancora, la più anticiceroniana.

ааааааааа Trasferiamo adesso questi presupposti nellТàmbito della lingua e della letteratura in volgare. La lezione di Apuleio Ц è ovvio Ц è quella che si oppone più arditamente al paнrallelo volgare del classicismo e del ciceronianismo latino: il bembismo, con il suo canone rigorosamente circoscritto al Petrarca poeta e al Boccaccio лoratore╗. лOratore╗, si baнdi. Cioè non tutto il Boccaccio Ц che sicuramente aveva amato Apuleio più di Cicerone Ц, ma il Boccaccio più sorvegliato ed augusto. LТлoratore╗, appunto, che meglio si preнstaнva alle prudenti esemplificazioni della Prose della volgar lingua.

ааааааааа Detto questo, bisognerà ribadire che il Firenzuola traduttore di Apuleio è un traнduttore infedele, al punto che cТè chi preferisce parlare dellТAsino come di un rifacimento piuttosto che come di un volgarizzamento. E soprattutto è scrittore discontinuo, come sempre gli avviene, almeno nelle opere УromaneФ. Cioè reagisce in modo diverso alle diнverse solleticazioni che gli giungono dal testo latino. A fasi di estrosa riscrittura e di liнbeнra reinvenzione del testo si alternano fasi di banale letteralità e persino di torpida acquieнscenza. In generale il Firenzuola si spaccia alla svelta delle parti più propriamente narнraнtiнve e indugia sulle componenti di più marcata espressività, con attitudine di disinvolta amнplificazione. È ben accetta lТintera gamma delle innumerevoli sfaccettature stilistiche delнla scrittura apuleiana: dal salace al prezioso, dal popolano al curiale, dal grave al grotнteнsco, dallТorrido al faceto, proposte in rapida successione e spesso in perigliosa contiguità.

ааааааааа È proprio questa la lezione di Apuleio meglio appresa dal Firenzuola: non solo lТanticlassicismo sostituito al classicismo, non solo la regolarità ripudiata per il capriccio, non solo il pluristilismo sottentrato allТuniformità, ma Ц almeno in prospettiva Ц la più eretica mescidazione, la mescolanza e la metamorfosi delle forme che sarà una delle conнquiste più avanzate della sua maturità. Il Bembo predica la УmonotoniaФ, una limpida coerenza di lingua e di stile: in un modello fuori del tempo, in unТidea platonica del bello scrivere, il Bembo cerca la garanzia di una metastorica sopravvivenza, la promessa di unТopera che abbia a УdurareФ. Al лpicciolo cerchio╗, alla misura austera della poetica bembiana, il Firenzuola oppone unТinstabile e oltranzista pluralità di modelli e unТavvenнturosa e spregiudicata disponibilità di esperienze. Questo è lТAsino dТoro.

ааааааааа Ma ancor più significativa per il nostro discorso risulta lТaltra opera del periodo roнmano, i Ragionamenti.

ааааааааа Con i Ragionamenti abbiamo una data puntuale: il 25 maggio 1525, dedica della prima giornata a Maria Caterina Cybo. Ma abbiamo anche unТopera largamente imperfetнta, abbandonata e probabilmente smantellata Ц almeno in parte Ц dallТautore, che ne riuнtiнlizzerà i materiali nelle operette del periodo pratese. È nostro compito preliminare ricoнstruire lТintero dalla parte che ci è pervenuta: poco più di un sesto dellТunità almeno proнgettata, se non compiuta.

ааааааааа Del resto il progetto è chiaramente espresso dal Firenzuola nel proemio dellТopera. Si finge che cinque giovani fiorentini (tre uomini e due donne) più una gentildonna roнmaнna Уin visitaФ si ritrovino in una villa suburbana di Firenze e che, a imitazione della лbella brigata╗ del Boccaccio, eleggano una лReina╗ che dia regola ai loro onesti diletti. La Regina dei Ragionamenti è Costanza Amaretta, la gentildonna romana amata dal Firenнzuola. Costei, ricordevole appunto del nobile modello boccacciano, propone un elaboraнto codice di comportamento:

 

[...] poi che noi semo sei e vogliamo star quassù sei dì, io vi voglio dividere il giorno in moнdo che ogni nostra opera proceda per sei. [p. 85][3]

 

La proposta è accolta. Così nel corso della giornata si succedono:

 

1 Ц ragionamenti filosofici al mattino;

2 Ц il pranzo;

3 Ц la recitazione di componimenti poetici (6 al dì);

4 Ц la narrazione di novelle (6 al dì);

5 Ц la cena;

6 Ц certi лragionamenti [...] piacevoli╗ di cui si definiranno di volta in volta le moнdalità (nelle prime due giornate si tratta di лrisposte argute╗, cioè di facezie) (6 al dì).

 

ааааааааа La scelta del numero sei è giustificata dalla nuova Regina con la disponibilità di sei soli interlocutori, ma soprattutto con la venerazione da lei dovuta a un numero che per due volte ha felicemente segnato il corso fatale della sua vita: è nata il sei di dicembre ed è УrinataФ per effetto dТamore il sei dТagosto. Come Laura, conosciuta dal Petrarca il sei di aprile e morta il sei di aprile:

аа LТora prima era, il dì sesto dТaprile,
che già mi strinse, et or, lasso, mi sciolse...
[4]

Nel Firenzuola anche i dati di insorgenza più privata sembrano disporsi spontaneamente nelle misure di una squisita letterarietà.

ааааааааа Torniamo ai Ragionamenti e alle лvirtù╗ del numero sei, del лsenario╗: numero лpieno di religione╗ per la sua лperfezione╗ e per la sua лfertilità╗. Infatti лdicono [...] i matematici che quel numero è perfetto le parti aliquote del quale [...], accozzate insieme, rilevano detto numero╗ (p. 87). Cioè i СdivisoriТ (лparti aliquote╗) del sei (1, 2, 3), СsomнmatiТ (лaccozzati) insieme, Сdanno come risultatoТ (лrilevano╗) il numero stesso. Quanнto alla лfertilità╗, lТelucubrazione che la dimostra è così complicata e tortuosa che qui si tralascia.

ааааааааа Siamo Ц è ovvio Ц nellТàmbito di quella che i tardi pitagorici dellТantichità chiaнmaнvano arithmologia: la scienza dei numeri, quella dottrina allТincerto confine tra scienza matematica e credenza magica che a partire dallТultimo e torbido ellenismo aveva invaso il medioevo cristiano (non senza la suggestione di tradizioni parallele come la kabbalà ebraica e il sufismo musulmano) fino a sfociare con varie colorazioni nel magismo rinaнscimentale. Nel caso del Firenzuola le УfontiФ sembrano essere tardo-classiche: Agostino del De civitate Dei e del De musica, Macrobio dei Commentarii in Somnium Scipionis, Boezio del De institutione arithmetica.

ааааааааа Fra i contemporanei del Firenzuola la numerologia dilaga. Io vorrei soffermarmi soltanto sul De harmonia mundi di Francesco Zorzi (Francesco Giorgio Veneto, a norma della nominazione umanistica), pubblicato proprio nel 1525. La clavis arithmologica preнscelta dallТinsigne canonista e teologo veneziano è lТлottonario╗. Infatti fin dai primi pitaнgorici il numero otto era reputato fondamento delle relazioni musicali e quindi della coнsmica euritmia. Anche qui abbiamo una struttura mirabile: la materia del libro è ripartita in tre cantica; ogni canticum è diviso in otto toni; lТultimo tonus (la città celeste) è diviso in 20 modula e 70 concentus. LТultimo modulum è il silenzio al di sopra dellТarmonia: il silenzio di Dio.

ааааааааа E vorrei leggere qualche riga dТinterpretazione di Cesare Vasoli:

Già lo stesso aspetto esterno dellТopera è [...] continuamente dominato dalla scrupolosa osнservanza di un determinato ritmo numerico e di una certa regola [...] architettonica, che è resa evidente dal continuo e spesso faticoso giuoco di analogie, immagini, o, addirittura, di meri accorgimenti formali. Così, quasi per rendere più immediatamente chiara lТidea della лharmonia universalis╗, di cui il pensiero dello Zorzi vuol essere uno specchio esatto e feнdele, le stesse divisioni interne del grosso volume assumono nomi e definizioni di carattere musicale [...] in modo che le varie parti si accordino anche nel loro ordine esteriore e vi sia, insomma, unТesatta, necessaria corrispondenza tra la bellezza лnumeralis╗ o лmaнtheнmaнtiнca╗ dellТuniverso e lТordine e lТarchitettura entro la quale deve distendersi la meditazione [...].[5]

 

ааааааааа Può sembrare sproporzionato il confronto tra lТamena letteratura del nostro abate e gli ardui cogitamenti del teologo veneziano, ma non è così. La meravigliosa fabbrica del De harmonia mundi non è sostanzialmente dissimile dallТardita architettura dei Ragionamenti, quale fu almeno concepita. La clavis arithmologica firenzuolesca riнmanнda, anchТessa, a una simpatetica cosmologia in cui il piccolo avvicina il grande, il miнcroнcosmo interpreta il macrocosmo, il segno della sorte individuale è specchio e chiave delнlТordine universale.

ааааааааа Del resto, il numero sei, il лsenario╗, è pur sempre la misura delle sei giornate della creazione e lТHexameron è il titolo classico del commento alla Genesi (si pensi ad Ambrogio). Dunque unТopera modulata sul sei, un profano Hexameron, sarà uno speнcuнlum mundi, o, se si preferisce, un theatrum mundi, una typocosmia.

ааааааааа Nelle storie letterarie il Firenzuola è inventariato Ц quasi senza remissione Ц come novelliere. In questo senso, come la sua prova più indicativa sono segnalati proprio i Raнgionamenti. La definizione è crudelmente riduttiva. Anzitutto come può essere una semнplice raccolta di novelle unТopera che si intitola Ragionamenti e cioè Ц salvo il vero Ц СdialoghiТ? E poi bisognerà dire almeno che i Ragionamenti sono un prosimetro, una composizione mista di prosa e di versi. E la componente poetica è tuttТaltro che trascuнraнbile. Non è trascurabile il peso delle dieci ballate del Decameron; come può essere traнscurabile la poesia sei volte più espansa dei Ragionamenti? Ma soprattutto non si può in alcun modo ridurre nel ruolo mortificante di УcorniceФ Ц come abitualmente si fa Ц tutto quello che Сsta intornoТ alle novelle. Non è qualcosa di accessorio e di insipido. I лraнgioнnaнmenti filosofici╗ mattutini, le facezie serali, tutte le altre occasioni di discussione che di volta in volta scaturiscono dalle domestiche vicende del ménage quotidiano, le stesse poesie sono tuttТaltro che marginalia da scorrere velocemente per venire al nocciolo delнla narrativa maggiore. Basta far caso agli argomenti: la questione della lingua, la dottrina dellТimitazione, questioni di lessicologia, di metrica, di botanica, di climatologia, di storia naturale: sono temi vivissimi Ц e alcuni semplicemente vitali Ц della cultura conнtemнpoнraнnea.

ааааааааа Non cТè un vocabolo moderno che esprima appieno quello che i Ragionamenti voнlevano essere. Anche il termine enciclopedia, che è forse quello che più ci si avvicina Ц nel senso in cui si può dire unТenciclopedia la Commedia di Dante o lТAdone del Maнriнno Ц, anche il termine enciclopedia, dicevo, lascia insoddisfatti. Ma in fondo è il concetto stesso di unТopera siffatta che per noi è inconcepibile. UnТopera che ha lТambizione di rappresentare per intero una cultura, unТopera totalizzante, una summa e un exemplaнrium, nellТaccezione di cordialità e socievolezza del sapere che ha della cultura il Firenнzuola, ma anche con la sua legittima e combattiva alterezza. Certo, il salto dalle virtù dei numeri alle virtù gastronomiche del basilico, dalle rarefazioni spirituali dellТamore лceleнste╗ alle vicissitudini indecenti dellТamore terreno delle novelle può risultare sconcerнtanнte, ma tutto è stato previsto, tutto è al suo posto. Il microcosmo umano ha le stesse miнsure del macrocosmo universale: dalle sublimi altezze spirituali degli angeli alle infime bassure della materia più degradata. Lo straordinario cristallo dei Ragionamenti (uno splenнdido esaedro) imprigiona in sé un barlume, una scintilla, di tutti i bagliori dellТuнniнverso.

ааааааааа Soffermiamoci ancora sulla sua mirabile costruzione.

ааааааааа Il Decameron si può rappresentare (schematicamente) come una scatola che conнtiene dieci scatole che contengono ciascuna dieci oggetti (più uno): una УcorniceФ che contiene dieci giornate che contengono ciascuna dieci novelle (e una ballata). I Ragionaнmenti si vorrebbero rappresentare come una scatola che contiene sei scatole, ciascuna delle quali contiene sei scatole, tre delle quali contengono sei oggetti. LТincremento, anzi lТoltranza della complicazione strutturale è evidente. Ma in questo caso la figura non solo è difettiva rispetto alla complessità dellТopera, ma è sostanzialmente contraddetta dalla concretezza della scrittura.

ааааааааа La struttura cristallina che si intravede nitida e fulgente nel progetto dei Ragionaнmenti appare tuttТaltro che esaltata dalla sostanza della sua concretizzazione: conнtiнnuaнmente insidiata da un materiale magmatico, effusivo, incontrollabile, che la contamina e la sconvolge. Le nitide partizioni, le rigorose geometrie, le esatte gerarchie che quel proнgetto esigeva sono ripetutamente contaminate da maligne polluzioni.

ааааааааа Anzitutto le necessarie distinzioni fra le componenti strutturali appaiono pericoнloнsamente confuse. Le strutture portanti e connettive (i contenitori, le scatole, la cornice) e i contenuti (i dialoghi, le novelle, le liriche, le facezie ecc.) sbandano pericolosamente gli uni verso gli altri, minacciano di scontrarsi, sovrapporsi, compenetrarsi. I contenitori si fanno più volte contenuti e i contenuti contenitori, in disprezzo della rigorosa norma nuнmerica.

ааааааааа Exempli gratia, la scatola che contiene i sei oggetti-poesie è a sua volta oggetto, dando luogo alle discussioni (fuori schema) sulla lingua, sullТimitazione, sul computo silнlabico della parola chiunque. Exempli gratia, nella scatola-cena della seconda giornata, che dovrebbe essere vuota (o meglio solida, non potendo contenere alcunché), si inнsiнnuaнno le digressioni lessicali su spigolistra e magiadero. Addirittura il contenitore globale, la УcorniceФ, presenta incastonature incongrue, come la digressione sulla salubrità dellТaria che si incunea fra la quarta e la quinta scatola del secondo ordine.

ааааааааа La struttura cristallina rischia dunque di precipitare in una struttura magmatica, inнforme, anzi in una negazione della struttura, in una antistruttura. Non un nitido cristallo scaturisce dalla pagina dei Ragionamenti, ma qualcosa che partecipa della natura informe del conglomerato. LТordine superbo della razionalità subisce lТattrazione irreparabile delнla caotica irrazionalità.

ааааааааа Tutto ciò non è senza riscontri a livello ideologico. Capita spesso nei Ragionaнmenнti che le tesi vittoriosamente sostenute dallТautore siano bruscamente e inopinatamente messe in crisi, revocate in dubbio e non più difese.

ааааааааа Esempi.

ааааааааа La Regina conclude la sua ispirata discettazione sulle virtù del лsenario╗. Salta su un irriverente fratello del Firenzuola (che prende il nome artefatto di Folchetto) e grida:

аЦ Deh, come ho io fatto bene a non ci menar la mia moglie, come volavate voi altre che io facesse; ché noi saremmo stati sette e alle sue cagioni averemmo perduto così fatta ventura; io sapeva ben, io, chТella era così strana e così ritrosa chТella ci arebbe guasto ogni diseнgno. [p. 89]

Si continua su questo tenore finché un altro fratello, Selvaggio, finisce con lТammettere tranquillamente:

Fussinci pur venuti tramendoi [...] che eТ non ci averebbeno fatto disconcio alcuno, perнcioнché io so bene che alla nostra Reina non sarebbe mancato che dire sopra il numero di sette. [ibid.]

Ma allora un numero vale lТaltro. E la sacralità del лsenario╗? E le fatalità numerali nella vita della Regina?

ааааааааа Lo stesso si può dire della dottrina platonica dellТamore, che sembra il presupposto stesso del vivere e del ragionare insieme. La Regina distingue fra due Veneri e due Amoнri, deprecando le turpi operazioni dellТamore terrestre ed esaltando con ispirato fervore i nobili effetti dellТamore лceleste╗, fonte di sereno vivere e di lieta civiltà. Scioglie con sicurezza i quesiti che le pongono alcuni e dissolve con fermezza le obiezioni che le muoнvono altri. A questo punto salta su il solito Folchetto che rimette tutto in gioco, come se non si fosse dimostrato nulla:

Madonna, voi mi avete dipinto questo vostro amore con certi colori e Тn un posar così straнno, che io per me non lo giudico di mano di troppo eccellente maestro [...]; e se io vi ho a dire quello che io sento di queste vostre dispute, eТ mi parrebbe che le fussero molto più convenienti dentro alle clausure delle vergini monacelle e per li chiostri dei religiosi frati che tra una compagnia di bellissime donne e di giovani uomini come è la nostra, venuta a la verdura per diportarsi e non per istare in contemplazione. Tenetevi addunche cotesto amore che voi dite è nipote del Cielo, voi i quali volete anzi tempo penetrar le regioni dello avol suo, e lasciate a me quello che voi dite che è nipote della Terra, ché non mi curo andar su per la avola carponi, e bramo veder frutto delle mie fatiche alli dì miei. [p. 107]

E la Regina non ha gran che da replicare.

ааааааааа Quello che voglio dire è questo. Manca nei Ragionamenti un sistema di valori soliнdamente organizzato, capace di sostenere il programma totalizzante che li fonda; un siнstema allТaltezza Ц insomma Ц della perfetta geometria del cristallo sognato e mai reaнlizнzato. Ma direi di più. Sembra mancare nei Ragionamenti una qualsiasi risposta che apнpaнghi senza incertezze e senza ripensamenti, che non lasci campo allТinsidia corrosiva del dubbio. In questo senso si può parlare dei Ragionamenti Ц sigillati in un involucro perнfetнto e indefettibile Ц come di unТopera УapertaФ, che non ha frontiere (spaziali e ideoнloнgiнche) invalicabili e ammette soluzioni alternative e persino contrastanti.

ааааааааа Il Firenzuola, ripeto, non portò a termine i Ragionamenti. Probabilmente smantellò la seconda giornata per riutilizzarne frammenti negli opuscoli pratesi. Le spiegazioni che si sono date per giustificare lТinterruzione sono plausibili: la morte della donna ispiratrice, Costanza Amaretta, nellТinverno fra il 1524 e il 1525, la malattia che colpì lТautore nel 1526. (Fra parentesi: non si tratta affatto di sifilide, come si dice per inerzia, ma di maнlaнria).

ааааааааа Sarebbero, dunque, motivazioni dТordine personale: un infortunio strettamente priнvato ha interrotto un lavoro in crescita. La cosa è plausibile, ripeto. Ma io credo che il fallimento dei Ragionamenti Ц dopo quello che si è detto Ц possa e debba essere letto in una prospettiva più coraggiosa, che tenga conto delle ambizioni e degli impegni che in essi si dispiegano. La crisi strutturale dei Ragionamenti è parallela (e certo interdiнpenнdente) alla crisi ideologica che (apertamente o ambiguamente) in essi traspare. Insomma io credo che la crisi dei Ragionamenti sia il sintomo, il principale degli indizi che stiamo cercando. E cioè che la crisi dei Ragionamenti sia il riflesso non solo di infortuni privati (che nessuno vuole negare) ma non meno di quel disastro collettivo che ho cercato di acнcennare allТinizio del discorso. Se poi si considera che sui Ragionamenti incombe lТeнvenнto più traumatico di questТepoca così travagliata (il sacco di Roma del 1527), allora avreнmo riscontri inequivocabili.

ааааааааа Il Firenzuola non poteva portare a conclusione i Ragionamenti. In essi si esprimeva un ordine cosmico tradotto in una ritmica armonia, in una cifra di razionale dominio. QuellТordine dava un posto ad ogni aspetto della realtà e tutto interpretava nella luce suнperiore di un luminoso paradigma. Ma quellТordine non reggeva un istante allТurto spaнventoso di un reale caotico, sfuggito ad ogni controllo. I Ragionamenti erano stati ideati nel clima di provvisoria e illusoria sicurezza suscitato proprio dai papi medicei, quando sembrava che il papato potesse essere la forza capace di riscattare le sorti dТItalia e coaнlizzare energie sufficienti a recuperare una situazione che ci si ostinava a considerare non ancora compromessa. Crollata quella tragica illusione nel disastro più orrendo, come si poteva credere ancora allТordine (ormai pretestuoso e presuntuoso) dei Ragionamenti?

ааааааааа E qui potrebbe terminare il mio discorso. Ho chiuso il cerchio, sono tornato là da dove mi son mosso. Ma per me i Ragionamenti sono qualcosa di più. TuttТaltro che un capolavoro, beninteso. Ma unТopera sintomatica sì. UnТopera che si colloca allТincerto confine tra la letteratura rinascimentale e la letteratura manierista.

ааааааааа La categoria Уmanierismo letterarioФ pare non sia più di moda. Ha avuto fortuna una ventina dТanni fa, quando le avanguardie dei cinquecentisti la sostenevano a spada tratta. Negli ultimi anni sembra quasi scomparsa dalla circolazione. Ma essere alla moda non è obbligatorio.

ааааааааа E bisognerà avvertire che il Уmanierismo letterarioФ è una metafora, un prestito dalнla storia dellТarte. NellТambito della storia dellТarte il manierismo ha solide autorizzazioni nella teoresi e nella storiografia cinquecentesca. In fondo è il Vasari il padre del maнnieнriнsmo. Nel campo della letteratura non cТè niente del genere: nessuno ha mai teorizzato il concetto di maniera, contrapposto a quello di natura. Tuttavia a me pare che una larga fenomenologia comune consenta di estendere il concetto dalla cultura figurativa alla culнtura letteraria. Ciascuna mantiene tratti specifici, naturalmente, che sarebbe sciocco voler trasferire a forza dallТuna allТaltra; ma, fatte le debite distinzioni, resta pur sempre un complesso di motivi comuni che sarebbe altrettanto sciocco ignorare.

ааааааааа Non mi sembra neppure plausibile la sfasatura cronologica che generalmente si amнmette fra il progresso delle arti figurative e il progresso delle lettere. Il manierismo figuнrativo sarebbe in anticipo di un ventennio su quello letterario. Quindi se si fa iniziare il primo attorno al 1520, si dovrebbe spostare il secondo a dopo il Т40. Io non ci credo. Al contrario a me sembra che proprio nella Roma dei papi medicei si instauri una singolare cospirazione delle arti. Sia al tempo di Raffaello, interprete dТelezione dellТultima cultura umanistica, quella di Pietro Bembo e di Iacopo Sadoleto, di Marco Girolamo Vida e di Iacopo Sannazaro, degli orti colocciani e dellТaccademia coriciana; sia nei primi anni del papato di Clemente VII, quando convergono a Roma quasi tutti i manieristi della prima generazione: il Rosso, il Parmigianino, Sebastiano del Piombo, per non dire degli scolari di Raffaello. Qualcuno ha parlato di uno лstile clementino╗, come una delle manifeнstaнzioнni piùа precoci e raffinate del manierismo figurativo.[6] Ecco, io cerco uno лstile clementiнno╗ nelle opere romane del Firenzuola.

ааааааааа E non deve preoccupare lТimmagine incupita e УautunnaleФ che del manierismo si è diffusa e che sembra inconciliabile con lТamenità e la leggiadria che connotano di prefeнrenza lТopera firenzuolesca. LТangoscia Ц si è visto Ц covava sotto la superficie, né, dТalнtra parte, il manierismo è solo tragedia e poema eroico.

ааааааааа Così come non deve spaventare lТindisponibilità per il Firenzuola di alcuni dei supнporti ideologici solitamente invocati per il manierismo: la rifeudalizzazione della società, la Controriforma, la riscoperta di Aristotele, i torbidi circuiti della censura e della rimoнzione. Il Firenzuola appartiene a unТaltra generazione, appunto quella dei primi manieristi figurativi, neppure per i quali quei supporti ideologici sono disponibili.

ааааааааа Negli scritti dТarte del Cinquecento maniera si oppone a natura e caratterizza queнgli artisti che non disegnano dal vero ma si ispirano a schemi astratti, a elaborazioni già altamente formalizzate. Nemmeno il Firenzuola disegna dal vero. Non riproduce la realtà e non inventa nulla. Per tutte le sue opere si possono indicare УfontiФ più o meno punнtuaнli, in ogni caso schemi letterari partecipati. La sua dimensione ideale è quella della riнscritнtura, del rifacimento, della traduzione. Ciò non esclude, ovviamente, che nellТopera fiнrenнzuolesca possano entrare particolari di evidente emergenza autobiografica (si è già detto a proposito dellТAsino); quello che conta è che quei particolari si compongono spontaнneamente in un astratto ideale paradigma. E allora ci sembrerà abbastanza curioso lТatнteggiamento di quellТeditore del Firenzuola novelliere che è andato a cercare la villa di Pozzolatico in cui si sarebbero svolti i Ragionamenti ed è rimasto piuttosto contrariato a non trovarla (ma non ha cessato di sostenere lТesistenza di realistiche e anzi domestiche лlinfe personalissime, intime╗ nellТopera del Firenzuola).[7]

ааааааааа Si potrebbe obbiettare che al tempo del Firenzuola vige il principio letterario delнlТiнmitazione. Non in senso aristotelico (come avverrà qualche decennio più tardi), ma in senso ancora umanistico. E dunque una letteratura che si nutre di letteratura non avrebbe nulla di singolare né di nuovo. Ma il Firenzuola proprio nei Ragionamenti esalta Ц contro la bembesca imitazione Ц i diritti dellТлinnovazione╗ e cioè del mutamento. Certo, anche il Firenzuola imita, anzi addirittura riscrive, e senza nessun ritegno. Ma la sua è una imiнtazione trasgressiva, soggetta a caratteristici processi deformanti: anzitutto lТesaspeнraнzioнne dellТornato: quel gratuito, estenuante impreziosimento che culmina nella parola come massa fonica, come ritmo puro e astratto. E alla scelta privilegiata del significante si deve connettere lТusuale atteggiamento amplificatorio, la forzatura dei moduli, lТesaltazione delle componenti squisite, patetiche, spettacolari. Si aggiunga il gusto della giustapнpoнsiнzione e della contaminazione di codici diversi, che testimonia lТincrinatura del principio razionalistico della convenientia, cardine della retorica classica, e si pone sulla linea delнlТaperta mescidazione che connoterà la УmanieraФ della maturità. E non manca lТepisodio bizzarro, lТinvenzione grottesca, il capriccio, il concettismo: sintomi formali della nevrosi manierista, ormai prossimi a sbocciare nel loro pieno fulgore.

ааааааааа La riscrittura estrosa del Firenzuola è simile alla УriscritturaФ deformante dei maнnieнristi della prima generazione: la loro cerebralità capziosa, squisita, stranita è anche la sua. E qui torna bene la scelta anticlassica di Apuleio (della sua grammatica bizzarra e straнvaнgante), tema esemplare di alcuni cicli grandiosi della prima pittura manierista, dalle logge della Farnesina ai saloni del Palazzo Te. Torna anche il formalismo esasperato che conнnota la struttura dei Ragionamenti e la sua intima crisi di autonegazione.

ааааааааа Si è parlato del Firenzuola come di un лalessandrino╗, come di un лdecadente╗.[8] Le definizioni non sono senza suggestione, ma risultano pur sempre allusive e dunque apнprossimative. Ciò che Toffanin e Seroni leggevano a livello formale e interpretavano a liнvello psicologico (al livello di una psicologia strettamente privata) può trovare una defiнnizione specifica e calzante, una spiegazione che coinvolge un sistema letterario.

ааааааааа Resta il senso di unТesperienza personale che Ц proprio per il suo modo di tradursi in letteratura Ц in gran parte ci sfugge. Ma a noi non compete evocare i morti. È già molнto se ci approssimiamo a leggere senza troppi equivoci la loro viva scrittura.

 



* È il testo riveduto, ampliato, annotato del mio intervento alle celebrazioni per il cinquecenнteнnaнrio della nascita di Agnolo Firenzuola, che si sono tenute nel teatro del Convitto Cicognini a Prato il 25 settembre 1993.

[1]ааа Per tutti i dati che qui non sono confortati da pezze d'appoggio rimando a Danilo Romei, Laаааааааааааааааааааааааааааааааааааа УmanieraФ romana di Agnolo Firenzuola (dicembre 1524 - maggio 1525), Firenze, Edizioni Centro 2 P, 1983.

[2]ааа Luigi Settembrini, Lezioni di letteratura italiana, Napoli, Morano, 18702, vol. ii, p. 133; Antonio Baldini, Agnolo Firenzuola, in Le più belle pagine di A. F. scelte da A. B., Milano, Treves (лLe più belle pagine degli scrittori italiani scelte da scrittori viventi╗, 25), s.d., pp. i-xii (pass.); Gabriele D'Annunzio, Laudi, ii, Elettra, Le città del silenzio, Prato, x, in Versi d'amore e di gloria, vol. ii, Milano, Mondadori (лI classici contemporanei italiani╗), 19649, p. 512.

[3]ааа Le citazioni sono tratte da Opere di A. F., a c. di Delmo Maestri, Torino, U.T.E.T. (лClasнsici italiani╗), 1977. D'ora in poi mi limiterò a riportare la pagina nel testo. Devo onestamente avнvertire che la pessima opinione che espressi tempo fa su questa edizione non è affatto cambiata.

[4]ааа Francesco Petrarca, Triumphus Mortis, i 133-134, in Triumphi, a c. di Marco Ariani, Milano, Mursia (лG.U.M.╗, n.s., 95), 1988, p. 246.

[5]ааа Testi umanistici sull'ermetismo, a c. di Eugenio Garin, Mirella Brini, Cesare Vasoli, Paola Zambelli, Roma, Bocca, 1955, p. 85.

[6]ааа André Chastel, Il sacco di Roma 1527, Torino, Einaudi (лSaggi╗, 659), 1983, in part. il cap. v, Lo stile clementino, pp. 136-167. Il volume, tuttavia, è nel complesso detestabile.

[7]ааа Eugenio Ragni, Introduzione ad A. F., Le novelle, Milano, Giovanni Salerno Editore (лI noнvellieri italiani╗), 1971, p. xiii.

[8]ааа Cfr. Giuseppe Toffanin, Il Cinquecento, Milano, Vallardi (лStoria letteraria dТItalia╗), 19353, pp. 225-233; Adriano Seroni, Introduzione ad A. F., Opere, Firenze, Sansoni (лI clasнsici italiani╗), 1958, pp. xi-xlvii (poi, con il titolo Il Firenzuola, in AA.VV., Studi fiorentini, Fiнrenze, Sansoni, 1963, pp. 211-233).



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