ÿþ<!DOCTYPE HTML PUBLIC "-//W3C//DTD W3 HTML//EN"> <HTML> <HEAD> <META content="text/html; charset=unicode" http-equiv=Content-Type><TITLE>Grazia Deledda - Novelle - La regina delle tenebre</TITLE> <META content="Adobe PageMill 2.0 Mac" name=GENERATOR> </HEAD> <BODY background=../../sfoncart.gif bgColor=#ffffff link=#000000 vLink=#4c4c4c> <BLOCKQUOTE> <BLOCKQUOTE> <BLOCKQUOTE> <P align=center>&nbsp;</P></BLOCKQUOTE></BLOCKQUOTE></BLOCKQUOTE> <P align=center>&nbsp;<FONT color=#740005 size=+1>Grazia Deledda - Novelle</FONT></P> <P align=center><FONT color=#740005 size=+2>LA REGINA DELLE TENEBRE</FONT></P> <P align=center><A href="../indice.htm">indice</A> | <A href="2_002.htm">successiva</A></P> <BLOCKQUOTE> <P align=center><FONT color=#740005> <HR width=50%> </FONT> <P></P></BLOCKQUOTE> <P>&nbsp;</P> <BLOCKQUOTE> <BLOCKQUOTE> <P><FONT color=#000000>A venticinque anni, bella, ricca, fidanzata, senza aver mai provato un dolore veramente grande, un giorno Maria Magda si sent&igrave; improvvisamente il cuore nero e vuoto. <BR>Fu come il principio d'un malore fisico, che and&ograve; di giorno in giorno aumentando, allargandosi, spandendosi. <BR>Ella era felice in casa sua, e un'altra felicit&agrave; l'aspettava. Ma per raggiungere la nuova felicit&agrave;, doveva abbandonare l'antica, e le sembrava che <I>allora</I> il rimpianto della famiglia lontana, della dolce casa paterna, della libert&agrave; perduta, della patria abbandonata, le avrebbero dato una indicibile nostalgia, avvelenandole la nuova felicit&agrave;. C'erano ore nelle quali, specialmente di notte, al buio, ella provava una profonda angoscia, vivendo nel futuro. Allora riapriva gli occhi, guardava intorno la camera soffusa di dense penombre, e pensava: <BR>- No, non lascier&ograve; nulla, non abbandoner&ograve; nulla, mai, mai! <BR>E allora? E il sogno d'amore da lunghi anni accarezzato? Ah, la felicit&agrave; presente era incompleta, non era neppure felicit&agrave; al paragone dell'<I>altra</I>. E in certe ore, specialmente nei teneri vespri di viola, ella si struggeva, come mai, nel desiderio del caro lontano. <BR>Talvolta pensava che la vera felicit&agrave; poteva essere nel fondersi assieme del presente e del futuro, nel viver assieme allo sposo nella casa paterna. <BR>Ma era un lampo di luce, al quale seguiva una tenebra fitta e paurosa. S&igrave;, ebbene, e poi? E poi, ella sentiva che, dopo, due, tre, dieci mesi, l'amore morrebbe (forse era gi&agrave; agonizzante, se ella, non ancora sposa, ne prevedeva nitidamente la fine), e da quel gran sogno ne uscirebbero un uomo e una donna legati dalla legge degli uomini, non pi&ugrave; da quella del cuore. Ma anche ci&ograve; poteva non accadere: s&igrave;, si sarebbero amati sempre, come nei romanzi, sarebbero stati sempre felici, s&igrave;, ebbene, e poi? E poi tutto doveva cadere, il tempo passava, la morte veniva. Ah, era questo il male di Magda, o almeno, in certe ore d'analisi, a lei pareva fosse questo il suo male. <BR>Ella <I>sentiva</I> il tempo passare, sentiva la vanit&agrave; d'ogni cosa, e in fondo aveva una terribile paura della morte. Questa paura le avvelenava la vita, la vita alla quale, ella, che pur credeva di dominar gli eventi con lo scrutare il passare inesorabile del tempo, era cos&igrave; tenacemente attaccata. L'idea della <I>fine</I> le gelava in cuore ogni slancio, ogni gioia, le essiccava ogni idea di piacere. Cos&igrave; ella almeno credeva. <BR>Cominci&ograve; a diventar cupa, raccolta. Se andava in societ&agrave;, se nei divertimenti si stordiva, al ritorno provava un cupo disgusto di se stessa. Ebbene, ecco che il divertimento era passato: perch&eacute; ella s'era stordita cos&igrave; scioccamente, dimenticando che il tempo passava? <BR>E se poi l'istinto la trascinava a ricordare, e ricordando a sentir ancora la soddisfazione dei suoi trionfi, della sua eleganza, del suo lusso, un demone le ghignava dentro, sbeffeggiandola. Allora ella si ritraeva disgustata, meravigliata del come s'abbandonava ai piccoli pensieri della vanit&agrave; femminile. <BR>Cominci&ograve; a non uscir pi&ugrave; neppure a passeggio: solo andava in campagna, tuffandosi come in fragrante lavacro nella visione della sacra natura, ch'ella intuiva e capiva potentemente; ma neanche allora si sentiva serena; anche l&agrave; la perseguitava l'idea del tempo fuggente, della vanit&agrave; delle cose. <BR>Chi maggiormente risentivasi della malattia morale di Magda era il fidanzato lontano. Ella non gli scriveva pi&ugrave;, o gli scriveva lettere aspre, rinfacciandogli strane cose. Lo trovava volgare, e spesso, irritata contro le miserie del mondo e le perfidie della societ&agrave;, riversava sopra di lui tutta la sua amarezza. Poi se ne pentiva, ma era un pentimento debole e fugace. Un giorno, finalmente, esaminandosi bene, cred&eacute; trovar la causa del vuoto tenebroso che la circondava. Le parve di non amar pi&ugrave; il fidanzato, e alla vigilia delle nozze ruppe il lungo sogno da lunghi anni accarezzato. La chiamarono pazza, e infatti, sotto gli archi congiunti delle sue sopracciglia nere aggrottate, gli occhi nerissimi avevano un pauroso fulgore di follia. <BR>Anch'essa credeva di esser pazza, talvolta, e disperava di tutto. Fu in quel tempo che la sua esistenza si fece del tutto strana. Ella non usc&igrave; pi&ugrave; di giorno dalle sue stanze: usciva di notte, vagando in carrozza per le campagne dormienti. Vestiva di nero, e sui capelli scuri aveva un cerchietto d'acciaio con cinque diamanti che brillavano pi&ugrave; che stelle. <BR>La chiamarono allora la regina delle tenebre: i contadini che vegliavano dall'alto dei vigneti, qualche pastore che andava assonnato dietro greggie pascolanti nella notte, qualche cacciatore notturno steso sull'erba fredda dei ciglioni, la videro pi&ugrave; d'una volta scendere di carrozza, con quelle sue cinque stelle in fronte, e appoggiarsi al paracarri, sull'orlo della valle fragrante, o sopra il ponte, come intenta ai fuochi lontani della montagna, o alla voce queta dall'acqua corrente. Una volta, in una riunione di gente elegante e incosciente, un gruppo di giovanotti sciocchi presero a discutere intorno all'evidente pazzia della regina delle tenebre. E uno sostenne, e convinse gli amici, che Magda voleva imitare Marina di <I>Malombra</I> e che, come questa, avrebbe finito col commetter delitti. Non si parl&ograve; d'altro. Anche Magda, spesso, tornava nella truce idea di credersi pazza; o per lo meno sentiva che tutta l'anima sua era malata. Qualche volta provava il bisogno di ripigliare la vita antica, di tornare nella societ&agrave;; ma oltre il resto, la ratteneva il timore delle chiacchiere della folla, della curiosit&agrave; sciocca con cui il suo ritorno verrebbe accolto. <BR>E si sentiva triste, triste fino alla morte; e cercava riposo nel pensiero della morte; ma quando s'immaginava intensamente la fine della sua vita, la cessazione completa dei suoi pensieri, delle sue sensazioni, l'immobilit&agrave; del suo corpo, la distruzione di tutto il suo <I>io</I> superbo, provava un terrore indicibile. <BR>Una notte, finalmente, ella usc&igrave;, al solito, e si ferm&ograve; davanti al parapetto che guardava la valle. Si sentiva pi&ugrave; che mai triste, ma qualche cosa d'insolito, un velo tenue di tenerezza, una vaga nostalgia di ricordi lontani, tremava sulla sua tristezza. <BR>Era sul finire dell'estate; una notte interlunare, brillantata di stelle purissime. Nell'aria errava una lievissima freschezza insolita, e le selvatiche fragranze della valle salivano soffuse di quella freschezza appena sensibile. Nelle montagne lontane, che chiudevano lo sfondo della vastissima vallata, i fuochi dei dissodatori che incendiavano le macchie, ardevano cos&igrave; grandi, cos&igrave; sanguinanti che la luce arrivava fino a Magda come luce di luna. Ella rimase lunga ora cos&igrave;, protesa sul parapetto del ponte: al riflesso dei fuochi lontani, i cinque diamanti brillavano come goccie di rugiada. L'acqua passava scarsa sotto il ponte, con un susurro tenue, continuo, sottile, melanconico. Anche la voce dell'acqua, quella notte, aveva una vibrazione insolita, tenera, come di voce stanca, come di voce che parlasse in sogno. E le montagne lontane ardevano, illuminando la pura notte stellata. Lo spettacolo era sublime, e nella contemplazione intensa di quella notte arcana, Magda si obli&ograve;, sent&igrave; cadere la sua tristezza. <BR>I fuochi di quei poveri lavoratori lontani parvero illuminare anche le tenebre che stringevano la superba fronte gemmata. Un pensiero occulto, forse prima d'allora nato nelle profondit&agrave; misteriose della psiche, brill&ograve; e rivelossi improvvisamente nella mente tenebrosa. <BR>La regina delle tenebre si sent&igrave; artista, sent&igrave; che racchiudeva nell'anima irrequieta una potenza formidabile; il nitido riflesso della natura e delle cose. E pens&ograve;: <BR>- Domani comincier&ograve; a lavorare, e il mio lavoro sar&agrave; come l'opera di quei lavoratori che incendiano la montagna, illuminando la notte e fecondando la terra. Descriver&ograve; questa notte, poi scriver&ograve; la storia della mia anima, torner&ograve; al mondo, alla vita, all'amore; e il mondo, la vita, l'amore, ed il mio <I>io</I>, vivranno nell'opera mia. E nulla pi&ugrave; <I>ci distrugger&agrave;</I>.</FONT></P> <P>&nbsp;</P></BLOCKQUOTE> <P align=center><FONT color=#740005> <HR width=50%> <BR></FONT> <P></P> <P align=center><A href="../indice.htm">indice</A> | <A href="2_002.htm">successiva</A></P></BLOCKQUOTE></BODY></HTML>
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