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Natalino Sapegno
Il Trecento

LA POESIA REALISTICA DEL DUE E TRECENTO

Le rime dell'Angiolieri e di Folgore e di quegli altri che ora ci accadrà di nominare non soltanto rimangono estranee all'atmosfera del dolce stile, ma non di rado anche ad esso si contrappongono direttamente nello spirito e nelle forme. È un'opposizione in parte inconsapevole, dovuta alla diversa educazione, al minor grado di cultura, all'origine talora popolana o borghese, ovvero alla condizione di vita dissipata o giullaresca di quei rimatori, i quali continuano, in un ambiente nuovo e con forme in parte rinnovate, i modi della poesia popolare e popolareggiante del medioevo. Ma è pure per un altro verso opposizione voluta e conscia del proprio carattere, pronta ad atteggiarsi, se occorre, in veste di polemica, di satira o di parodia. Accade talora che qualcuno di questi poeti s'accosti dapprima allo «stil novo», o a tutta la vecchia tradizione dell'amor cortese, con propositi d'imitazione: se non che riesce soltanto a deformarne grossolanamente o comicamente i concetti e lo stile. Così Cecco Angiolieri, in due sonetti, esalta la forza purificatrice d'amore, il quale

 

è si nobile cosa,
che selli entrasse 'n colui de lo inferno,
che non ebb'anch'e non de' aver posa,
pena non sentirebbe'n sempiterno:
la vita sua sarìa più gioiosa,
che non rubaldo a l'uscita del verno.


Male idee guinicelliane, nel senese si spogliano della lor veste rarefatta e lieve, per assumere una forma greve e corporea. Se, per gli stilnovisti, chi non prova amore non ha cuor gentile, per Cecco senz'altro « chi non ama sia morto e distrutto », e come l'usuraio, non sia sepolto in luogo consacrato. Secondo quelli, l'amore eleva l'animo dell'uomo; secondo l'Angiolieri, ne modifica pur l'aspetto fisico:

 

ch'e' nol trova si brutto
che per lui non si adorni a mantinente,
e non par esso poi, sì 'l muta tutto...


Anche se prendiamo ad osservare le loro rime politiche, il contrasto fra questo gruppo di rimatori e gli stilnovisti non ci appare meno forte e reciso. Non già che essi non prendan parte talora con vivace interesse alle lotte politiche, e anzi l'accento civile e partigiano è, nelle loro rime, più frequente che non nei canzonieri del dolce stile; se non che la visione di siffatti contrasti, com'è naturale in persone di minor coltura e di più limitata esperienza, si fa in essi meno ampia e vigorosa, se pur chiassosa e violenta, chiusa ne' confini d'una città, conforme alle opinioni, ai gusti e alle antipatie d'un piccolo ambiente borghese. Il che non vuol dire che non possa apparire, in certi casi almeno, meno utopistica e più concreta...

Infine all'atmosfera stilistica rarefatta e preziosa, agli aerei disegni dei poeti d'Amore, si contrappone una maniera robusta plastica e colorita: ai delicati colloqui con le donne gentili e le forosette, i vivaci e rapidi dialoghi a botta e risposta; alle tenui figurazioni d'un mondo irreale, le scene immediatamente ritratte della vita popolana e dialettale ovvero della ricca vita borghese. Sarebbe errato per altro intendere cotesta opposizione fra «stil novo» e letteratura realistica, secondo lo schema consueto della distinzione fra poesia popolare e poesia d'arte. Se al concetto di poesia popolare » s'attribuisce, secondo una recente definizione del Croce, il significato di poesia cresciuta in un orizzonte angusto, chiuso in una cerchia di sentimenti poveri elementari e superficiali: allora quell'etichetta potrà esser sì attribuita con qualche giustizia anche a' nostri realisti, come appare anche dalla descrizione or ora tentata della loro misera e gretta o comunque semplice materia sentimentale. Ché se invece si pensa ad una sorta d'espressione immediata e schietta, rozza ed incolta, occorre reagire contro cotesta ingenua fede. Anche la poesia realistica è letteratura, con i suoi mezzi retorici e i suoi artifici (sebbene di solito assai più grossolani che non fossero quelli degli stilnovisti), con i suoi schemi, con la sua materia su per giù fissa e obbligata; con proposito infine, non già di confessione e di sfogo, bensì di raggiunger determinati effetti d'eloquenza, d'arguzia o di parodia. Chi vi cerca la rappresentazione umanamente sincera d'un intimo dramma (e sia pure di crapula e di abiette passioni), s'illude. Ché se talora, sebbene di rado, un fiore di poesia sorge fra tanta letteratura, non vuol esser cercato in quella direzione. Lasciando dunque il binomio poesia popolare - poesia d'arte, per i fraintendimenti a cui potrebbe condurre, stabiliremo più chiaramente l'elemento distintivo fra lo « stil novo » e la letteratura realistica nella differenza fra una poesia d'arte più complessa e una meno complessa, una letteratura sorretta da un fondamento di vasta e profonda cultura e pronta a perseguire alte e ideali concezioni, e una letteratura con poveri e frammentari sostegni culturali e perciò condannata a' voli bassi e brevi. Né d'altronde coloro che perseguono cotesto ideale d'arte minore posson dirsi popolani per il ceto sociale cui appartengono: notai, giudici, giuristi, chiamati ad occupare cariche pubbliche nelle loro città, talora discendenti, sia pure degenerati, di nobili famiglie. Ché se nell'uso della lingua e nei loro concetti poetici non di rado s'accostano alla rozzezza plebea; e riprendono vivacemente i modi e le frasi dialettali : a bene osservare per altro, si vedrà ch'essi accettano quel linguaggio e quello stile con un senso, se non d'ironia superiore, almeno di compiacente esagerazione, di faceta parodia, di virtuosismo verbale, e insomma non senza distacco. Certo al popolo li conduce, assai più che non l'origine umile o la scarsa educazione, una sorta di simpatia artistica. Cosicché, al tempo stesso che riaffermiamo la loro netta e spesso consapevole contrapposizione allo spirito raffinato ed estetizzante degli stilnovisti; non dobbiamo tuttavia dimenticare che, accanto all'artificio letterario, al dilettantismo dello scrittore dotto e delicato, esistono attitudini analoghe, in un più basso piano, proprie dell'artista borghese e di mediocre cultura: e di quest'ultimo appunto sono il compiacersi dell'esagerazione verbale de' propri sentimenti, l'esprimere in parole grosse e calde affetti tenui e moti d'animo poco profondi, la ricerca di un forte e un po' caricato colorito plebeo.
 

 

© Belpaese2000С.В.Логиш 09.10.2005

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