NUOVA CRONICA

Giovanni Villani

 

tomo primo

 

 

LIBRO QUARTO

 

I

 

 

Qui comincia iquarto libro: come la città di Firenze fu redificata colla potenzia di Carlo Magno e de' Romani tornando alquanto adietro.

 

Avenne, come piacque adDio, che al tempo del buono Carlo Magno imperadore di Roma e re di Francia, di cui adietro avemo fatta lunga memoria, dapoi ch'ebbe abbattuta la tirannica superbia de' Longobardi, e de' Saracini, e degl'infedeli di santa Chiesa, e messa Roma e lo 'mperio in buono stato e in sua libertà, siccome adietro è fatta menzione, certi gentili e nobili del contado di Firenze, che si diceano che caporali furono i filii Giovanni, e' filii Guineldi, e' filii Ridolfi, stratti degli antichi nobili cittadini della prima Firenze, si congregarono insieme con quegli cotanti abitanti del luogo ove fu Firenze, ed altri loro seguaci abitanti nel contado di Firenze, e ordinaro di mandare a Roma ambasciadori de' migliori di loro a Carlo imperadore, e a papa Leone, e a' Romani, e così fu fatto; pregandogli che si dovessono ricordare della loro figliuola la città di Firenze, la quale fu guasta e distrutta da' Gotti e Vandali in dispetto de' Romani, a ciò ch'ella si rifacesse, e che alloro piacesse di dare forza di gente d'arme a riparare i Fiesolani e loro seguaci nemici de' Romani, chella città di Firenze non lasciavano redificare. I quali ambasciadori da Carlo imperadore, e dal papa, e da' Romani onorevolemente furono ricevuti, e la loro petizione accettata benignamente e volentieri; e incontanente lo 'mperadore Carlo Magno vi mandòe le sue forze di gente d'arme a cavallo e a piede in grande quantità; e' Romani feciono dicreto e ordine che come i loro anticessori aveano fatta e popolata prima la città di Firenze, così v'andassero a redificare e abitare delle migliori schiatte di Roma, e di nobili e di popolo, e così fue fatto. Con quell'oste dello 'mperadore Carlo Magno e de' Romani vi vennono quanti maestri avea in Roma, per più tosto murarla e afforzarla; e dietro alloro gli seguì molta gente; e tutti i contadini di Firenze, e de' fuggiti cittadini di quella d'ogni parte, sentendo la novella, si raunaro coll'oste de' Romani e dello imperadore per redificare la città; e giunti ov'è oggi la nostra città, in su l'anticaglia e calcinacci disfatti s'acamparono con trabacche e padiglioni. I Fiesolani e' loro seguaci veggendo l'oste dello 'mperadore e de' Romani sì grande e possente, non s'ardiro a combattere colloro, ma tegnendosi a la fortezza della loro città di Fiesole e alloro castella d'intorno, davano quanto sturbo poteano alla detta redificazione. Ma il loro podere fu niente apo la forza de' Romani, e dell'oste dello imperadore, e de' raunati discendenti de' Fiorentini; e così cominciaro a rifare la città di Firenze, non però della grandezza ch'era stata in prima, ma di minore sito, come apresso farà menzione, acciò che più tosto fosse murata e afforzata, e fosse riparo come battifolle della città di Fiesole; e ciò fu negli anni di Cristo VIIIcI a l'entrata del mese d'aprile. E dicesi che gli antichi aveano oppinione che di rifarla non s'ebbe podere, se prima non fu ritrovata e tratta d'Arno la imagine di marmo consecrata per gli primi edificatori pagani per nigromanzia a Marte, la quale era stata nel fiume d'Arno dalla distruzione di Firenze enfino a quello tempo; e ritrovata, la puosero in su uno piliere in su la riva del detto fiume, ov'è oggi il capo del ponte Vecchio. Questo nonn-affermiamo, né crediamo, però checci pare oppinione di pagani e d'aguri, e non di ragione, ma grande simplicità, ch'una sì fatta pietra potesse ciò adoperare; ma volgarmente si dicea per gli antichi che mutandola convenia chella città avesse grande mutazione. E dissesi ancora per gli antichi che' Romani per consiglio de' savi astrolagi, al cominciamento che rifondaron Firenze, presono l'ascendente di tre gradi del segno dell'Ariete, termine di Giovi e faccia di [...], essendo il sole nel grado della sua esaltazione, e la pianeta di Mercurio congiunta a grado col sole, e la pianeta di Marti in buono aspetto dell'ascendente, acciò chella città multiplicasse per potenzia d'arme, e di cavalleria, e di popolo sollecito e procaccianti in arti, e in mercatantie e in ricchezze, e germinasse d'assai figliuoli e grande popolo. E in quegli tempi, secondo chessi dice, gli antichi Romani, e tutti i Toscani, e gl'Italici, tutto fossero Cristiani battezzati, ancora teneano certe orlique a costume di pagani, e seguieno i loro cominciamenti secondo la costellazione; con tutto che questo non s'afermi per noi, però che costellazione nonn-è di nicessità, né può costrignere il libero albitrio degli uomini né 'l giudicio d'Iddio, ma secondo i meriti e peccati de' popoli. In alcuna operazione pare chessi dimostra la 'nfruenza della costellazione detta, chella città di Firenze è sempre in grandi mutazioni e dissimulazioni e in guerra, e talora in vittoria, e talora il contrario, e sono i cittadini di quella frequentati in mercatantie e in arti. Ma la nostra oppinione è chelle discordie e mutazioni de' Fiorentini sieno come dicemmo al cominciamento di questo trattato: la nostra città fue popolata da due diversi popoli in ogni costume, siccome furono i nobili, e crudi, e aspri Romani e Fiesolani; per la qual cosa nonn-è maraviglia se la nostra città è sempre in guerra, e mutazioni, e disensioni, e disimulazioni.

 

II

 

 

Della forma e grandezza che fu redificata la città di Firenze.

 

La città nuova di Firenze si cominciò a deficare per gli Romani, come detto è di sopra, di piccolo sito e giro, figurandola al modo di Roma, secondo la picciola impresa; e cominciossi dalla parte di levante a la porta di San Piero, la quale fu ove furono le case di messere Bellincione Berti di Ravignani, nobile e possente cittadino, tutto ch'oggi sieno venuti meno, onde per retaggio della contessa Gualdrada sua figliuola, e moglie del primo conte Guido, rimasono a conti Guidi suoi discendenti, quando si feciono cittadini di Firenze, e poi le venderono a' Cerchi neri, uno casato di Firenze; e da la detta porta fu uno borgo infino a San Piero Maggiore, al modo di Roma, e da quella porta seguirono le mura in verso il Duomo, come tiene oggi la grande ruga che va a San Giovanni infino al vescovado; e ivi avea un'altra porta chessi chiamava porta del Duomo, e chilla chiamò porta del vescovo; e di fuori di quella porta fue edificata la chiesa di Santo Lorenzo, al modo ch'è in Roma San Lorenzo fuor le mura; e dentro a quella porta è San Giovanni, siccome in Roma San Giovanni Laterano. E poi conseguendo come a Roma, da quella parte [fecero] Santa Maria Maggiore; e poi da SaMichele Berteldi infino alla terza porta di San Brancazio, ove sono oggi le case de' Tornaquinci; e Santo Brancazio era fuori della città, e apresso San Paolo, a modo di Roma, da l'altro lato della città incontro a San Piero, come in Roma. E poi dalla detta porta di San Brancazio conseguendo ov'è oggi la chiesa di Santa Trinita ch'era fuori delle mura, e ivi presso ebbe una postierla chiamata Porta Rossa, che ancora a' nostri tempi la ruga ha ritenuto il nome. E poi si volgieno le mura ove sono oggi le case degli Scali per la via di Terma infino in porte Sante Marie, passato alquanto Mercato Nuovo, e quella era la quarta mastra porta, la quale era allo incontro delle case che sono oggi degl'Infangati dall'una parte, e di sopra alla detta porta era la chiesa di Santa Maria chiamata Sopra porta, che poi quando si disfece la detta porta, cresciuta la città, si trasmutò la detta chiesa dov'è oggi. E 'l borgo di Santo Apostolo era di fuori della città, e così Santo Stefano, al modo di Roma; e di là da Santo Stefano, in sulla fine della ruga mastra di porta Santa Maria, fecero e edeficarono uno ponte con pile di macigni fondato in Arno, che poi fu chiamato il ponte Vecchio, e è ancora; e fu assai più stretto che nonn-è ora, e fu il primo ponte che si facesse in Firenze. E dalla porta di Santa Maria seguieno le mura infino al castello Altrafonte, ch'era in sul corno della città sopra il fiume d'Arno, seguendo poi dietro a la chiesa di San Piero Scheraggio, che così si chiamava per uno fossato, overo fogna, che ricoglieva quasi tutta l'acqua piovana della città ch'andava in Arno, chessi chiamava lo Scheraggio.

 

E dietro alla chiesa di San Piero Scheraggio avea una postierla chessi chiamava porta Peruzza, e di là seguivano le mura per la grande ruga infino alla via del Garbo, e ivi avea un'altra postierla; e poi dietro alla Badia di Firenze ritornavano le mura a la porta San Piero. E di così piccolo sito si rifece la nuova Firenze con buone mura e spesse torri, con quattro porte mastre; ciò sono dette porta San Piero, porta del Duomo, porta San Brancazio, e porta Santa Maria, le quali erano quasi inn-una croce; e in mezzo della città era Santo Andrea, al modo com'è in Roma, e Santa Maria in Campidoglio; e quello ch'è oggi Mercato Vecchio era il mercato di Campidoglio, al modo di Roma. E la città era partita in quartieri, ciò sono le dette quattro porte; ma poi quando si crebbe la città, si recòe a sei sesti, siccome numero perfetto, che s'agiunse il sesto d'Oltrarno dapoi che s'abitò; e disfatta la porta di Santa Maria, si levò il nome, e si divise come vae la mastra strada; e dall'una parte si fece il sesto di San Piero Scheraggio, e dall'altra parte quello di Borgo; ed alle tre prime parti rimase il nome di sesti, siccome hanno infino a' nostri tempi. E feciono capo il sesto d'Oltrarno, acciò che andasse in oste colla 'nsegna del ponte, e poi San Piero Scheraggio colla 'nsegna del carroccio, il quale carroccio di marmi fu recato da Fiesole, ed è nella fronte della detta chiesa di San Piero; e poi Borgo colla insegna del becco, imperciò che in quello sesto stavano tutti i beccari e di loro mestiere, e erano a que' tempi molto innanzi nella città; San Brancazio appresso colla insegna della branca di leone, per lo nome; e porta del Duomo apresso colla insegna del Duomo; e porta San Piero da sezzo colla insegna delle chiavi. E dove fu de' primi sesti abitati in Firenze, fu messo a l'andare dell'oste a la dietroguardia imperciò che in quello sesto sempre aveva la migliore cavalleria e gente d'arme della città anticamente.

 

III

 

 

Come Carlo Magno venne in Firenze e brivileggiolla, e fece fare Santo Appostolo.

 

Rifatta la nuova città di Firenze nel piccolo spazio e forma, e nel tempo che detto è adietro, i capitani che v'erano per lo 'mperadore e per lo Comune di Roma l'ordinaro di popolare di gente, e come anticamente alla prima edificazione di Firenze, l'ordine fu fatto a Roma, che delle migliori schiatte de' Romani nobili e popolari vi dovessero rimanere per cittadini in Firenze, così fu fatto alla seconda reparazione, e fu dato a ciascuno ricca posessione. E troviamo per le croniche di Francia che poi chella città di Firenze fu rifatta per lo modo che detto è, Carlo Magno imperadore e re di Francia, partitosi di Roma e tornandosi oltramonti, soggiornò in Firenze, e fece e tenne gran festa e solennità il dì della Pasqua della Resurressione, gli anni di Cristo VIIIcV, e fece in Firenze assai cavalieri, e fece fondare la chiesa di Santo Appostolo in Borgo, e quella dotò riccamente a onore di Dio e di santi appostoli; e alla sua partita di Firenze brivileggiò la città, e fece franco e libero il Comune e' cittadini di Firenze, e tre miglia d'intorno, sanza pagare niuna taglia o spesa, salvo danari XXVI per focolare ciascuno anno. E per simile modo fece franchi tutti i cittadini d'intorno che dentro volessero tornare ad abitare, e' forestieri; per la qual cosa molti vi tornaro ad abitare; e in piccolo tempo per lo buono sito e agiato luogo, per lo fiume, e per lo piano, la detta piccola Firenze fu bene popolata e forte di mura e di fossi pieni d'acqua. E ordinaro chella detta città si reggesse e governasse al modo di Roma, cioè per due consoli e per lo consiglio di cento sanatori; e così si resse gran tempo, come apresso farà menzione. Bene ebbono lungo tempo i detti cittadini di Firenze molto affanno e guerra, sì per gli Fiesolani, ch'erano loro così di presso nemici, e sempre s'adastiavano, e erano in continua guerra insieme, e apresso per la venuta che' Saracini feciono in Italia al tempo degl'imperadori franceschi, come adietro è fatta menzione, che molto aflissono il paese, e poi per le diverse mutazioni ch'ebbe Roma e tutta Italia, sì per le discordie de' papi, e sì degl'imperadori italiani, i quali furono in continua guerra colla Chiesa. Per la qual cosa il nome della città di Firenze e la sua forza stette per ispazio di CC anni sanza potersi dilatare o crescere, stando ne' suoi piccoli termini. Ma con tutta la guerra e fatica, sempre multiplicava in popolo e in forza, e poco curavano la guerra de' Fiesolani, od altra aversitade di Toscana; che con tutto chella sua forza e signoria si stendesse poco di fuori della città, però che 'l contado era tutto incastellato e occupato da nobili e possenti che non obbedieno la città, e tali erano colla città di Fiesole, pure la città dentro era unita de' cittadini, e era forte di sito e di mura e di fossi pieni d'acqua, e dentro a la detta piccola città ebbe in poco tempo appresso più di CL torri di cittadini, d'altezza di CXX braccia l'una, sanza quelle della città; e per l'altezza delle molte torri ch'erano allora in Firenze si dice ch'ella si mostrava da lungi e di fuori la più bella e rigogliosa città del suo piccolo sito che si trovasse; e in questo spazio di tempo fu molto bene abitata, e piena di palagi e di casamenti e grande popolo, secondo il tempo d'allora. Lasceremo ora alquanto de' fatti di Firenze, e brievemente racconteremo gl'imperadori italiani che regnarono in que' tempi, apresso la vacazione de' Franceschi, checc'è di nicessità, imperciò che per la loro signoria molte mutazioni ebbe in Italia, tornando poi a nostra materia.

 

IV

 

 

Come e perché lo 'mperio di Roma tornò agl'Italiani.

 

Come noi avemo detto dinanzi, lo 'mperio di Roma durò alla signoria de' Franceschi intorno di C anni, nel quale tempo ebbe VII imperadori franceschi da Carlo Magno infino ad Arnolfo, che fu la fine de' Franceschi; e per cagione delle loro discordie venne meno la loro potenzia, e di Francia e d'Alamagna, com'è fatta menzione. E perché non poteano aiutare la Chiesa e' Romani dalle ingiurie e forze de' possenti Lombardi, sì ordinaro per dicreto chella degnità dello 'mperio non fosse più de' Franceschi, ma tornasse agl'Italiani. E 'l primo imperadore italiano fu Luigi figliuolo del re di Puglia, nato per madre della figliuola di Luigi secondo imperadore che fu de' Romani e re di Francia, onde adietro è fatta menzione. Questi fu coronato negli anni di Cristo VIIIIcI, e regnò VI anni. Questo Luis ebbe battaglie con Berlinghieri che signoreggiava allora in Italia, e cacciollo di signoria; ma poi il detto Luis fu preso a Verona e fue accecato, e 'l detto Berlinghieri fu rimesso in signoria, e fatto imperadore in Italia, e regnò IIII anni, e molte battaglie ebbe co' Romani, e fu prode in arme. E al suo tempo fu il primo re de' Romani in Alamagna, apresso la signoria de' Franceschi, ch'ebbe nome Currado di Sasogna, sicché l'uno regnava in Italia, e l'altro in Alamagna. E in questo tempo i Saracini passaro in Italia, e guastaron Puglia e Calavra, e sparsonsi guastando per molte parti d'Italia infino a Roma; ma ivi da' Romani furono contastati e sconfitti, e tornarsi in Puglia. Dopo il detto Currado regnò in Alamagna Arrigo suo figliuolo duca di Sassogna, il quale fu padre del primo Otto, il primo imperadore d'Alamagna che signoreggiasse in Italia, e fosse per lo papa consagrato, siccome innanzi farà menzione. Dopo il primo Berlinghieri detto di sopra che fu imperadore italiano imperiò il secondo Berlinghieri suo figliuolo VIIII anni. In questo tempo papa Giovanni decimo di Tosigliano con Alberigo marchese suo fratello andaro in Puglia contro a' Saracini, e colloro ebbono battaglia al fiume del Gariliano, e bene aventurosamente gli sconfissono, e cacciaro di Puglia. Poi tornati a Roma, discordia nacque tra 'l papa e 'l detto marchese, onde il marchese fu cacciato di Roma, il quale per cruccio mandò suoi ambasciadori agli Ungari, e fecegli passare in Italia; i quali con grande multitudine venuti, quasi tutta Toscana e terra di Roma distrussono e guastarono, uccidendo maschi e femmine, e ogni tesoro portarono via; ma poi da' Romani furono cacciati, e ogni anno per vendetta per gli Romani s'andava in Ungheria a guerreggiargli. E appresso regnò Lottieri in Italia VII anni, e al suo tempo fu grande discordia e guerra in Italia, e la città di Genova fu presa e distrutta da' Saracini d'Africa negli anni di Cristo VIIIIcXXXII, e uccisono e presono gli uomini, e tutto il loro tesoro e cose ne portaro in Africa. E l'anno dinanzi che' Saracini passassero apparve in Genova una fontana che largamente gittò sangue, il quale fu segno de la loro futura distruzione. Apresso Lottieri regnò imperadore in Italia il terzo Berlmghieri con Alberto suo figliuolo XI anni. Questi furono Romani, e signoreggiaro aspramente Italia; e prese Alunda imperadrice, moglie che fu di Lottieri imperadore suo anticessore, e misela in pregione, acciò che non si maritasse a signore che gli togliesse lo 'mperio e la signoria per lo suo eretaggio.

 

V

 

 

Come Otto primo di Sassogna passò in Italia a richesta della Chiesa, e abatté la signoria degl'imperadori italici.

 

Ma Otto re d'Alamagna a richiesta del papa e della Chiesa, per le discordie del detto Berlinghieri, e de' Romani, e de' tiranni d'Italia, si mosse d'Alamagna passando in Italia con grande potenza, e cacciò dello 'mperio Berlinghieri, e trasse di pregione la detta imperadrice, e isposolla a moglie nella città di Pavia, la quale donna fue di grande bellezze; ma poi il detto Berlinghieri tornò nella grazia d'Otto e rendégli la signoria di Lombardia, salvo la Marca Trivigiana, e Verona, e Aquilea che ritenne a sé, e tornossi in Alamagna. E di là ebbe il detto Otto molte battaglie cogli Ungari e sconfissegli, e vinsegli e recò a sua signoria. Ma dimorando lui in Alamagna, poi il detto Alberto figliuolo di Berlinghieri per sua signoria e forza, col séguito de' nobili e possenti Romani, fece fare papa Ottaviano suo figliuolo, che fu nomato papa Giovanni duodecimo, il quale fu uomo di mala vita, tegnendo piuvicamente le femmine, e cacciava e uccellava come uomo laico, e più cose ree e furiose fece; per la qual cosa i cardinali e 'l chericato di Roma, e' prencipi d'Italia, per la vergogna che 'l detto papa Giovanni facea a santa Chiesa, e Berlinghieri dall'altra parte facea le ree opere in Lombardia, mandarono ambasciadori sagretamente per lo detto Otto re in Alamagna, che passasse ancora in Italia a correggere la Chiesa, e adirizzare lo 'mperio, che Berlinghieri e Alberto guastavano; il quale Otto con grande potenzia venne in Lombardia, e prese il detto Berlinghieri, e mandollo in pregione in Baviera, e quivi vilmente finì sua vita. E Alberto si fuggì d'Italia per paura d'Otto, e il suo figliuolo papa Giovanni fu disposto; e nel detto Berlinghieri e Alberto suo figliuolo finì lo 'mperio agl'Italici, il quale per VI imperadori era durato LIIII anni, poi che vacarono i Franceschi, e mai poi non fu nullo imperadore d'Italia; e tornò lo 'mperio agli Alamanni, come innanzi faremo menzione; e ciò fu negli anni di Cristo intorno di VIIIIcLV. In quello tempo che regnarono nello 'mperio i Franceschi, e poi gl'Italiani, apresso la morte del buono Carlo Magno, molte diverse mutazioni ebbe nella Chiesa, che talora furono due papi a un'ora, e talora tre; e cacciando l'uno l'altro, e faccendo morire, e talora accecare, per la forza ch'aveano l'uno più chell'altro, chi dallo 'mperadore che regnava, e chi da' possenti Romani e dagli altri tiranni d'Italia, onde grande tempo fu in tribolazione e in iscisma la Chiesa; e con questo molte guerre, disensioni e battaglie ebbe per tutta Italia in diversi tempi. Per la qual cosa lo stato e la signoria de' Romani venne ogni dì calando e diminuendo, onde la nostra città di Firenze, ch'era camera de' Romani e dello 'mperio, per le sopradette guerre e aflizzioni non potea spirare né mostrare sue forze in tutto il detto tempo, però che i Fiesolani nemici di loro così vicini sempre teneano cogl'imperadori e cogli altri signori e tiranni ch'erano ribegli e nimici della Chiesa e de' Romani; e' Fiesolani la città di Firenze continuo faceano guerreggiare e guerreggiavano, acciò che Firenze non potesse né crescere né sopramontare alloro. Ma come piacque adDio, con tutta la guerra de' Fiesolani, e degli altri imperadori, e ribelli de' Romani, la città di Firenze sempre cresceva a poco a poco e multiplicava, e Fiesole venia calando e diminuendo, e molta buona gente di Fiesole lasciaro l'abitare della città del poggio, e tornaro a l'agio del piano e del fiume ad abitare in Firenze, imparentandosi co' Fiorentini; e maggiormente quando cessò la signoria degli imperadori italiani e tornò agl'imperadori d'Alamagna, i quali erano fedeli e divoti di santa Chiesa, e abattero i tiranni di Toscana e di Lombardia; e in quegli tempi la città di Firenze crebbe e allargossi assai, e vinse per ingegno di guerra la città di Fiesole, e disfecela, come innanzi farà menzione. Lasceremo al presente a parlar di ciò, infino che tempo sarà, e cominceremo il quinto libro, come lo 'mperio di Roma tornò agli Alamanni, e quegli che regnaro per gli tempi, e quello che fecero, mischiandovi tuttora le storie e' fatti de' Fiorentini, come incorsono nella loro signoria, che ne fia di nicessità a volerle dirittamente ritrarre e raccontare.


 

LIBRO QUINTO

 

I

 

 

Qui comincia il quinto libro: come la lezione dello 'mperio di Roma venne agli Alamanni, e come Otto primo di Sassogna fu consegrato imperadore.

 

Regnando nel papato Giovanni duodecimo figliuolo d'Alberto imperadore, come adietro è fatta menzione, e guastando la Chiesa per le sue ree opere, fue per parte de' cardinali rimandato per Otto re d'Alamagna per levare il detto papa di signoria, e fare lui imperadore; per la qual cosa il detto papa, sappiendo ciò, a Giovanni suo diacano cardinale ch'avea ordinato ciò e trattato fece mozzare il naso, e a un altro Giovanni soddiacano ch'ave' scritto le lettere fece tagliare la mano. Per la qual cosa, e per le pessime opere di Berlinghieri e d'Alberto, faceano in Lombardia e in Toscana, Otto con tutta sua forza passò ancora in Italia, e abatté al tutto la signoria de' detti imperadori in Lombardia, come in parte fu detto dinanzi. E poi venne in Toscana, e da' Lucchesi e da' Fiorentini fu ricevuto onorevolemente, e soggiornò assai in Lucca, e alquanto in Firenze; poi se n'andò a Roma, e da' Romani fu ricevuto a grande gloria e triunfo; il quale giunto a Roma, fece disporre e cacciare del papato il detto Giovanni papa, il quale poi morì vilmente e in avolterio, e fece eleggere papa Leone ottavo, il quale per la malvagità de' Romani fece decreto che niuno papa fosse fatto sanza l'asentimento dello 'mperadore. E veggendo il papa e tutto il chericato chella Chiesa non si potea difendere, né avere sua libertà per la retà de' malvagi Romani e de' tiranni d'Italia chell'occupavano, sanza l'aiuto e forza degli Alamanni, e conoscendo la bontà e valore e potenzia del detto Otto re, per dignissimo fue per lo popolo di Roma e per la Chiesa eletto imperadore, e consegrato e coronato in Roma dal detto papa Leone a grande gloria, negli anni di Cristo VIIIIcLV, il quale fece molti doni a santa Chiesa. Questo Otto fu di Sassogna, e regnò imperadore XII anni, faccendo grandi e buone opere in esaltamento della Chiesa e dello 'mperio, e pacificò tutta Italia; e ciò fatto, si tornò in Alamagna colla sua moglie Alunda, della quale avea avuto uno figliuolo, ch'ebbe nome simigliante al padre Otto secondo. Ma tornato lui in Alamagna, per gli malvagi Romani fu disposto papa Leone, e feciono papa Benedetto V, della qual cosa, sappiendolo Otto, molto isdegnato e crucciato tornòe a Roma con sua forza, e assediolla; per la qual cosa i Romani per avere sua pace gli rendero preso il detto Benedetto papa, e rimise in sedia Leone, che prima era stato papa, e tornossi in Alamagna, e menonne il detto Benedetto, il quale morì vilmente. E dopo molte pietose e buone opere, e fatti ricchi monasterii, il detto Otto si morì in Alamagna. Questo Otto amendò molto tutta Italia, e mise in pace e buono stato, e abatté le forze de' tiranni; e al suo tempo assai de' suoi baroni rimasono signori in Toscana e in Lombardia. Intra gli altri fu il cominciamento de' conti Guidi, il quale il primo ebbe nome Guido, che 'l fece conte Palatino, e diedegli il contado di Modigliana in Romagna; e poi i suoi discendenti furono quasi signori di tutta Romagna, infino che furono cacciati di Ravenna, e tutti morti dal popolo di Ravenna per loro oltraggi, salvo uno picciolo fanciullo ch'ebbe nome Guido, sopranomato Sangue, per gli suoi che furono tutti in sangue morti; il quale poi per lo 'mperadore Otto quarto fu fatto signore in Casentino, e questi fu quegli che tolse per moglie in Firenze la contessa Gualdrada, figliuola che fu del buono messere Bellincione Berti de' Ravignani onorevole cittadino di Firenze. Ancora troviamo che 'l detto Otto primo soggiornava in Firenze quando andava e tornava a Roma, e mise amore e piacquegli la città, e perch'era stata sempre figliuola della città di Roma e fedele allo 'mperio, sìlla favorò e brivileggiò, e dielle infino in sei miglia di contado. E quando tornò in Alamagna, de' suoi baroni vi rimasero e furono cittadini; e intra gli altri fu quegli ch'ebbe nome Uberto, onde si dice che nacque la casa e progenia degli Uberti, e per suo nome così fu nomata; e un altro barone ch'ebbe nome Lamberto, che si dice che discesono i Lamberti: questo però non affermiamo; e più altri di sua gente de' migliori baroni, e di quegli d'Otto secondo, rimasono in Toscana in signoria, onde poi sono stratti molti lignaggi in Firenze di gentili uomini, e molte terre d'Italia. Questo Otto primo brivileggiò i Lucchesi che potessero battere moneta d'oro e d'ariento, e però la loro moneta è improntata del suo nome. Dapoi che morì Otto primo fu fatto imperadore Otto secondo suo figliuolo, il quale regnò XV anni. Al tempo di questo Otto uno papa Giovanni tredecimo, chell'avea coronato, fue preso da Piero prefetto di Roma e messo in Castello Santo Angelo, e poi si fu cacciato in Campagna; ma il detto Otto il rimise in sedia, e molti Romani che di ciò ebbono colpa fece morire di mala morte, e molti ne mandò presi in Sassogna. Al tempo di costui i Saracini e' Greci presono Calavra, il quale andò loro incontro con grande oste di Romani, e Tedeschi, e Lombardi, e Pugliesi; ma per mala condotta, e perché i Romani e' Beneventani si fuggiro, fue sconfitto con grande danno de' Cristiani, e egli preso da' corsali greci; ma per ingegno e promesse si fece menare in Cicilia; essendovi arrivato colloro, essendo conosciuto, tutti gli fece morire di mala morte. E poi il detto Otto assediò Benivento, e prese la terra e guastolla per lo loro tradimento, e trassene il corpo di santo Bartolomeo appostolo, e recollo a Roma per portarlo in Sassogna; ma tornato a Roma morìo poco appresso, e nell'isola di Roma lasciò il detto corpo di santo Bartolomeo.

 

II

 

 

Del terzo Otto imperadore, e del marchese Ugo che fece la Badia di Firenze.

 

Dopo la morte del secondo Otto fue eletto imperadore Otto terzo suo figliuolo, e coronato per papa Gregorio quinto negli anni di Cristo VIIIIcLXXVIIII, e regnò questo Otto XXIIII anni. Poi che fue incoronato andòe in Puglia in pellegrinaggio al Monte Santo Angelo, e poi si tornò per la via di Francia in Alamagna, lasciando Italia in buono stato e pacefico. Ma lui tornato in Alamagna, Crescenzo consolo e signore di Roma cacciò il detto Gregorio del papato, e misevi uno Greco, ch'era vescovo di Piagenza, molto savio; ma sentendo ciò Otto imperadore, molto crucciato con sua forza tornò in Italia, e assediò in Roma il detto Crescenzo e 'l suo papa in Castello Santo Angelo, che là entro s'erano fuggiti; il quale per assedio ebbe il detto castello, e Crescenzo fece dicollare, e papa Giovanni XVI trarre gli occhi e tagliare le mani, e rimise in sedia il suo papa Gregorio che di nazione era suo parente; e lasciando Roma e Italia in buono stato, si tornò in suo paese in Alamagna, e di là morì bene aventurosamente. Col detto Otto terzo venne in Italia il marchese Ugo: credo che fosse marchese di Brandimborgo, però che in Alamagna nonn-ha altro marchesato. A costui piacque sì la stanza di Toscana, spezialmente de la nostra città di Firenze, ch'egli ci fece venire la moglie, e in Firenze fece suo dimoro, sì come vicario d'Otto imperadore. Avenne, come piacque adDio, ch'andando lui a una caccia nella contrada di Bonsollazzo, per lo bosco si smarrì da sua gente, e capitò, a la sua avisione, a una fabbrica dove s'usa di fare il ferro. Quivi trovando uomeni neri e sformati che in luogo di ferro parea che tormentassono con fuoco e con martella uomeni, domandò che ciò era. Fugli detto ch'erano anime dannate, e che a simile pena era condannata l'anima del marchese Ugo per la sua vita mondana, se non tornasse a penitenzia; il quale con grande paura si raccomandòe a la vergine Maria, e cessata la visione, rimase sì compunto di spirito, che tornato in Firenze, tutto suo patrimonio d'Alamagna fece vendere, e ordinò e fece fare sette badie: la prima fu la Badia di Firenze a onore di santa Maria; la seconda quella di Bonsollazzo, ove vide la visione; la terza fece fare ad Arezzo; la quarta a Poggibonizzi; la quinta alla Verruca di Pisa; la sesta a la Città di Castello; l'ultima fu quella di Settimo: e tutte queste badie dotò riccamente, e vivette poi colla moglie in santa vita, e nonn-ebbe nullo figliuolo, e morì nella città di Firenze il dì di santo Tommaso gli anni di Cristo MVI, e a grande onore fu soppellito alla Badia di Firenze. E vivendo il detto marchese Ugo, fece in Firenze molti cavalieri della schiatta de' Giandonati, de' Pulci, de' Nerli, de' conti da Gangalandi, e di quegli della Bella, i quali tutti per suo amore ritennero e portarono l'arme sua adogata rossa e bianca con diverse intransegne.

 

III

 

 

De' VII prencipi d'Alamagna ch'hanno a eleggere lo 'mperadore.

 

Morto Otto il terzo, per cagione chello 'mperio era andato per lignaggio in tre Otti, l'uno figliuolo dell'altro, si parve a Sergio papa quarto, e a' cardinali, e a' prencipi di Roma chello 'mperio fosse alla lezione degli Alamanni, imperciò ch'erano possenti genti, e grande braccio del Cristianesimo; ma che d'allora innanzi lo 'mperio andasse per elezione del più degno, confermandosi poi per la Chiesa, essendo aprovato degno: e furono per dicreto ordinati sette lettori dello 'mperio in Alamagna, e ch'altri non potesse degnamente essere eletto imperadore, se non per gli detti prencipi. Ciò furono l'arcivescovo di Maganza cancelliere d'Alamagna, l'arcivescovo di Trievi cancelliere in Gallia, l'arcivescovo di Cologna cancelliere in Italia, il marchese di Brandimborgo camerlingo, il duca di Sassogna che gli porta la spada, e 'l conte Palatino del Reno che oggi succede per retaggio al duca di Baviera, e servelo a tavola del primo messo, e 'l re di Boemme che 'l serve della coppa: e sanza lui consentire non vale la lezione. E fecesi dicreto che per cagione che gli Alamanni aveano tutta la lezione dello 'mperio d'Alamagna, non potesse essere papa o cardinale, per levare le disensioni del papato; ma non s'attenne. E imperò che, dapoi chello 'mperio venne al tutto agli Alamanni, sì seguiremo omai d'imperadore in imperadore, e simile de' papa, quanto regnò ciascuno, e brievemente le sue operazioni, imperciò che in questi tempi la nostra città di Firenze cominciò ad avere stato e potenzia per le revoluzioni de' detti imperadori; e per le disensioni che talora ebbono col papa e colla Chiesa, molte mutazioni e parti ebbe nella nostra città di Firenze, come innanzi per gli tempi faremo menzione ordinatamente. E ancora n'è di nicessità di fare memoria degli re di Francia e di Puglia, imperciò che molto si mischia la loro signoria alla nostra materia per le novità che seguiranno appresso; e però in brieve per lo primo capitolo ne faremo menzione.

 

IV

 

 

Della progenia delli re di Francia che discesono d'Ugo Ciappetta.

 

Ugo Ciappetta, come addietro facemmo menzione, fallito ilignaggio di Carlo Magno, fu re di Francia nelli anni di Cristo VIIIIcLXXXVII. Questo Ugo fu duca d'Orliens (e per alcuno si scrive che fur sempre i suoi antichi e duchi e di grande lignaggio), figliuolo d'Ugo il Grande, e nato per madre della serocchia d'Otto primo della Magna; ma per gli più si dice che 'l padre fu uno grande e ricco borgese di Parigi stratto di nazione di bucceri, overo mercatante di bestie; ma per la sua grande ricchezza e potenzia, vacato il ducato d'Orliens, e rimasene una donna, sì l'ebbe per moglie, onde nacque il detto Ugo Ciappetta, il quale fu molto savio e possente, e reame di Francia tutto si governava per lui; e fallito ilegnaggio di Carlo Magno, come fatta è menzione, si fece fare re, e regnò XX anni. Questo Ugo Ciappetta e suo legnaggio sempre portarono il campo azzurro e fioredaliso d'oro, e truovasi che Carlo Magno portò mezza l'arme dello 'mperio, cioè il campo ad oro e l'aguglia nera, e l'altra metà fioridaliso; ma in San Donigi di Francia si trovarono insegne vecchie reali, il campo azzurro con ispronelle ad oro; non si sa se furono del legnaggio di Carlo, o de' primi re venuti di Siccambria. Apresso Ugo Ciappetta regnò Uberto suo figliuolo XII anni, e fu uno grande cherico inniscrittura, e molto cattolico e santo. Poi regnò Arrigo suo figliuolo XXX anni; e poi regnò Filippo suo figliuolo XLVIIII anni; poi regnò Luis il Grosso suo figliuolo XXXI anno; poi regnò Luis il Pietoso suo figliuolo XLIII anni, e fu col nome il fatto, pietoso e buono, e con tutte le virtù. Questi ebbe per moglie la contessa di Ciarte, la qual fu discesa delegnaggio di Carlo Magno, imperò che fu nata della casa di Normandia, della qual donna ebbe uno figliuolo ch'ebbe nome Filippo il Bornio, il quale regnò XLIIII anni. Questo Filippo fu uomo di grande valore, e molto acrebbe il reame. Prima il conte di Fiandra, chell'avea levato a' fonti, co li più de' baroni di Francia si rubellò; il quale per suo senno e prodezza tutti gli ridusse a sua signoria, e per lo detto fallo tolse al conte di Fiandra Vermandosi e Piccardia. Questo Filippo andò al conquisto d'oltremare col re Riccardo d'Inghilterra, e vinse Acri in Soria; poi ebbe discordia col re Riccardo per moneta che gli avea prestata al passaggio, onde avea pegno la duchea di Normandia per CCm di libbre di parigini; e quando la venne a ricogliere, non volle il re di Francia altro che parigini piccioli, come dicea la carta; e non potendosi trovare al termine, si trasattò Normandia, e recolla a sua sugezzione, onde grande guerra fu poi tralloro, che 'l detto re Riccardo s'allegò contra il re Filippo con Ferrante conte di Fiandra, e con Otto quarto re de' Romani; il quale, in uno medesimo giorno, Filippo re combatté col detto Otto e Ferrante al ponte al Bovino in Fiandra, e sconfissegli, e prese Ferrante, e Otto si fuggì; e Luis figliuolo del detto re Filippo ebbe battaglie in Paito contro al re d'Inghilterra e altri baroni, e sconfissegli, e recò sotto la sua signoria Paito, Guascogna, Torena, e Angieri, e Chiermonte; alla fine lasciò grande tesoro per limosina alla terra d'oltremare, e morì negli anni di Cristo MCCXVI. Apresso Filippo il Bornio regnò il detto Luis suo figliuolo tre anni. Questo Luis ebbe quattro figliuoli della reina Biancia figliuola del re di Spagna: il primo fu il buono re santo Luis che succedette allui re di Francia; il secondo Ruberto il primo conte d'Artese; il terzo fu Alfarante che fu conte di Pittieri e di Lanzone; il quarto fu il buono Carlo conte d'Angiò e poi di Proenza, e poi per suo valore e prodezza fu re di Cicilia e di Puglia, come innanzi farà menzione la storia al trattato di Federigo imperadore e di Manfredi re suo figliuolo. Il detto santo re Luis regnò XLVIII anni, e sconfisse il re d'Inghilterra e 'l conte della Marcia, e andò oltremare a Damiata, e là preso alla Mensura con Carlo suo fratello, e morìvi il conte d'Artese, e ricomperarsi dal soldano grande tesoro; e poi fu al passaggio di Tunisi, e là morì santamente gli anni di Cristo MCCLXX. Dopo il re santo Luis regnò Filippo suo figliuolo XIIII anni, e questi fu quegli che fece il passaggio in Araona, e là morì. Questo re Filippo ebbe della figliuola del re d'Araona due figliuoli: il primo fu Filippo il Bello, il quale fu il più bello Cristiano chessi trovasse al suo tempo (questi regnò re in Francia XXVIII anni a' nostri tempi); l'altro fu Carlo di Valois, detto Carlo Sanzaterra, che assai mutazioni fece a la nostra città di Firenze, come innanzi al suo tempo farà menzione. Questo re Filippo il Bello ebbe tre figliuoli: il primo fu Luis re di Navarra per retaggio della madre; il secondo Filippo conte di Pittieri; il terzo Carlo conte della Marcia; e morto il padre negli anni di Cristo MCCCXV, furono tutti e tre re di Francia l'uno apresso l'altro in picciolo tempo. Avemo raccontato sì per ordine gli re di Francia e di Puglia discesi delegnaggio d'Ugo Ciappetta, perché contando le nostre storie di Firenze, e dell'altre province e terre d'Italia, si possono meglio intendere. Lasceremo de' Franceschi, e torneremo a nostra materia degl'imperadori di Roma e de' fatti di Firenze.

 

V

 

 

Come Arrigo primo fu fatto imperadore.

 

Dapoi che fu morto il terzo Otto imperadore gli elettori della Magna si elessono nello 'mperio Arrigo primo duca di Baviera; e questi fu stratto del legnaggio di Carlo Magno, sì come adietro facemmo menzione, e ciò fu negli anni di Cristo MIII, e regnò XII anni e VI mesi bene aventurosamente in ogni battaglia contro a' suoi nemici in Alamagna, e in Buemmia, e in Italia, e fece tornare alla fede di Cristo Stefano re d'Ungheria e tutto suo reame, e dégli per moglie la serocchia. Questi fu il primo Arrigo imperadore, ma il secondo fu re della Magna; e però si scorda la cronica nel nomare gli Arrighi; ove dice IIII vuole dire III, così lo terzo secondo, quanto allo 'mperio. Questo Arrigo e la sua moglie, ch'ebbe nome santa Cunegonda, stettero e conservaro insieme virginitade, overo castitade, e molti miracoli feciono dopo la loro morte. Questo imperadore e la detta sua moglie stettero in Firenze, e feciono reedificare la chiesa di Santo Miniato, siccome adietro facemmo menzione. Lasceremo alquanto a raccontare gli 'mperadori, e torneremo a nostra materia de' fatti di Firenze, come ne' detti tempi, e con volontà del detto imperadore Arrigo, i Fiorentini presono e abbatterono la città di Fiesole, e crebbesi la città di Firenze.

 

VI

 

 

Come al tempo del detto Arrigo i Fiorentini presono la città di Fiesole, e feciolla disfare.

 

Ne' detti tempi, regnando imperadore Arrigo primo, quegli della città di Firenze erano molto cresciuti di gente e di podere secondo il loro piccolo sito, e massimamente per lo favore e aiuto d'Otto primo imperadore, e del secondo e terzo Otto suo figliuolo e nipote, che sempre favoreggiarono la città di Firenze; e come la città di Firenze cresceva, la città di Fiesole sempre calava, avendo al continuo guerra e nimistà insieme; ma per lo forte sito e fortezza di mura e di torri che avea la città di Fiesole, invano si travagliavano i Fiorentini di conquistarla, con tutto che fossero più genti, e di maggiore amistà e aiuto, anzi erano continuo guerreggiati da' Fiesolani. Ma veggendo ciò i Fiorentini, che per forza nolla poteano aquistare, sìssi intreguarono co' Fiesolani, e lasciarono il guerreggiare tralloro; e di triegua in triegua si cominciarono a dimesticare insieme, e usare l'uno cittadino nella città dell'altro, e imparentarsi insieme, e picciola guardia facea l'uno dell'altro. I Fiorentini veggendo chella loro città di Firenze nonn-avea podere di fare grande montata, avendo sopra capo sì fatta fortezza com'era la città di Fiesole, provedutamente e segretamente una notte misono aguato di loro gente armati da più parti di Fiesole. I Fiesolani essendo assicurati da' Fiorentini e non prendendosi guardia, la mattina della loro festa principale di santo Romolo, aperte le porte, essendo disarmati i Fiesolani, i Fiorentini entrando nella città sotto titolo di venire alla festa, quando ve n'ebbe dentro buona quantità, gli altri armati ch'erano nell'aguato presono le porte della città; e fatto cenno a Firenze, come era ordinato, tutta l'oste e potenzia de' Fiorentini vennero a cavallo e a piè al monte, e entrarono nella città di Fiesole, e corsolla tutta sanza uccidere quasi gente, o fare altro danno, se non a chi si contendesse. I Fiesolani veggendosi subitamente e improviso sopresi da' Fiorentini, parte di coloro che poterono si fuggirono in su la rocca, la quale era fortissima, e tennersi lungo tempo apresso. La città di sotto alla rocca essendo presa e corsa per gli Fiorentini, e prese le fortezze e le genti chessi contendeano, l'altro minuto popolo s'arenderono a patti che non fossono morti né rubati di loro cose, faccendo i Fiorentini loro volontà di disfarla, rimanendo il vescovado in sua giuridizione. Allora i Fiorentini patteggiarono che chi volesse uscire della città di Fiesole e venire ad abitare in Firenze potesse venire sano e salvo con tutti i suoi beni e cose, e andare in altra parte che gli piacesse; per la qual cosa in grande quantità ne scesoro ad abitare in Firenze, onde poi furono e sono grandi schiatte in Firenze; altri n'andarono ad abitare intorno per lo contado ove aveano loro villate e possessioni. E ciò fatto, e la città vota di genti e di cose, i Fiorentini la feciono abattere tutta e disfare, salvo il vescovado e certe altre chiese, e la rocca, chessi tenea ancora e non s'arendeva a' detti patti; e ciò fu negli anni di Cristo MX, e recarne i Fiorentini e' Fiesolani chessi feciono cittadini di Firenze tutte le dignità e colonne, e tutti gl'intagli de' marmi che lassù erano, e il carroccio del marmo ch'è in San Piero Scheraggio in Firenze.

 

 

 

VII

 

 

Come molti Fiesolani tornarono ad abitare in Firenze e fecionsi uno popolo co' Fiorentini.

 

Essendo disfatta la città di Fiesole, salvo il castello della rocca, come detto è di sopra, molti Fiesolani ne vennoro ad abitare in Firenze e feciono uno popolo co' Fiorentini, e per la loro venuta convenne chessi crescesse di mura e di giro la città di Firenze, come innanzi farà menzione. E acciò che' Fiesolani venuti ad abitare in Firenze fossono con più fede e amore co' Fiorentini, sì raccomunarono l'arme de' detti Comuni, e feciono allora l'arme dimezzata vermiglia e bianca, come ancora a' nostri tempi si porta in su il carroccio e nello oste de' Fiorentini. Il vermiglio fu l'antica arme che i Fiorentini ebbono da' Romani, come adietro è fatta menzione, che soleano usare iv'entro il giglio bianco; e 'l bianco fu l'antica arme de' Fiesolani, ma avevavi dentro una luna cilestra: ma nella detta arme comune levarono il giglio bianco e la luna, e fu pur dimezzata; e feciono leggi e statuti comuni, vivendo ad una signoria di due consoli cittadini e consiglio del senato, ciò era di C uomini i migliori della città, com'era l'usanza data da' Romani a' Fiorentini. E così crebbe molto in quegli tempi la città di Firenze e di popolo e di potenzia per lo disfacimento della città di Fiesole, e per li Fiesolani che vennono ad abitare in Firenze, ma però nonn-era di grande popolo a comparazione ch'ella è a' nostri tempi; chella città di Firenze era di piccolo sito, come fatto è menzione, e ancora si vede al primo giro, e non v'avea abitanti il quarto ch'è oggi. I Fiesolani erano molto scemati, e alla disfazione di Fiesole molto si sparsono, e chi andò in una parte e chi in una altra; ma i più ne vennoro a Firenze, e pur fu grossa città al tempo d'allora; ma per quello troviamo, con tutti i Fiesolani non furono la metà ch'è oggi a' nostri dì. E nota perché i Fiorentini sono sempre in scisma, e in parti, e in divisioni tralloro, che nonn-è da maravigliare: l'una ragione si è perché la città fu reedificata, come fu detto al capitolo della sua reedificazione, sotto la signoria e influenzia della pianeta di Marti che sempre conforta guerre e divisioni; l'altra ragione più certa e naturale si è che' Fiorentini sono oggi stratti di due popoli così diversi di modi, e sempre per antico erano stati nemici, siccome del popolo de' Romani e di quello de' Fiesolani; e ciò potemo vedere per isperienza vera, e per le diverse mutazioni e partigioni e sette che dapoi che' detti due popoli furono congregati in uno avennero in Firenze di tempi in tempi, come in questo libro omai più stesamente farà menzione.

 

VIII

 

 

Come la città di Firenze crebbe lo cerchio, prima di fossi e steccati, poi di mura.

 

Dapoi che' Fiesolani tornarono in grande parte ad abitare in Firenze, come detto è dinanzi, la città s'empié più di gente e di popolo, e crescendo in borghi e abituri di fuori della vecchia e piccola città, poco tempo appresso convenne di nicessità chella città si crescesse di cerchio, prima di fossi e di steccati; e poi al tempo d'Arrigo terzo imperadore si feciono le mura, acciò chelle borgora e acrescimenti di fuori per le guerre che apparieno in Toscana per cagione del detto Arrigo non potessono essere presi né guasti, e la città più tosto assediata da' nemici. E però a quel tempo, negli anni di Cristo MLXXVIII, come innanzi incidendo le storie d'Arrigo terzo farà menzione, cominciarono i Fiorentini le nuove mura, cominciando dalla parte del levante alla porta di San Piero Maggiore, la quale fu alquanto dietro alla detta chiesa, mettendo il borgo di San Piero Maggiore e la chiesa detta dentro alle nuove mura. E poi ristrignendosi dalla parte di tramontana, poco di lungi al detto borgo fece gomito ad una postierla chessi chiamò la porta Albertinelli per una schiatta ch'era in quel luogo, che così fu chiamata; poi seguendo insino alla porta di borgo San Lorenzo, mettendo la detta chiesa dentro alle mura; e poi appresso ebbe due postierle, l'una alla forca di campo Corbolini, e l'altra si chiamò poi la porta del Baschiera; conseguendo poi insino alla porta di San Paolo, e appresso seguendo insino alla porta alla Carraia, a la quale fece fine il muro in su l'Arno, ove poi si cominciò e fece uno ponte chessi chiama il ponte alla Carraia per lo nome di quella porta; e poi seguendo le mura non però troppe alte in su la riva d'Arno, mettendo dentro ciò ch'era di fuori alle mura vecchie, ciò era il borgo di San Brancazio, e quello di Parione, e quello di Santo Appostolo, e quello di porte Sante Marie insino al ponte Vecchio; e poi appresso in su la riva d'Arno insino al castello Altrafonte. Di là si partirono alquanto le mura dalla riva d'Arno, sicché vi rimase via in mezzo, e due postierle onde s'andava al fiume. Poi faceano tanto e volgeano ove è oggi la coscia del ponte Rubaconte, e ivi alla rivolta avea una porta chessi chiamava la porta de' Buoi, perché ivi di fuori si facea il mercato de' buoi, che poi fu nomata la porta di messere Ruggieri da Quona, però che i detti da Quona quando vennero ad abitare alla città si puosono in su la detta porta. Poi seguirono le mura dietro a SaIacopo tralle fosse, perché era in su' fossi, insino ov'è oggi il capo della piazza dinanzi alla chiesa de' frati minori detta Santa Croce; e quivi avea una postierla ch'andava all'isola d'Arno, poi seguendo le dette mura per linea diritta sanza niuna porta o postierla, ritornando insino a San Piero Maggiore ove cominciano. E così ebbe la città nuova di Firenze di qua dall'Arno V porte per gli V sesti, una porta per sesto, e più postierle, com'è fatta menzione. Oltrarno si avea tre borghi, i quali tutti e tre cominciavano al ponte Vecchio di là da Arno: l'uno si chiamava e chiama ancora borgo Pidiglioso, perch'era abitato di vile gente, e era in capo del detto borgo una porta chessi chiamava la porta a Roma, ove sono oggi le case de' Bardi presso a Santa Lucia de' Magnoli e passato il ponte Vecchio, e per quella via s'andava a Roma per lo cammino da Fegghine e d'Arezzo; altre mura non avea al detto borgo se non il dosso delle case di costa al poggio. L'altro borgo era quello di Santa Felicita, detto il borgo di Piazza, che avea una porta ove è oggi la piazza di San Filice, onde va il cammino a Siena; e un altro borgo chessi chiamava di SaIacopo, che avea una porta ove sono oggi le case de' Frescobaldi, che andava il cammino a Pisa. A' detti tre borghi del sesto d'Oltrarno non avea altre mura se non le porte dette e' dossi delle case di dietro che chiudeano le borgora con giardini e ortora di dietro. Ma da poi chello 'mperadore Arrigo terzo venne ad oste afFirenze, i Fiorentini feciono murare Oltrarno, cominciando a la detta porta a Roma montando adietro al borgo a la costa di sotto a San Giorgio, e poi riuscieno dietro a Santa Felicita, rinchiudendo il borgo di Piazza e quello di SaIacopo, e quasi come andavano i detti borghi; ma poi si feciono le mura d'Oltrarno al poggio più alte, come sono ora, al tempo che di prima i Ghibellini signoreggiarono la città di Firenze, come faremo menzione a luogo e a tempo. Lasceremo alquanto de' fatti di Firenze, e tratteremo degl'imperadori che furono appresso il primo Arrigo, checci sono di nicessità a raccontare per conseguire la nostra storia.

 

IX

 

 

Come Currado primo fu fatto imperadore.

 

Dopo la morte d'Arrigo primo imperadore fu eletto e consegrato Currado primo per Benedetto papa ottavo negli anni di Cristo MXV. Questi fu di Soavia, e regnò nello 'mperio XX anni, e quando egli passò in Italia, non possendo avere la signoria di Melano, sìll'assediò infino ne' borghi; ma prendendo la corona del ferro di fuori di Melano in una chiesa, cantando la messa, sì venne uno grande tuono e saetta in quella chiesa, e alquanti ne morirono; e levato l'arcivescovo che cantava la messa dall'altare, disse a Currado imperadore che visibilemente vide santo Ambruogio che fortemente il minacciava se non si partisse dall'assedio di Melano; e egli per quella amonizione si levò da oste, e fece pace co' Melanesi. Questi fu giusto uomo, e fece molte leggi, e tenne lo 'mperio in pace lungo tempo. Bene andò in Calavra contro a' Saracini ch'erano venuti a guastare il paese, e colloro combattéo, e con grande spargimento di sangue de' Cristiani gli cacciò e conquise. Questo Currado si dilettò assai della stanza della città di Firenze quando era in Toscana, e molto l'avanzò, e più cittadini di Firenze si feciono cavalieri di sua mano e furono al suo servigio. E acciò che si sappia chi erano i nobili e possenti cittadini in quegli tempi nella città di Firenze, brievemente ne faremo menzione.

 

X

 

 

De' nobili ch'erano nella città di Firenze al tempo del detto imperadore Currado: prima di quegli d'intorno al Duomo.

 

Come adietro è fatta menzione, la prima reedificazione della picciola Firenze era divisa per quartieri, cioè per quattro porte; e acciò che noi possiamo meglio dichiarire i nobili legnaggi e case che a' detti tempi, disfatta Fiesole, erano in Firenze grandi di podere, sì gli conteremo per gli quartieri ove abitavano. E prima quegli della porta del Duomo, che fu il primo ovile e stazzo della rifatta Firenze, e dove tutti i nobili cittadini di Firenze la domenica facieno riparo e usanza di cittadinanza intorno al Duomo, e ivi si faceano tutti i matrimoni e paci, e ogni grandezza e solennità di Comune: e appresso porta San Piero, e poi porta San Brancazio, e porta Sante Marie. E porte del Duomo erano abitanti il legnaggio de' filii Giovanni, e quegli de' filii Guineldi, che furono i primi che reedificarono la città di Firenze, onde poi sono discesi molti lignaggi di nobili in Mugello e in Valdarno e in città assai, che oggi sono popolari e quasi venuti a fine: furono i Barucci che stavano da Santa Maria Maggiore, che oggi sono venuti meno; bene furono di loro legnaggio gli Scali e' Palermini. Erano ancora nel detto quartiere Arrigucci, e' Sizii, e' figliuoli della Tosa. Questi della Tosa furono uno legnaggio co' Bisdomini, e padroni e difenditori del vescovado; ma partissi uno di loro da' suoi di porta San Piero, e tolse per moglie una donna chiamata la Tosa, che n'ebbe lo retaggio, onde dirivò quello nome. Eravi quelli della Pressa che stavano tra' Chiavaiuoli, gentili uomini.

 

XI

 

 

Delle case de' nobili del quartiere di porta San Piero.

 

Nel quartiere di porta San Piero erano i Bisdomini che, come di sopra è detto, e' sono padroni del vescovado, e gli Alberighi, che fu loro la chiesa di Santa Maria Alberighi da casa i Donati, e oggi non n'è nullo; i Ravignani furono molto grandi, e abitavano in sulla porta San Piero, che furono poi le case de' conti Guidi, e poi de' Cerchi, e di loro per donna nacquero tutti i conti Guidi, come adietro è fatta menzione, della figliuola del buono messere Bellincione Berti: a' nostri dì è venuto tutto meno quello legnaggio. I Galligari, e Chiarmontesi, e Ardinghi che abitano in Orto San Michele, erano molto antichi; e simile i Giuochi che oggi sono popolani, che abitavano da Santa Margherita; Elisei che simile sono oggi popolani, che stanno presso a Mercato Vecchio; e in quello luogo abitavano i Caponsacchi, che furono grandi Fiesolani; i Donati, overo Calfucci, che tutti furono uno legnaggio, ma i Calfucci vennoro meno; e quegli della Bella di San Martino anche divenuti popolani; e il legnaggio degli Adimari i quali furono stratti di casa i Cosi, che oggi abitano in Porta Rossa, e Santa Maria Nipotecosa feciono eglino; e bene che sieno oggi il maggiore legnaggio di quello sesto e di Firenze, non furono però in quelli tempi de' più antichi.

 

XII

 

 

Di quegli del quartiere di porta San Brancazio.

 

Nel quartiere della porta di San Brancazio erano grandissimi e potenti la casa de' Lamberti, nati per loro antichi della Magna; gli Ughi furono antichissimi, i quali edificarono Santa Maria Ughi, e tutto il poggio di Montughi fu loro, e oggi sono spenti; i Catellini furono antichissimi, e oggi non n'è ricordo: dicesi che' figliuoli Tieri per bastardo nati fossono di loro lignaggio; i Pigli gentili uomini e grandi in quegli tempi, Soldanieri, e Vecchietti; molto antichi furono quegli dell'Arca, e oggi sono spenti; e' Migliorelli, che oggi sono niente; e' Trinciavelli da Mosciano furono assai antichi.

 

XIII

 

 

Di quegli del grande quartiere di porta Santa Maria e di San Piero Scheraggio.

 

Nel quartiere della porta Sante Marie, ch'è oggi nel sesto di San Piero Scheraggio, e quello di Borgo, avea molto possenti e antichi legnaggi. I maggiori erano gli Uberti, nati e venuto il loro antico della Magna, che abitavano ov'è oggi la piazza de' priori e 'l palagio del popolo; i Fifanti, detti Bogolesi, abitavano in sul canto di porte Sante Marie, e' Galli, Cappiardi, Guidi, e Filippi che oggi sono niente allora erano grandi e possenti, abitavano in Mercato Nuovo; e simile i Greci, che fu loro tutto il borgo de' Greci, oggi sono finiti e spenti, salvo che n'ha in Bologna di loro legnaggio; Ormanni che abitavano ov'è oggi il detto palagio del popolo, e chiamansi oggi Foraboschi. E dietro a San Piero Scheraggio, ove sono oggi le case de' figliuoli Petri, furono quegli della Pera, overo Peruzza, e per loro nome la postierla che ivi era si chiamava porta Peruzza: alcuno dice che' Peruzzi che sono oggi furono stratti di quello legnaggio, ma non l'affermo. I Sacchetti che abitano nel Garbo furono molto antichi; intorno a Mercato Nuovo erano grandi i Bostichi, e quegli della Sannella, e Giandonati, e Infangati; in borgo Santo Appostolo erano grandi Gualterotti e Importuni, che oggi sono popolani; i Bondelmonti erano nobili e antichi cittadini in contado, e Montebuoni fu loro castello, e più altri in Valdigrieve; prima si puosono Oltrarno, e poi tornarono in Borgo. I Pulci, e' conti da Gangalandi, Ciuffagni, e Nerli d'Oltrarno furono ad un tempo grandi e possenti con Giandonati e con quegli della Bella insieme nomati di sopra; e dal marchese Ugo che fece la Badia di Firenze ebbono l'arme e la cavalleria, imperciò che intorno allui furono molto grandi.

 

XIV

 

 

Come in quegli tempi era poco abitato Oltrarno.

 

Avemo nomati i nobili e possenti cittadini che a' tempi dello imperadore Currado primo erano di rinnomea e di stato in Firenze; altri più legnaggi v'avea di più piccolo affare che non se ne facea rinnomea, e oggi sono fatti grandi e possenti; e degli antichi nomati di sopra sono calati, e tali venuti meno, che a' nostri dì apena n'è ricorso se non per questa nostra cronica. Oltrarno nonn-avea in quegli tempi gente di lignaggio né di rinnomo, però che, come avemo detto addietro, e' nonn-era della città antica, ma borghi abitati di vili e minute genti. Lasceremo ora di raccontare de' fatti di Firenze infino che fia tempo e luogo, quando i Fiorentini cominciarono a mostrare loro potenzia, e diremo brievemente degl'imperadori che furono dopo Currado primo, e della contessa Mattelda, e di Ruberto Guiscardo che conquistò in quegli tempi Puglia e Cicilia, che di raccontare di tutti ci è di nicessità per le mutazioni che n'avennero in Italia e poi alla nostra città di Firenze.

 

XV

 

 

Come fu fatto imperadore Arrigo secondo detto terzo, e le novità che furono al suo tempo.

 

Dopo la morte del detto Currado fu eletto imperadore Arrigo secondo: e chi disse figliuolo, ma e' fu pure genero del detto Currado imperadore, e figliuolo del conte Leopoldo Palatino di Baviera nipote del primo Arrigo. Questo Arrigo fu profetato la notte ch'egli nacque in questo modo: che 'l detto Currado essendo egli cacciando, arrivato di notte solo in una foresta in povera casa, ove abitava il padre e la madre isfuggiti e in bando dello 'mperio per micidio, ove il detto Arrigo nacque, vegnendogli in visione che 'l detto nato fanciullo sarebbe suo genero e succederebbe allo 'mperio, Currado, credendo che fosse figliuolo di villano, non conoscendo il conte suo padre, per disdegno il comandò a uccidere nella foresta; e i suoi famigliari per volontà di Dio lo lasciarono vivo, rapportando chell'aveano morto. E poi crebbe in bontà e inn-istato, sicché nella corte del detto Currado fu al servigio il detto Arrigo; e ricordandosi lo 'mperadore di lui, e riconoscendolo per certi indizii e segnali di lui, il mandò alla moglie con lettere che 'l facesse uccidere incontanente; e per uno prete con cui albergò in cammino, come piacque adDio, sì levò delle lettere quelle parole contamente, e mise che gli desse la figliuola per moglie, e così fu fatto; e il distino premesso da Dio pure seguì. Con tutti i contasti di Currado, questo Arrigo fu coronato negli anni di Cristo MXL, e regnò XVII anni. Questo Arrigo imperadore passò in Italia, e lui coronato a Roma da papa Clemente secondo, il quale papa il detto imperadore fece fare, e dispuose tre papi ch'erano in questione; l'uno si chiamò papa Benedetto nono, l'altro papa Silvestro terzo, l'altro papa Gregorio sesto; e aveano l'uno l'altro disposto e cacciato di Roma. Poi ciò fatto, il detto Arrigo si andò nel Regno per guerreggiare in Puglia e in Campagna tra' signori insieme; sì prese Pandolfo prencipe di Capova e menolne in Alamagna, e mise in signoria un altro Pandolfo conte di Tarentino, e poi si tornò nella Magna dimorando poco in Italia. Per la qual cosa il paese d'Italia si commosse molto in guerra l'uno signore contra l'altro, e' Romani tralloro, e rubarono la Chiesa, e le sue possessioni, e cose, e pellegrini. Ma essendo in quegli tempi tornato in istato papa Gregorio sesto, di Roma cacciò papa Clemente ch'era uomo di poco valore; come signore laico con armata mano difese e racquistò le giuridizioni, possessioni, e cose della Chiesa; e ebbe guerra e battaglia col detto Arrigo chell'avea disposto, e soprastogli; e tutto fosse per questa cagione uomo di sangue, sì fece buona fine e con santo repentimento, mostrando a' suoi frati cardinali che ciò che avea fatto era per ricoverare lo stato di santa Chiesa, e non per niuna singulare propietà di sua avarizia, assegnando per autorità di santa Scrittura come i cherici al bisogno si debbono mettere come muro dinanzi alle battaglie a difensione della fede e di santa Chiesa. E Idio mostrò miracoli per lui; ché lui morto, i cardinali e l'altro chericato di Roma nollo voleano soppellire in San Piero in luogo sagro, ma missollo di fuori dalle reggi, siccome alla sua fine ordinò, perch'era stato uomo di sangue, che se Idio mostrasse miracolo in lui, che 'l seppellissono dentro alla chiesa. E ciò fatto, e chiuse e serrate le porte di San Piero, subitamente venne uno turbo con uno vento sì impetuoso che per forza levò le porte della chiesa, e portolle in coro. Allora conosciuto il miracolo del santo uomo, sì 'l soppellirono nella chiesa con grande solennità e reverenzia.

 

XVI

 

 

Come Arrigo terzo fu fatto imperadore, e le novità d'Italia che furono al suo tempo, e come la corte di Roma fu in Firenze.

 

Apresso la morte d'Arrigo secondo fu eletto imperadore Arrigo terzo, detto quarto quanto in nome di re, ma terzo ch'ebbe corona d'imperio, negli anni di Cristo MLV, e regnò nello imperio XLVIIII anni. Questi fu figliuolo dell'altro Arrigo di Baviera. Al tempo di costui ebbe molte novità in Italia e in Firenze, come faremo menzione. Al suo tempo fu fame e mortalità per tutto il mondo, e nel cerchio della luna apparve la pianeta di Venus chiara e aperta, e mai non si vide in tale aspetto. Questo Arrigo fece fare per sua fortezza papa Vittorio nato d'Alamagna, il quale papa nella città di Firenze fece concilio negli anni di Cristo MLVIIII, e molti vescovi dispuose per loro peccati di fornicazioni e di simonia. E partendosi la corte di Firenze, e 'l detto papa andando in Alamagna allo 'mperadore Arrigo, ricevuto a grande onore, poco appresso sì morìo. E dopo lui fu fatto papa nella città di Firenze per gli cardinali papa Stefano nato di Lotteringa in Brabante: vivette da X mesi, e morì nella detta città di Firenze, e nella chiesa maggiore di Santa Reparata fu sepulto. E dopo lui fu fatto per forza papa Benedetto vescovo di Velletro, e poi fu in capo de' VIIII mesi cacciato del papato e morì. E dopo lui fu fatto papa il vescovo di Firenze ch'era di Borgogna, essendo la corte nella città di Siena, e fu chiamato papa Niccolaio secondo, e regnò tre anni e mezzo, e morì in Roma. E dopo allui regnò papa Allessandro nato di Melano XI anni e mezzo, ma al suo tempo i Lombardi feciono un altro papa, chiamato Calduco vescovo di Parma, e contra Allessandro venne due volte colla forza de' Lombardi a Roma per avere il papato, ma niente gli valse. Alla fine papa Allessandro a richiesta d'Arrigo imperadore andò a Mantova, e là fece concilio, e chetarsi le riotte e scisme ch'erano nella Chiesa; e questo Allessandro rimase papa, e tornossi a Roma, e là morì; e poi fu papa Gregorio settimo. In questi tempi infino gli anni di Cristo MLXXVIII, essendo la città di Firenze assai agrandita e montata in istato per l'essere della corte di Roma che più tempo vi stette, e per la guerra chessi cominciò al tempo del detto papa Gregorio tra lo 'mperadore Arrigo e la Chiesa e la contessa Mattelda, come innanzi farà menzione, i Fiorentini feciono il secondo cerchio di mura alla città, ov'erano i fossi e steccati, come addietro è fatta menzione nel capitolo della detta edificazione.

 

XVII

 

 

Come santificò santo Giovanni Gualberti cittadino di Firenze e padre dell'ordine di Valembrosa.

 

Al tempo del detto Arrigo imperadore fu uno gentile uomo del contado di Firenze nato di messere Gualberto cavaliere de' signori da Petroio di Valdipesa, il quale avea nome Giovanni. Questi essendo laico e in guerra co' suoi vicini, i quali aveano morto uno suo fratello, vegnendo a Firenze con sua compagnia armati a cavallo, trovò il nimico suo che aveva morto il fratello, assai presso della chiesa di San Miniato a Monte; il quale suo nimico veggendosi sorpreso, si gittò in terra a' piedi di Giovanni Gualberti, faccendogli croce delle braccia, cheggendogli mercé per Iesù Cristo che fu posto in croce. Il quale Giovanni compunto da Dio, ebbe pietà e misericordia del nemico, e perdonogli, e menollo a offerere nella chiesa di Santo Miniato dinanzi al Crocifisso. Della quale misericordia Iddio mostrò aperto miracolo, che veggente tutti il Crocifisso si chinò al detto Giovanni Gualberti, e allui fece grazia di lasciare il secolo e convertirsi a religione, e fecesi monaco nella detta chiesa di Santo Miniato. Ma poi trovando l'abate simoniaco e peccatore, se n'andò come eremita nell'alpe di Valembrosa, e quivi gli crebbe la grazia d'Iddio e la sua santità, che, come piacque adDio, fu il primo cominciatore di quella badia e santo ordine, onde poi molte badie sono scese in Toscana e in Lombardia, e molti santi monaci. E egli vivendo, e poi, fece molti miracoli, come racconta la sua leggenda, e fu molto tenuto chiaro di fede e di vita da papa Stefano ottavo, e poi da papa Gregorio settimo; e passò di questa vita alla badia di Pasignano gli anni di Cristo MLXXIII, e dal detto papa Gregorio fu poi con grande divozione calonizzato.

 

XVIII

 

 

Innarrazione di più cose che furono a questi tempi.

 

In questi tempi, gli anni di Cristo MLXX, passò in Italia Ruberto Guiscardo duca de' Normandi, il quale per sua prodezza e senno fece grandi cose, e operò in servigio di santa Chiesa contro ad Arrigo terzo imperadore chella perseguitava, e contro Allessio imperadore, e contro a' Viniziani, come appresso faremo menzione; per la qual cosa egli fu fatto signore di Cicilia e di Puglia colla confermagione di santa Chiesa, e gli suoi discendenti appresso infino al tempo d'Arrigo di Soavia, padre di Federigo secondo, ne furono re e signori. E simigliante in questi medesimi tempi si fu la valente e savia contessa Mattelda, la quale regnava in Toscana e in Lombardia e quasi di tutto fu donna, e molte grandi cose fece al suo tempo per santa Chiesa, sicché mi pare ragione e chessi convegna dire di loro cominciamento e stato in questo nostro trattato, imperciò che molto si mischia a' fatti della nostra città di Firenze per le successioni che de' loro fatti seguirono in Toscana. E prima diremo di Ruberto Guiscardo e poi della contessa Mattelda, e' loro prencipii e le loro operazioni brievemente, tornando poi a nostra materia e fatti della nostra città di Firenze, i quali per acrescimento e operazioni de' Fiorentini cominciò a moltiplicare e a istendere la fama di Firenze per l'universo mondo, più che non era stato per lo addietro; e imperciò quasi per necessità ne conviene nel nostro trattato [raccontare] più universalmente da quinci innanzi de' papi, e degl'imperadori, e de' re, e di più province del mondo le novità e cose state per gli tempi, imperciò che molto riferiscono alla nostra materia, e perché il sopradetto terzo Arrigo imperadore fu cominciatore dello scandalo dalla Chiesa allo 'mperio, e poi Guelfi e Ghibellini, onde si cominciarono le parti d'imperio e della Chiesa in Italia, le quali crebbono tanto che tutta Italia n'è maculata e quasi tutta Europia, e molto mali, e pericoli, e distruggimenti, e mutazioni ne sono seguitate alla nostra città e a tutto l'universo mondo, sì come innanzi conseguendo nel nostro trattato per li tempi faremo menzione. E cominceremo omai al di sopra d'ogni carta a segnare gli anni Domini seguendo di tempo in tempo ordinatamente, acciò che più apertamente si possano ritrovare le cose passate.

 

XIX

 

 

Di Ruberto Guiscardo e di suoi discendenti i quali furono re di Cicilia e di Puglia.

 

Adunque, come addietro è fatto menzione, nel tempo di Carlo imperadore che detto è Carlo il Grosso, che imperiò negli anni Domini VIIIcLXXX insino in VIIIcLXXXII, i Normanni pagani venuti di Norvea, in Alamagna e in Francia passarono, con guerra strignendo e tormentando i Galli e' Germani. Carlo con potente mano contro a' Normanni venne, e fatta la pace e confermata per matrimonio, ire de' Normanni battezzato, e del sacro fonte dal detto Carlo ricevuto fu; e alla perfine non potendo Carlo i Normanni di Francia cacciare, concedette loro regioni ch'è di là dalla Seccana, chiamata Lada Serna, la qual parte insino a oggi è detta Normandia per gli detti Normandi, nella qual terra infino d'allora il duca per lo re vi sono mutati. Fu dunque il primo duca Ruberto, a cui succedette il figliuolo suo Guiglielmo, il quale generò Ricciardo, e Ricciardo ingenerò il secondo Ricciardo. Questo Ricciardo ingenerò Ricciardo e Ruberto Guiscardo, il quale Ruberto Guiscardo non fu duca di Normandia, ma fratello del duca Ricciardo. Questi secondo l'usanza loro, però che minore figliuolo era, non ebbe la signoria del ducato, e imperò volendo spermentare la sua bontà, povero e bisognoso in Puglia venne, e era in quel tempo duca in Puglia Ruberto nato del paese, al quale Ruberto Guiscardo vegnendo, prima suo scudiere, e poi dallui fatto cavaliere. Adunque venuto Ruberto Guiscardo a questo duca Ruberto, molte vittorie con prodezze contro a' nemici mostrò, il quale aveva guerra col prenze di Salerno, e guidardonato magnificamente tornò in Normandia: le dilizie e le ricchiezze di Puglia recò in fama, ornati i cavagli con freni d'oro e con ferri d'argento ferrati, in testimonio di ciò sì com'era; per la qual cosa provocati a sé più cavalieri, seguendo questa cosa per cuvidigia di ricchezze e di gloria, tornando in Puglia tostamente, seco gli menò, e stette apo il duca di Puglia fedelmente contro a Gottifredi duca de' Normanni; e non lungo tempo poi, Ruberto duca di Puglia vegnendo a la morte, di volontà di suoi baroni nel ducato il fece successore, e come promesso gli avea, la figliuola prese a moglie, gli anni di Cristo MLXXVIII. E poco tempo passato, Alesso imperadore di Gostantinopoli, che Cicilia e parte di Calavra aveva occupata, e' Viniziani vinse, e tutto il regno di Puglia e di Cicilia prese; e avegna che contro alla Chiesa romana questo facesse a cui il regno di Puglia era propia possessione, e la contessa Mattelda era contro a Ruberto Guiscardo, guerra facesse in servigio di santa Chiesa; ma Ruberto riconciliato alla perfine colla Chiesa di sua volontà, fatto ne fu signore. E non molto poscia Gregorio settimo, assediato co' cardinali da Arrigo quarto imperadore nel Castello di Santo Angelo, vegnendo a Roma, e cacciato per forza il detto Arrigo co l'antipapa suo il quale avea fatto per sua forza, dall'asedio il papa e' cardinali diliberò, e il papa nel palagio di Laterano rimise, puniti gravemente i Romani che contro a papa Gregorio favore allo 'mperadore Arrigo e al papa per lui fatto aveano dato. Questo Ruberto Guiscardo duca di Puglia faccendo una volta caccia, seguitando una bestia al profondo d'una selva, e ignorando quello che avenisse di lui e compagni, e dov'egli fosse e che facesse non potendolo sapere, veggendo adunque Ruberto appressata la notte, abbandonata la bestia che seguitava, a casa procacciava reddire; e tornando, trovò nella selva uno lebbroso che stantemente aiuto gli domandava; e quando alcuna cosa gli dicesse, rispuose al lebbroso che non faccea assé utile penitenzia, ma egli vorrebbe innanzi portare ogni incarico e ogni gravamento; e domandando al lebbroso che volesse, disse: Voglio che dopo voi mi pognate a cavallo; acciò che forse abbandonato nella selva, le bestie nollo divorassono. Allora Ruberto dopo sé nel cavallo lietamente il ricevette; e come cavalcando procedessero, a cotal conte così il lebbroso disse: Tanto freddo aghiaccia le mie mani, che se nelle tue carni nolle riscaldo a cavallo non mi potrò tenere. Allora quegli al lebbroso concedette che sicuramente sotto i suoi panni le mani ponesse, e le carni sue e le membra contentasse sanza nulla paura. E terza volta il lebbroso ancora per misericordia richeggendolo, in sella il puose, e egli venendo in groppa, il lebbroso abracciava, e insino alla sua propia camera il menava, e nel suo propio letto il puose; e acciò che si riposasse, diligentemente il collogò, non sentendolo alcuno della sua famiglia. E come la festa della cena fatta fosse, detto alla moglie che nel letto suo avea allogato il lebbroso, la moglie incontanente alla camera andò, a sapere se quello povero infermo volesse cenare; la camera sanza libamina trovò tanto odorifera, come se di tutte le cose odorifere fosse piena, sì fattamente che mai Ruberto né la moglie tanto odore mai non sentirono, elebbroso cerco che venuto v'era, non conobbero, maravigliandosi oltre misura il marito e la moglie di tanta maraviglia; ma con reverenzia e con tremore Iddio l'uno e l'altro addimandano che debbia loro rivelare che ciò sia. E il seguente dì per visione apparve Cristo a Ruberto dicendo che sé in forma di lebbroso gli s'era mostrato, acciò che provasse la sua pietà; e anunziogli che della sua moglie avrebbe figliuoli, de' quali l'uno imperadore, l'altro re, il terzo duca sarebbe. Di questa promessione confortato Ruberto, abattuti i rubelli di Puglia e di Cicilia, di tutto aquistò la signoria, e ebbe V figliuoli: Guiglielmo, che prese per moglie la figliuola d'Alesso imperadore de' Greci, e fu dello 'mperio di colui duca e possessore, ma morì sanza figliuoli (questi si dice che fu Guiglielmo il quale fu detto Lungaspada; ma questo Lungaspada molti dicono che non fu del legnaggio di Ruberto Guiscardo, ma della schiatta de' marchesi di Monteferrato); e 'l secondo figliuolo di Ruberto Guiscardo, Boagdinos, che fu in prima duca di Taranto; il terzo fu Ruggieri duca di Puglia, che dopo la morte del padre fu coronato re di Cicilia da papa Onorio secondo; il quarto figliuolo di Ruberto Guiscardo fu Arrigo duca de' Normandi; il quinto figliuolo Ricciardo conte Cicerat, credo della Terra. Questo Ruberto Guiscardo dopo molte e nobili cose in Puglia fatte, per cagione di divozione dispuose di volere andare in Gerusalem in peregrinaggio; e detto gli fu in visione che morrebbe in Gerusalem. Dunque acomandato il regno a Ruggieri suo figliuolo, prese per mare il viaggio verso Gerusalem, e pervenendo in Grecia al porto che si chiamò poi Porto Guiscardo per lui, cominciò ad agravare di malatia; e confidandosi nella rivelazione che fatta gli fu, in niuno modo temea di morire. E era incontro al detto porto una isola, alla quale per cagione di ripigliare forza e riposo si fece portare, e portatolo, là non migliorava, ma quasi forte agravava. Allora domandò come si chiamava quella isola; e risposto gli fu per gli marinai che per l'antica Gerusalem si chiama. La qual cosa udita, incontanente certificato della sua morte, divotamente tutte le cose che alla salute dell'anima s'appartengono acconciò, e morì grazioso adDio, negli anni di Cristo MCX; il quale regnò in Puglia XXXIII anni. Queste cose di Ruberto Guiscardo in alcuna cronica parte se ne leggono, e parte a coloro n'udì narrare i quali le storie del regno di Puglia pienamente seppono.

 

XX

 

 

De' successori di Ruberto Guiscardo che furono re di Cicilia e di Puglia.

 

Apresso, Ruggieri figliuolo del duca Ruberto Guiscardo generò l'altro Ruggieri; e questo Ruggieri dopo la morte del padre fatto re di Cicilia, generò Guiglielmo e Costanzia sua serocchia. Questo Guiglielmo onoratamente e magnamente il regno di Cicilia possedette, e ebbe per moglie la figliuola del re di Inghilterra, e di lei nonn-avendone né figliuolo né figliuola, e con ciò sia cosa che morto Ruggieri il padre, adempiuta già la signoria del regno di Guiglielmo, alcuna profezia divolgata fu che Costanzia sua serocchia in distruzione e ruina reggerebbe il reame di Cicilia; onde il re Guiglielmo chiamati gli amici e' savi suoi, adomandò consiglio di quello che avesse affare della serocchia sua Costanzia; e fu consigliato dalla maggiore parte di coloro che se volesse chella signoria reale fosse sicura, chella facesse morire. Ma intra gli altri uno ch'avea nome Tancredi duca di Taranto, il quale era stato nipote di Ruberto Guiscardo della serocchia chessi crede che fosse moglie di Bagnamonte principe d'Antioccia, questi contradicendo il detto degli altri, umiliò il re Guiglielmo che innocentemente non facesse morire la donna; e così fu fatto chella detta Costanzia fosse riservata da morte; la quale non voluntariamente, ma per temenza di morte, quasi come monaca si nutricava in alcuno munistero di monache. Morto Guiglielmo, Tancredi sopradetto succedette a Guiglielmo nel regno, e recatolo assé sanza volontà della Chiesa di Roma, alla quale la ragione di quello regno e la propietà pertenea. Questo Tancredi, di natural senno amaestrato, fu molto pieno di scienzia, e ebbe una moglie più bella chella Sibilla, donna sanza urba secondo l'oppinione di molti, della quale generò due figliuoli e tre figliuole: il primo fu chiamato Ruggieri, il quale vivendo il padre fu fatto re, e morissi; il secondo fu Guiglielmo il giovane, il quale vivendo il padre fu fatto re, e morto il padre alquanto tenne il regno. Intra queste cose vivendo Tancredi e regnando, Costanzia serocchia del re Guiglielmo era, già forse d'età di L anni, del corpo non della mente monaca nella città di Palermo. Nata adunque discordia intra re Tancredi e l'arcivescovo di Palermo, forse per questa cagione che Tancredi le ragioni della Chiesa occupava, pensò adunque l'arcivescovo come il regno di Cicilia potesse trasmutare ad altro signore, e trattò segretamente col papa che Gostanzia si maritasse ad Arrigo duca di Soavia figliuolo di Federigo maggiore; e Arrigo presa per moglie, a cui il regno parea ch'apartenesse di ragione, imperadore fu coronato da papa Cilestrino. Questo Arrigo, morto Tancredi, entrò nel regno di Puglia e molti punì di quegli che con Tancredi s'erano tenuti, e che favore gli aveano dato, e che alla reina Costanzia aveano portata ingiuria, e vergogna aveano fatta contro a la nobilità del suo onore. Questa Costanzia fu madre di Federigo secondo, il quale del romano imperio non nudritore, ma più tosto Federigo che a distruzione il recò, siccome pienamente ne' suoi fatti aparirà. Morto adunque Tancredi, il regno rimase al suo figliuolo Guiglielmo, giovane d'età e di senno; ma Arrigo entrato nel regno col suo esercito gli anni di Cristo MCLXXXXVII, pace non vera col giovane re Guiglielmo prese d'avere, e lui frodolentemente pigliando e occultamente, pochi sentendolo, in Soavia colla serocchia inn-iscacciamento mandò, e privatolo degli occhi, ivi infino alla morte il fece sotto guardia guardare. Con questo Guiglielmo figliuolo di Tancredi furono tre serocchie, cioè Alberia, Costanzia, e Madama. Morto Arrigo imperadore, e Guiglielmo il giovane castrato e tratti gli occhi morto, Filippo duca di Soavia queste tre figliuole di Tancredi re, a preghiere della moglie che fu figliuola dello 'mperadore Manovello di Costantinopoli, e liberatele dello esilio e della carcere, le lasciò andare. E Alberia, overo Aceria, tre mariti ebbe. Il primo fu conte Gualtieri di Brenna fratello del re Giovanni, del quale nacque Gualterano conte d'Ioperi, a cui il re di Cipri diede la figliuola per moglie; morto il conte Gualtieri dal conte Tribaldo Tedesco, Albira si fece a moglie il conte Iacopo di Tricario, del quale ebbe il conte Simone e madonna Adalitta; e costui morto, papa Onorio Albira per moglie diede al conte Tigrimo Palatino conte in Toscana, e per dote gli diede il contado di Letia e di Montescaglioso nel regno di Puglia. Ma Costanzia fu moglie di Marchesono duca de' Viniziani. La terza serocchia che Madama ebbe nome marito non ebbe. Queste furono cose de' successori di Ruberto Guiscardo nel regno di Cicilia e di Puglia infino a Gostanzia madre di Federigo imperadore figliuolo del re Arrigo; e così mostra che signoreggiassono il regno di Cicilia e di Puglia Ruberto Guiscardo e' suoi successori CXX anni. Lasceremo de' re di Cicilia e di Puglia, e diremo chi fu la valente contessa Mattelda.

 

XXI

 

 

Della contessa Mattelda.

 

La madre della contessa Mattelda è detto che fu figliuola d'uno che regnò in Costantinopoli imperadore, nella cui corte fu uno Italiano di nobili costumi e di grande lignaggio e liberale, e amaestrato nell'armi, destro e dotato di tutti doni, sì come quegli in cui ilegnaggio chiaramente suole militare. Per tutte queste cose era a tutti amabile, e grazioso in costumi. Cominciando a guardare la figliuola dello 'mperadore, occultamente di matrimonio si congiunse, e prese i gioelli e la pecunia che poterono avere, e collui in Italia si fuggì, e prima pervennono nel vescovado di Reggio in Lombardia, e di questa donna e del marito nacque la valente contessa Mattelda; ma il padre della detta donna, cioè lo 'mperadore di Costantinopoli, che non avea altra figliuola, assai fece cercare come la potesse trovare, e trovata fu da coloro chella cercavano nel detto luogo; e richiesta dalloro che tornasse al padre chella rimariterebbe a qualunque principe volesse, rispuose costui sopra tutti avere eletto, e che impossibile sarebbe che abandonato costui, mai con altro uomo sì congiugnesse. E nunziate queste cose allo 'mperadore, mandò incontanente lettere e confermamento del matrimonio, e pecunia sanza novero, e comandò chessi comperasse castella e ville per cheunque pregio si potessono trovare, e nuove edificazioni fare. E comperarono nel detto luogo tre castella, cioè, insieme, molto presso, per la quale pressezza Reggio quelle Tre Castella volgarmente chiama. E non molto di lungi da' detti tre castelli la donna edificare fece una rocca nel monte da non potere essere combattuta, la qual si chiamava Canossa, ove poi la contessa fondò uno nobile munistero di monache e dotollo. Questo ne' monti; ma nel piano fece Guastalla e Suzzariani, e lungo il fiume del Po comperò, e più munisteri edificò, e più nobili ponti fece sopra i fiumi di Lombardia. E anche Carfagnana e la maggiore parte del Frignano, e nel vescovado modonese si dice che furono le sue possessioni, e nel bolognese Orzellata e Medicina, grandi ville e spaziose, di suo patrimonio furono, e molte altre n'ebbe in Lombardia; e in Toscana castella fece e la torre a Polugiano pertinenti alla sua signoria; e molti nobili uomini largamente datò; loro sotto fio vassalli si fece; in diversi luoghi molti munisteri e edificò; molte chiese cattedrali e non cattedrali dotò. E alla perfine morto il padre e la madre della contessa Mattelda, e ella rimasa ereda, si diliberò di maritare; e inteso la fama e la persona e l'altre cose d'uno nato di Soavia che avea nome Gulfo, solenni messi mandò allui e legittimi procuratori, che intrallui e lei, avegna che non fossono presenti, i patti del matrimonio confermassono, e ratificassono il luogo ove si doveano fare le nozze; l'anello si diede al castello nobile de' conti Cinensi, avegna che oggi sia distrutto. E vegnendo Gulfo al detto castello, la contessa Mattelda con molta cavalleria gli andò incontro, e con molta letizia ivi sono le feste delle nozze fatte. Ma tosto la trestizia succedette a quella allegrezza, quando il contratto matrimonio non annodato si manifestò per lo mancamento dello ingenerare, il quale spezialmente è detto d'essere la volontà del matrimonio, però che Gulfo la moglie carnalmente non potea conoscere né altra femmina per friggidità naturale, o per altro impedimento perpetuo impedito; ma impertanto volendo ricoprire la sua vergogna, diceva a la moglie che questo gli aveniva per malie che fatte gli erano per alcuno che invidiava gli suoi felici avenimenti. Ma la contessa Mattelda piena di fede dinanzi di Dio e dinanzi dagli uomini magnanimi, di questi malificii nulla intendendo, schernita sé per lo marito tenendo, la camera sua e tutti gli ornamenti e letti e vestimenti e tutte cose comandò chessi votassero, e la mensa nuda fece apparecchiare, e chiamato Gulfo suo marito tutto spogliata di vestimenti, e' crini del capo diligentemente scrinati, questa disse: Niune malie essere possono, meni e usa il nostro congiuramento. E quegli non potendo, allora gli disse la contessa: Alle nostre grandezze tu presummisti di fare inganno; per lo nostro onore a te perdonanza concediamo, ma comandianti sanza dimoranza chetti debbi partire, e alle tue propie case ritornare; la qual cosa se di fare ti starai, sanza pericolo di morte non puoi scampare; e egli spaventato di paura, confessata la verità, avacciò il suo ritorno in Soavia. La contessa adunque tacendo, temendo lo 'nganno, e gli altri incarichi del matrimonio avendo in odio, la sua vita infino a la morte in castità trasportò; e attendendo ad opere di pietà, molte chiese e monisteri e spedali edificò e dotò; e due volte con grande oste in servigio della Chiesa e in suo soccorso potentemente venne, l'una volta contro a Normandi che 'l ducato di Puglia violentemente alla Chiesa aveano tolto, e i confini di Campagna guastavano, i quali la contessa Mattelda divota figliuola di san Piero con Gottifredi duca di Spuleto cacciò infino ad Aquino al tempo d'Allessandro papa secondo di Roma; l'altra volta contra ad Arrigo terzo di Baviera imperadore combattéo e vinselo; e poi altra volta contra ad Arrigo quarto suo figliuolo combattéo per la Chiesa in Lombardia e vinselo al tempo di papa Calisto secondo. E questa fece testamento, e tutto il suo patrimonio sopra l'altare di San Piero offerse, e la Chiesa di Roma ne fece erede; e non molto appresso morì in Dio, e sepulta è nella chiesa di Pisa, la quale magnamente avea dotata. Morta la contessa nell'anno della Natività di Cristo MCXV. Lascereno della contessa Mattelda, e torneremo adietro a seguire la storia d'Arrigo terzo di Baviera imperadore.

 

XXII

 

 

Ancora come Arrigo terzo di Baviera ricominciò guerra contra la Chiesa.

 

Il detto imperadore Arrigo fu molto savio e malizioso. Per meglio signoreggiare Roma, in tutta Italia sì mise parte e disensione nella Chiesa, tegnendo setta contro al papa con certi cardinali e altri cherici; e a sua petizione uno grande Romano chiamato..., figliuolo di Celso, prese il papa la notte di Natale, quando cantava la prima messa in Santa Maria Maggiore, e miselo in pregione in una sua torre; ma il popolo di Roma quella medesima notte il liberarono, e disfeciono la detta torre, e cacciarono di Roma il detto figliuolo di Celso, però che 'l detto Gregorio papa era uomo di santa vita. Per la quale cosa il detto papa Gregorio settimo in concilio di CX vescovi scomunicò il detto Arrigo imperadore che volea rompere l'unione di santa Chiesa; ma poi vegnendo il detto imperadore in Lombardia alla misericordia del detto papa per molti dì a piedi scalzo in su la neve e in su il ghiaccio, appena gli fu perdonato, ma però non fu mai amico della Chiesa, ma sempre la ditraeva e occupava, e dava le 'nvestiture delle chiese contro al volere del papa. Per la qual cosa, stando egli in Italia, gli elettori della Magna elessono re de' Romani Ridolfo duca di Sassogna, e per aventura il papa ne fu consenziente; onde Arrigo imperadore richiese il detto papa Gregorio che scomunicasse i detti elettori per la detta elezione. Il detto papa nol volle fare, se prima non intendesse a ragione; per la qual cosa Arrigo isdegnato se n'andò in Alamagna, e battaglia fece col detto Ridolfo e vinselo, e poi tornò in Lombardia. E nella città di Brescia raunata la sua corte con XXIIII vescovi e altri prelati che 'l seguivano e erano ribelli del papa, si fece processo contro al detto papa Gregorio come allui piacque, più che con ragione. E per quello processo dispuosono il detto papa, e anullò e cassò tutte le sue operazioni, e fece eleggere un altro papa che avea nome Silibero arcivescovo di Ravenna, e fecelo chiamare papa Chimento, e col detto papa venne a Roma, e là il fece consegrare al vescovo di Bologna e a quello di Modona e a quello di Cervia, faccendolo adorare e fare grande reverenzia, e dallui si fece ricoronare dello imperio; e perciò il primo e il diritto papa Gregorio co' suoi cardinali scomunicato da capo il detto Arrigo e privatolo dello imperio, siccome persecutore della Chiesa, asolvette tutti i suoi baroni di fio e di saramento; per la qual cosa il detto Arrigo assediò il detto papa co' suoi cardinali col favore de' Romani in Castello Santo Angelo, il quale mandato per soccorso in Puglia al buono Ruberto Guiscardo, il quale incontanente venne a Roma con grande oste, e il detto Arrigo col suo papa per tema di Ruberto si partirono dallo assedio, e guastarono per battaglie e arsono la città Leonina, cioè dal lato di San Piero di qua dal Tevero, e infino in Campidoglio; e non potendo resistere alla forza del detto Ruberto Guiscardo e di sua gente, fuggissi col detto suo papa alla città di Siena; e poi il detto Ruberto liberato papa Gregorio e i cardinali, gli mise in sedia e in signoria nel palazzo di Laterano, e molti Romani che furono colpevoli delle dette cose punì gravemente in avere e in persona. E poi il detto papa Gregorio se n'andò nel Regno col detto Ruberto Guiscardo, e morì nella città di Salerno santamente, faccendo Idio assai miracoli per lui. E appresso lui fu fatto papa Vittorio, il quale non vivette più che XVI mesi, e fu avelenato; e poi fu eletto papa Urbano secondo negli anni di Cristo MLXXXXVIIII.

 

XXIII

 

 

Come il detto Arrigo imperadore assediò la città di Firenze.

 

Negli anni di Cristo MLXXX, tornando il sopradetto Arrigo imperadore da Siena per andarsene in Lombardia, trovando che' Fiorentini teneano la parte della Chiesa e del detto papa Gregorio, e non voleano obbedire né aprire le porte al detto imperadore per le sue ree opere, sì si puose ad oste alla città di Firenze dalla parte ove oggi si chiama Cafaggio, e dov'è oggi la chiesa de' Servi Sante Marie infino a l'Arno, e fece gran guasto a la detta città; e statovi più tempo, e date molte battaglie alla terra, e tutto adoperato invano, imperciò chella città era fortissima, e' cittadini bene in concordia e in comune, assalito il suo campo dalloro, se ne levò a modo di sconfitta, e lasciò tutto il suo campo e arnesi; e ciò fu nel detto anno a dì XXI di luglio. E per lo detto imperadore Arrigo si cominciò a dividere tutta Italia in parte di Chiesa e d'imperio; e partito il detto Arrigo di Toscana, si tornò in Lombardia, e di là ebbe grande guerra colla contessa Mattelda, la quale era divota figliuola di santa Chiesa, e ebbe battaglie collui e sconfisselo in campo, e poi lui mal capitato in Lombardia, se n'andò in Alamagna, e poi morì in pregione scomunicato, ove il mise il figliuolo suo medesimo chiamato Arrigo quarto.

 

XXIV

 

 

Come in questi tempi fu il gran passaggio oltremare.

 

Negli anni di Cristo MLXXXVIIII, essendo papa Urbano secondo, i Saracini di Soria presono la città di Gerusalem, e uccisono molti Cristiani, e molti ne menarono per ischiavi; per la qual cosa il detto papa Urbano fatto concilio generale prima a Chieramonte in Avernia, e poi al Torso in Torena alla sommossa di Piero romito, santa persona, tornato lui di Gerusalem colle dette novelle. E in questo tempo apparve in cielo la stella comata, la quale, secondo che dicono i savi astrolagi, significa gran cose e mutazioni di regni. E certo così seguì poco apresso, che per la presura di Gerusalem quasi tutto il ponente si sommosse a prendere la croce per andare al passaggio d'oltremare, e andovvi innumerabile popolo a cavallo e a piede, più di CCm d'uomini del reame di Francia, e della Magna, e di Proenza, e di Spagna, e di Lombardia, e di Toscana, e della nostra città di Firenze, e di Puglia, intra' quali furono questi signori principi: Gottifredi di Buglione duca del Loreno (questi fu capitano generale, e fu valente uomo e di gran senno e valore); Ugo fratello del re Filippo primo di Francia; Baldovino e Guistasso frategli del detto Gottifredi di Buglione; Anselmo conte deRibuamonte, Ruberto conte di Fiandra; Stefano conte di Brois; Rinieri conte di San Gilio; Buiamonte duca di Puglia, e più altri signori e baroni; e passarono per mare, ma i più per terra per la via di Gostantinopoli con molto affanno. E prima presono la città d'Antioccia, e poi più altre in Soria, e Ierusalem, e tutte le città e castella della Terrasanta, e più battaglie ebbono co' Saracini, delle quali bene aventurosamente ebbono vittoria i Cristiani. E 'l detto Gottifredi fu re di Ierusalem, ma per sua umiltà, perché Cristo v'ebbe corona di spine, non volle in suo capo corona d'oro. Ma chi a pieno queste storie vorrà sapere legga ilibro del detto passaggio, ove sono distinte ordinatamente. E in questo tempo fatto il conquisto intorno gli anni di Cristo MCXX, si cominciarono le magioni del tempio e dello spedale di Ierusalem.

 

XXV

 

 

Come i Fiorentini cominciarono a crescere il loro contado.

 

Negli anni di Cristo MCVII, essendo la nostra città di Firenze molto montata e cresciuta di popolo, di genti, e di podere, ordinarono i Fiorentini di distendere il loro contado di fuori, e allargare la loro signoria, e qualunque castello o fortezza non gli ubbidisse, di fargli guerra. E nel detto anno prima presero per forza Monte Orlandi ch'era di sopra da Gangalandi e certi cattani il teneano, i quali non volendo ubbidire alla città di Firenze furono distrutti, e il castello disfatto e abattuto.

 

XXVI

 

 

Come i Fiorentini vinsono e disfeciono il castello di Prato.

 

E nel detto tempo e anno medesimo i Pratesi si rubellarono contra a' Fiorentini, onde i Fiorentini v'andarono ad oste per comune, e per assedio il vinsono e disfeciollo. Ma in quegli tempi Prato era di picciolo sito e podere, che di pochi tempi dinanzi s'erano levati d'uno poggio, ch'è tra Prato e Pistoia presso a Montemurlo, chessi chiamava Chiavello, ove in prima abitavano com'uno casale e villate, e erano fedeli de' conti Guidi, e per loro danari si ricomperarono, e puosonsi in quello luogo ov'è oggi la terra di Prato, per essere in luogo franco da signori; e Prato gli puosono nome, però che dove è oggi la terra avea allora uno bello prato il quale comperarono, e ivi si puosono ad abitare.

 

XXVII

 

 

Come fu eletto imperadore Arrigo quarto di Baviera, e come perseguitò la Chiesa.

 

Nel detto anno MCVII fu eletto per gli prencipi elettori della Magna il re de' Romani Arrigo IIII di Baviera figliuolo del sopradetto Arrigo terzo, e regnò anni XV; e se 'l padre fu nimico di santa Chiesa, come detto avemo, sì fu questo Arrigo maggiormente, che negli anni di Cristo MCX passando in Italia per venire a Roma per la corona, sì mandò suoi ambasciadori a lettere a papa Pasquale che allora regnava nel papato, e a' suoi cardinali, ch'egli volea essere amico e fedele di santa Chiesa, e volea rifiutare e restituire al papa tutte le 'nvestiture de' vescovi e abati e altri cherici, le quali il padre od altri suoi anticessori aveano tolti alla Chiesa. Ciò era che in Alamagna e in Italia in più parti si metteano e confermavano i vescovadi e gli altri prelati cui e come loro piacea; onde erano nate le discordie tra gl'imperadori e la Chiesa. E queste cose fare, promettea di confermare per suo saramento e de' suoi baroni; per la qual cosa il detto papa Pasquale il confermò a essere imperadore. E lui vegnendo a Roma per la via che viene di verso Montemalo, tutto il chericato col popolo di Roma gli si fece incontro, con grande processione e triunfo; e 'l detto papa e' suoi cardinali parati l'attendeano in su i gradi dinanzi a la chiesa di San Piero; e giunto il detto Arrigo, per reverenzia basciò il piè al papa, e poi il papa il basciò in bocca in segno di pace e d'amore in su la porta detta Argentea, e insieme a mano a mano entrando in San Piero, e giunti in su la porta chiamata Profica, il detto papa domandò al detto Arrigo il saramento il quale gli avea promesso, di rendere le 'nvestiture de' vescovi e prelati. Onde fatta il papa la detta richesta, il detto Arrigo consigliatosi alquanto in disparte co' suoi baroni, subitamente a la sua gente d'arme fece pigliare il detto papa e' cardinali, e col favore de' malvagi Romani, sì come il tradimento era ordinato, gli fece mettere in pregione; e simigliantemente avea in Alamagna guerreggiato molto col padre Arrigo terzo, e vintolo in battaglia, e messolo in pregione nella città di Legge, e ivi fattolo morire. Poi stato il detto papa Pasquale e' suoi cardinali alquanto in pregione, sì fu accordo dallui al detto Arrigo; e trattolo di pregione, e non potendo fare altro, lasciò ad Arrigo le 'nvestiture, e giurò egli e' suoi cardinali di non iscomunicarlo per offese ch'avesse loro fatte, e comunicossi il papa collui del corpo di Cristo per più fermezza di pace, e sì 'l coronò imperadore di fuori dalla città di Roma. E dapoi che 'l detto papa fu preso, si levarono tre papi contra lui, non degnamente, in diversi tempi: l'uno ebbe nome Alberto, l'altro Agnulfo, e l'altro Teodorico; ma ciascuno regnò poco, e ebbono piccolo podere contra il detto papa Pasquale. Ma morto Pasquale, fu per gli cardinali eletto papa Gelasio; ma per cagione che 'l detto Arrigo non sentì la detta lezione, né vi fu presente, sì si fece uno suo papa uno Spagnuolo chiamato Bordino; per la qual cosa il detto papa Gelasio co' suoi cardinali per paura d'Arrigo si fuggirono a Gaeta ond'egli era nato, e poi si misono per mare infino in Proenza, e andarne in Francia per aiuto al re di Francia; ma in quello viaggio morìo il detto papa a la città d'Amiaco, e lui morto, per gli cardinali fue fatto di concordia papa Calisto secondo di Borgogna, il quale papa Calisto iscomunicò il detto Arrigo imperadore e suoi seguaci, sì come persecutore di santa Chiesa, e tornando verso Roma per Proenza e per Lombardia e per Toscana, da tutti fu ricevuto sì come degno papa, e fattogli grande reverenza. Sentendo la sua venuta Bordino, il papa ch'avea fatto Arrigo imperadore, per paura si fuggì di Roma a Sutri; ma per gli Romani fu in Sutri assediato e preso, e menato a Roma in diligione in su uno cammello col viso volto addietro a la groppa, e legatagli in mano la coda del cammello, e misollo in pregione nella rocca di Fummone in Campagna, e ivi morìo.

 

XXVIII

 

 

Come a la fine il detto Arrigo quarto imperadore tornò all'obedienza di santa Chiesa.

 

Il sopradetto imperadore Arrigo fatta molta guerra a la Chiesa, e stato ancora vinto in battaglia in Lombardia da l'antidetta contessa Mattelda come fu il padre, si tornò a coscienza, e al detto papa Calisto rassegnò tutte le 'nvestiture de' vescovi e arcivescovi e abati per anella e pasturali, e rifiutonne ogni ragione e usanza ch'egli o suoi antichi n'avessero presa dalla Chiesa, e ristituìo il Patrimonio di San Piero e ogni possessione ch'egli o sua gente aveano prese o vendute della Chiesa o delle chiese, per cagione della guerra avuta colla detta Chiesa, e con papa Pasquale, e co gli altri; onde il detto papa Calisto fece pace collui e ricomunicollo; ma poco vivettono appresso lo 'mperadore e 'l detto papa, e dicesi per le genti che per cagione che 'l detto Arrigo s'era male portato del padre, che per giusto giudicio morìo sanza niuna reda né figliuolo, né maschio né femmina, gli anni di Cristo MCXXV; e succedette allui Lottieri di Sassogna; e in lui finiro gl'imperadori della casa di Baviera, che IIII Arrighi aveano tenuto lo 'mperio l'uno appresso l'altro, e suti li tre molto contrarii a santa Chiesa. Lasceremo ora alquanto degl'imperadori e papa, e torneremo a nostra materia de' fatti di Firenze, ch'assai cominciaro affare i Fiorentini delle novità e guerre a' loro vicini per accrescere loro stato.

 

XXIX

 

 

Come i Fiorentini isconfissero il vicario d'Arrigo quarto imperadore.

 

Negli anni di Cristo MCXIII i Fiorentini feciono oste a Montecasciolo, il quale facea guerra alla città, e avealo rubellato messere Ruberto Tedesco, vicario dello 'mperadore Arrigo in Toscana, e stava con sue masnade in Samminiato del Tedesco; e però era Samminiato sopranomato del Tedesco, però che' vicari degl'imperadori ch'erano co le loro masnade de' Tedeschi stavano nella detta terra a guerreggiare le città e castella di Toscana che non ubbidissero gl'imperadori; il quale messere Ruberto fu da' Fiorentini sconfitto e morto, e 'l castello preso e disfatto.

 

XXX

 

 

Come nella città di Firenze per due volte s'apprese il fuoco, onde arse quasi gran parte della città.

 

Negli anni di Cristo MCXV, del mese di maggio, s'apprese il fuoco in borgo Santo Appostolo, e fu sì grande e impetuoso che buona parte della città arse con grande danno de' Fiorentini. E in quello anno medesimo morì la buona contessa Mattelda. E l'anno appresso del MCXVII anche si prese il fuoco in Firenze, e buonamente ciò che non fu arso al primo fuoco arse al secondo, onde i Fiorentini ebbono grande pestilenzia, e non sanza cagione e giudicio di Dio; imperciò chella città era malamente corrotta di resia, intra l'altre della setta degli epicuri per vizio di lussuria e di gola, e era sì grande parte che intra' cittadini si combatteva per la fede con armata mano in più parti di Firenze, e durò questa maladizione in Firenze molto tempo infino alla venuta delle sante religioni di santo Francesco e di santo Domenico, le quali religioni per gli loro santi frati, commesso loro l'oficio della eretica pravità per lo papa, molto la stirparo in Firenze, e in Milano, e in più altre città di Toscana e di Lombardia al tempo del beato Pietro martiro, che da' paterini in Milano fu martirizzato, e poi per gli altri inquisitori. E per l'arsione de' detti fuochi in Firenze arsono molti libri e croniche che più pienamente facieno memoria delle cose passate della nostra città di Firenze, sicché poche ne rimasono; per la qual cosa a noi è convenuto ritrovarle in altre croniche autentiche di diverse città e paesi, quelle di che in questo trattato è fatto menzione in gran parte.

 

XXXI

 

 

Come i Pisani presono Maiolica, e' Fiorentini guardarono la città di Pisa.

 

Negli anni di Cristo MCXVII i Pisani feciono una grande armata di galee e di navi, e andarono sopra l'isola di Maiolica chella teneano i Saracini; e come fu partita la detta armata di Pisa e già raunata insieme sopra Vada per fare loro viaggio, i Lucchesi per comune vennero a oste sopra Pisa per prendere la terra. I Pisani avendo la novella, per paura che' Lucchesi non occupassono la terra, non ardivano d'andare innanzi col loro stuolo, e ritrarresi della 'mpresa non pareva loro onore al grande spendio e apparecchiamento ch'aveano fatto; presono per consiglio di mandare loro ambasciadori a' Fiorentini, i quali erano in quegli tempi molto amici i detti Comuni, e pregaro che piacesse loro di guardare loro la cittade, confidandosi di loro come di loro intimi amici e cari fratelli. Per la qual cosa i Fiorentini accettarono di servirgli, e di fare loro guardare la città da' Lucchesi e da tutta gente; per la qual cosa il Comune di Firenze vi mandò gente d'arme assai a cavallo e appiede, e puosonsi ad oste di fuori da la città a due miglia, e per onestà delle loro donne non vollono entrare in Pisa, e mandaro bando che nullo non entrasse nella città sotto pena della persona: uno v'entrò, sì fu condannato a impiccare. I Pisani vecchi ch'erano rimasi in Pisa, pregando i Fiorentini che per loro amore gli dovessero perdonare; nollo vollono fare. E i Pisani contradissero, e pregaro che almeno in su il loro terreno nol facessono morire, onde segretamente i Fiorentini dell'oste feciono a nome del Comune di Firenze comperare uno campo di terra da uno villano, e in su quello rizzarono le forche, feciono la giustizia per mantenere il loro decreto. E tornata l'oste de' Pisani dal conquisto di Maiolica, rendero molte grazie a' Fiorentini, e domandaro quale segnale del conquisto volessono, o le porte del metallo, o due colonne del profferito ch'aveano recate e tratte di Maiolica. I Fiorentini chiesono le colonne, e' Pisani le mandaro in Firenze coperte di scarlatto; e per alcuno si disse che innanzi che le mandassero per invidia le feciono affocare; e le dette colonne sono quelle che sono diritte dinanzi a San Giovanni.

 

XXXII

 

 

Come i Fiorentini presero e disfecero la rocca di Fiesole.

 

Negli anni di Cristo MCXXV i Fiorentini puosono oste a la rocca di Fiesole, che ancora era in piede e molto forte, e tenealla certi gentili uomini cattani stati della città di Fiesole, e dentro vi si riduceano masnadieri e sbanditi e mala gente che alcuna volta faceano danno alle strade e al contado di Firenze, e tanto vi stettero all'assedio che per difalta di vittuaglia s'arendéo, che per forza mai non s'arebbe avuta, e feciolla tutta abbattere e disfare infino alle fondamenta, e feciono decreto che mai in su Fiesole non s'osasse rifare niuna fortezza.

 

XXXIII

 

 

Ove si pigliano le misure delle miglia del contado di Firenze.

 

La misura delle miglia del contado di Firenze si prendono ed è loro termine de le V sestora che sono di qua da l'Arno a la chiesa, overo Duomo, di Santo Giovanni; e del contado di là dal fiume d'Arno si prendono alla coscia del ponte Vecchio di qua da l'Arno dal piliere dov'è la figura di Mars. E questa fue l'antica consuetudine de' Fiorentini; e il migliaio si fu mille passini, che ogni passino si è tre braccia a la nostra misura.

 

XXXIV

 

 

Come Ruggieri duca di Puglia ebbe guerra co la Chiesa e poi si riconciliò col papa, e come poi furono in Roma due papi a uno tempo.

 

In questi tempi, gli anni di Cristo MCXXV, regnando papa Onorio secondo, nato di Bologna, i baroni di Puglia quasi si rubellarono da Ruggieri duca di Puglia e figliuolo di Ruberto Guiscardo, e con lusinghe il detto papa condussono infino a Aquino per fare torre il regno a Ruggieri; ma Ruggieri co le sue forze sconfisse l'oste del papa con grande dannaggio di sua gente; e ciò fatto, il detto Ruggieri non ne montò in superbia, ma con grande umilità venne al papa e gittoglisi a' piedi chiedendogli misericordia, e il papa gli puose il calcio in sul collo e disse il verso del Saltero che dice: Super aspidem et basaliscum ambulabis, et conculcabis leonem et draconem. E ciò detto, gli perdonò, e fecelo levare, e basciollo in segno di pace. Il quale Ruggieri mostrò al detto papa come i suoi baroni falsamente gli aponeano, e com'egli era fedele di santa Chiesa com'era stato il padre; onde il papa lui confermò il regno, e coronollo del reame di Cicilia, e grande vendetta fece de' suoi ribelli. Poi morto il detto papa Onorio, fu eletto papa Innocenzio secondo gli anni di Cristo MCXXX. Questi fue Romano, e regnò papa XIII anni; ma alla sua lezione nacque in Roma grande scisma nella Chiesa, imperciò che uno messere Piero ch'era cardinale figliuolo di Pietro Leone possente Romano, per forza si fece fare papa e chiamossi Innacreto, e con sua forza combatté papa Innocenzio e suoi cardinali nelle case degl'Infragnipani di Roma. Quello messere Pietro Leone ispogliò tutte le chiese di Roma d'ogni tesoro sacro per farne moneta, il quale tesoro fue infinito, e con quello corruppe molti Romani contra Innocenzio papa, il quale non possendo stare in Roma per la forza di quello figliuolo di Pietro Leoni, iscomunicatolo, cassò ogni suo ordine; se n'andòe in Francia in su due galee co' suoi cardinali, e da Luis il Grosso re di Francia furono ricevuti onorevolemente. E consecrò re il detto Luis, e egli promise d'atare la Chiesa con tutta sua forza. Ma essendo papa Innocenzio in Francia, fu eletto imperadore Lottieri di Sassogna, il quale con grande potenzia di gente di suo paese passò in Italia e menonne seco il detto papa Innocenzio e' cardinali, e con molti vescovi e arcivescovi ch'erano stati al concilio, prima a Chieramonte in Alvernia e poi al Loreno, e rimise in Roma in sedia e signoria il detto papa, e per forza cacciò di Roma Pietro Leoni e tutti i suoi seguaci, e poi prese la corona dello 'mperio per mano del detto papa Innocenzio negli anni di Cristo MCXXX. Questo Lottieri regnò re de' Romani e imperadore XI anni, e fue cristianissimo e fedele di santa Chiesa, e per cagione che Ruggieri figliuolo del primo Ruggieri ch'era stato figliuolo di Ruberto Guiscardo, essendo re di Cicilia e di Puglia, avendo tenuta la setta di figliuolo Petro Leoni contra il detto papa Innocenzio, questo Lottieri imperadore con papa Innocenzio insieme, e coll'armata de' Pisani e de' Genovesi, passaro nel regno di Puglia per mare e per terra sopra il detto Ruggieri che s'era rubellato dal papa e dalla Chiesa, e lui colla detta forza cacciarono di Puglia; e fuggissi in Cicilia; e toltogli il regno, feciono duca di Puglia il conte Cammone, ma poco regnò, che poi tornò la signoria al figliuolo di Ruggieri, ciò fu il buono re Guiglielmo, come innanzi faremo menzione. E per cagione dell'aiuto che' Genovesi e' Pisani feciono a la Chiesa sopra il duca di Puglia, in generale concilio in Roma fu fatto grazia d'arcivescovado a la città di Genova, dandosi più vescovadi in sua signoria della riviera di Genova e di Lombardia. E simile fece a' Pisani, dandogli sotto lui certi vescovadi di Sardigna, e quello di Massa in Maremma, e quello di Grosseto. E ciò fatto, il detto Lottieri imperadore bene aventurosamente si tornò in Alamagna, e poco appresso morì, e fu eletto re de' Romani Currado secondo di Sassogna negli anni di Cristo MCXXXVIII, e regnò XV anni, ma non fu coronato a Roma dello imperio.

 

XXXV

 

 

Conta del secondo passaggio d'oltremare.

 

Nel tempo del sopradetto Currado re de' Romani furono tre papi a Roma l'uno appresso l'altro: papa Celestino secondo regnò VII mesi; e poi fu Luzio primo, ancora vivette poco; poi fu papa Eugenio di Pisa che regnò anni VIII e mesi. Al tempo di questo papa, gli anni di Cristo MCXLVII, Luis il Pietoso re di Francia per amenda d'una guerra ch'egli a torto avea presa col re di Navarra per torreli Campagna, sì promise d'andare al soccorso della Terrasanta, e per la sua andata si commosse tutto il suo reame per andare oltremare, e richiese il detto Currado re de' Romani che gli piacesse d'imprendere collui il detto passaggio, e egli l'accettò allegramente, e mandarono pregando il detto papa Eugenio che passasse in Francia alloro dare la croce, e così fece; e coronò il detto re Luis. E poi crociati i detti re Currado e re Luis tra' confini d'Alamagna e di Francia per comandamento del detto papa per mano di santo Bernardo abate di Chiaravalle, i Franceschi e' Tedeschi, innumerabile gente, passarono per mare con CC navi, e i più per terra per Ungaria e Pannonia in Grecia, ma con molto affanno per la retà de' Greci, che per fargli morire o amalare mischiavano la calcina colla farina, onde molti ne moriro. E poi co' Turchi in Turchia ebbono grande contasto, e fecero più battaglie. Bene aventurosamente vinsono contra' Saracini, ma poco vi dimoraro, che Luis prima si tornò in Francia, e poi Currado in Alamagna, e sanza venire a Roma, e di là si morìo sanza benedizione imperiale. E 'l papa Eugenio dopo molte buone opere fatte morìo a Roma gli anni di Cristo MCLIIII. E dopo lui succedette papa Anastasio IIII, ma vivette poco più d'uno anno. E poi fu papa Adriano IIII, che coronò il primo Federigo imperadore. Torneremo alle novità che furono in Firenze in questo tempo che noi avemo intralasciato per seguire nostro trattato.

 

XXXVI

 

 

Come i Fiorentini disfecero il castello di Montebuoni.

 

Negli anni di Cristo MCXXXV, essendo in piè il castello di Montebuono, il quale era molto forte e era di que' della casa de' Bondelmonti, i quali erano cattani e antichi gentili uomini di contado, e per lo nome del detto loro castello avea nome la casa Bondelmonti; e per la fortezza di quello, e che la strada vi correa a piè, coglievano pedaggio; per la qual cosa a' Fiorentini non piacea né voleano sì fatta fortezza presso a la città, si v'andarono ad oste del mese di giugno e ebbollo, a patti che 'l castello si disfacesse, e l'altre possessioni rimanessero a' detti cattani, e tornassero ad abitare in Firenze. E così cominciò il Comune di Firenze a distendersi, e colla forza più che con ragione, crescendo il contado e sottomettendosi a la giuridizione ogni nobile di contado, e disfaccendo le fortezze.

 

XXXVII

 

 

Come i Fiorentini furono sconfitti a Montedicroce da' conti Guidi.

 

Negli anni di Cristo MCXLVI, avendo i Fiorentini guerra co' conti Guidi, imperciò che colle loro castella erano troppo presso a la città, e Montedicroce si tenea per loro e facea guerra; per la qual cosa, per arte, de' Fiorentini v'andarono ad oste colloro soldati, e per troppa sicurtade non faccendo buona guardia furono sconfitti dal conte Guido vecchio e dalloro amistà Aretini e altri, del mese di giugno. Ma poi gli anni di Cristo MCLIIII i Fiorentini tornaro a oste a Montedicroce, e per tradimento l'ebbono, e disfeciollo infino alle fondamenta; e poi le ragioni che v'aveano i conti Guidi venderono al vescovado di Firenze, non possendole gioire né averne frutto. E d'allora innanzi non furono i conti Guidi amici del Comune di Firenze, e simile gli Aretini che gli aveano favorati.

 

XXXVIII

 

 

Come i Pratesi furono sconfitti da' Pistolesi a Carmignano.

 

Negli anni di Cristo MCLIIII, avendo guerra i Pratesi co' Pistolesi per lo castello di Carmignano, e essendovi cavalcati i Pratesi colle masnade e aiuto de' Fiorentini, sì vi furo sconfitti da' Pistolesi. Lasceremo alquanto de' nostri fatti di Firenze, imperciò che infra XVI anni appresso poche notevoli cose v'ebbe, e cominceremo il sesto libro, e diremo del primo Federigo imperadore, il quale egli e le sue rede feciono di grandi e diverse mutazioni in Italia, e a la Chiesa di Roma, e a la nostra città di Firenze; onde molto ne cresce matera, siccome innanzi faremo per gli tempi menzione.


 

LIBRO SESTO

 

I

 

 

Qui comincia il VI libro: come il primo Federigo detto di Stuffo di Soave fu imperadore di Roma, e de' suoi discendenti; conseguendo i fatti di Firenze che furono a loro tempi e di tutta Italia.

 

Dopo la morte di Currado di Sassogna re de' Romani fue eletto imperadore Federigo Barbarossa detto Federigo Grande, overo primo, della casa di Soave, e chi il sopranomò di Stuffo. Questi, rimesse le boci degli elettori in lui, si chiamò sé medesimo, e poi passò in Italia, e fu coronato a Roma per papa Adriano quarto gli anni di Cristo MCLIIII, e regnò anni XXXVII che re de' Romani e che imperadore. Questo Federigo fu largo e bontadoso, facondioso e gentile, e in tutti suoi fatti glorioso. A la prima fue amico di santa Chiesa al tempo del detto papa Adriano, e fece rifare Tiboli che era disfatto, ma il dì medesimo che fu coronato da' Romani a la sua gente ebbe grande zuffa e battaglia nel prato di Nerone, ove il detto imperadore era attendato, a grande danno de' Romani, e dentro nel Portico di San Piero; e quello tutto arse e disfece, cioè la parte di Roma ch'è intorno a San Piero. Questi poi tornando in Lombardia il primo anno del suo imperiato, perché la città di Spuleto noll'ubbidìo, imperciò ch'era della Chiesa, vi si puose ad oste, e vinsela, e tutta la fece disfare; e per volere occupare le ragioni della Chiesa, tosto si fece nimico; ché dopo la morte d'Adriano papa gli anni di Cristo MCLVIIII fu fatto papa Allessandro terzo di Siena, che regnò XXII anni: questi, per mantenere la giuridizione di santa Chiesa, ebbe grande guerra col detto Federigo imperadore, e per più tempo; il quale imperadore gli fece fare incontro IIII antipapi scismatici in diversi tempi, l'uno appresso l'altro, che i tre furono cardinali. Il primo fu Attaviano chessi fece chiamare Vittorio; il secondo Guido di Chermona che si fece chiamare Pasquale; il terzo fu Giovanni Strumense che si fece chiamare Calisto; il quarto ebbe nome Landone il quale si fece chiamare Innocenzo; onde nella Chiesa di Dio ebbe grande scisma e afflizzione, imperciò che questi papi colla forza di Federigo imperadore teneano tutto il Patrimonio San Piero e 'l ducato, che 'l detto papa Allessandro non avea nulla signoria. Ma il detto papa Allessandro contro a tutti valentemente pugnò, e gli scomunicò: i quali tutti l'uno appresso l'altro, lui regnando, moriro di mala morte. Ma regnando eglino colla forza di Federigo, il detto diritto papa Allessandro, non potendo stare in Roma, se n'andò colla corte in Francia al re Luis il Pietoso, il quale il ricevette graziosamente. E dicesi in Francia che vegnendo il detto papa Allessandro a Parigi celatamente con poca compagnia a guisa d'uno picciolo prelato, incontanente che fu a San Moro presso di Parigi, non avendo del papa novella niuna, per divino miracolo si levò una boce: Ecco il papa, ecco il papa!; e cominciaro a sonare le campane, e lo re col chericato e popolo di Parigi gli si fece incontro, onde il papa si maravigliò forte, però che nullo sapea di sua venuta; e ringraziò Idio, e palesossi al re e al popolo, e cominciò a segnare. E poi in Francia fece il detto papa concilio generale a la città del Torso in Torena, nel quale scomunicò il detto Federigo e dispuose dello 'mperio, e assolvette tutti i suoi baroni di suo saramento, e dispuose quegli della casa della Colonna di Roma, che mai né eglino né loro successori potessono avere dignità in santa Chiesa, però ch'al tutto si tennero all'aiuto e favore del detto Federigo contra la Chiesa. E in quello concilio tutti gli re e signori di ponente si promisero e allegarono con Luis re di Francia a l'aiuto del detto papa Allessandro e di Santa Chiesa contro a Federigo detto, e simile molte città di Lombardia si rubellaro al detto Federigo: ciò fu Milano, e Chermona, e Piagenza, e tennero col papa e colla Chiesa. Per la qual cosa il detto Federigo passando per la Lombardia per andare in Francia contra Luis re che riteneva papa Allessandro, trovando la città di Melano che gli s'era ribellata, sìll'asediò e per lungo assedio l'ebbe l'anno di Cristo MCLXII del mese di marzo, e fecele disfare le mura, e ardere tutta la città, e arare e seminare di sale; e' corpi di tre re, overo magi, che vennoro ad adorare Cristo per lo segno della stella, i quali erano nella città di Milano in tre tombe cavate di profferito, gli fece trarre di Milano e mandargline a Cologna, onde tutti i Lombardi furono molto crucciosi. E poi passando i monti per distruggere il reame di Francia collo aiuto del re di Buem e con quello di Dazia, cioè Dannesmarce, entrò in Borgogna; ma lo re Luis di Francia coll'aiuto d'Arrigo re d'Inghilterra suo genero, e con più signori e baroni furono a contradiallo, sicché per la grazia d'Iddio non ebbe nullo podere, né v'aquistò terra, ma per difetto di vittuaglia si tornaro adietro quegli re in loro paesi, e Federigo in Italia. E faccendo guerreggiare i Romani perché s'erano tornati dalla parte della Chiesa e di papa Allessandro, essendo i detti Romani a oste a Toscolano, per lo cancelliere del detto Federigo colle sue masnade de' Tedeschi furono sconfitti neluogo detto Monte del Porco, e molti Romani presi, e morti sì grande quantità che nelle carra tornarono morti a Roma per soppellirli; e questa sconfitta si dice che fue per tradimento de' Colonnesi, i quali furono sempre collo imperadore e contro alla Chiesa, onde furono per lo papa privati d'ogni benificio temporale e spirituale; e per la detta sconfitta i Romani cacciarono di Roma i Colonnesi, e disfeciono loro una antica e bellissima fortezza che si chiamava l'Agosta, la quale si dice che fece fare Cesare Agusto; e ciò fu gli anni di Cristo MCLXVII. E ciò fatto, lo 'mperadore venne all'assedio di Roma per distruggerla, e aveala molto stretta. I Romani feciono al chericato di Roma prendere la testa di santo Piero e quella di santo Paolo, e portarle a processione per tutta Roma; per la qual cosa i Romani si crocciaro tutti contra lo 'mperadore, e 'l primo chella prese fue messere Matteo Rosso il vecchio degli Orsini, avolo che fu di papa Niccola terzo, e per vecchiezza avea lasciate l'armi e preso abito di penitenzia; e per questa cagione lasciò l'abito e riprese l'armi, onde molto fue commendato; e per questa cagione egli e' suoi vennero in grazia della Chiesa, e agrandiro molto. Apresso il detto messere Matteo prese la croce Gianni Buovo, grande cittadino di Roma, e poi tutti gli altri con grande animo e volontà; per la qual cosa, sentendolo lo 'mperadore, o per paura, ma più per miracolo de' beati appostoli, subito si partì dall'assedio di Roma con sua gente, e tornossi a Viterbo, e la città di Roma fu liberata.

 

II

 

 

Come papa Allessandro tornò di Francia a Vinegia, e lo 'mperadore venne a le sue comandamenta.

 

Poi appresso stato il detto papa Allessandro lungamente in Francia, colla forza del re di Francia e di quello d'Inghilterra tornò colla corte sua in Italia per mare, e capitando in Cicilla, dal re Guiglielmo che allora n'era re, divotamente fu ricevuto e favorato, riconoscendosi fedele di santa Chiesa, e chell'isola tenea dallui; per la qual cosa il detto papa il ne confermò re di Cicilia, e rendégli Puglia, onde il detto re Guiglielmo col suo navilio per mare l'acompagnò infino a la città di Vinegia, nella quale volle andare il detto papa per più sicurtà di lui, acciò che Federigo imperadore nol potesse offendere; e per favorare i fedeli di santa Chiesa di Lombardia fece sua stanza nella detta città di Vinegia, e da' Viniziani reverentemente fu ricevuto e onorato; per lo cui favore i Milanesi rifeciono la città di Milano gli anni di Cristo MCLXVIII. Poi poco tempo apresso i Milanesi coll'aiuto de' Piagentini e di Chermonesi e d'altre città di Lombardia che obbedieno santa Chiesa feciono una terra in Lombardia, quasi per una bastita e battifolle, incontro alla città di Pavia, che sempre fu contra Milano, e si tenea collo imperio; e quella città fatta, per onore del detto papa Allessandro, e perché fosse più famosa, la chiamarono Allessandra; e poi fu sopranomata de la Paglia, a dispregio, per quegli di Pavia; e a priego de' Lombardi le diede il papa vescovo, e dispuose quello di Pavia e tolsegli la dignità del palio e della croce, imperciò che sempre avea tenuto con Federigo imperadore contro a la Chiesa.

 

III

 

 

Come lo 'mperadore Federigo Barbarossa si riconciliò co la Chiesa, e passò oltremare, e là morìo.

 

Veggendosi lo 'mperadore Federigo molto abbassato di suo stato e signoria, e molte città di Lombardia e di Toscana ribellarsi dallui, e teneansi colla Chiesa e col papa Allessandro, il quale era molto montato in istato col favore del re di Francia e di quello d'Inghilterra e di Guiglielmo re di Cicilia, si procacciò di riconciliarsi colla Chiesa e col papa, acciò che al tutto non perdesse l'onore dello 'mperio, e con solenni ambasciadori mandò a Vinegia a papa Allessandro a dimandare pace, promettendo di fare ogni amenda a santa Chiesa; il quale dal detto papa fue esaudito benignamente. Per la qual cosa il detto Federigo andòe a Vinegia, e gittossi a' piè del detto papa a misericordia. Allora il detto papa gli puose il piede ritto in sul collo, e disse il verso del Saltero che dice: Super aspidem et basaliscum ambulabis, et conculcabis leonem et draconem, e lo 'mperadore rispuose: Non tibi set Petro, e 'l papa rispuose: Ego sum vicarius Petri; e poi gli perdonò ogni offesa ch'avesse fatta a santa Chiesa, faccendo ristituire ciò che tenesse di santa Chiesa; e così promise e fece con patti, che ciò chessi trovasse chella Chiesa in quello dì tenesse nel Regno a perpetuo fosse di santa Chiesa; e trovossi che Benivento; e questo fu l'origine perché la Chiesa tiene per sua la città di Benivento. E ciò fatto, il pacificò co' Romani e con Manuello imperadore di Gostantinopoli, e con Guiglielmo re di Cicilia, e co' Lombardi, e per amenda e penitenzia gl'impuose, ed elli promise, d'andare oltremare al soccorso della Terrasanta, imperciò che 'l Saladino soldano di Babillonia avea ripresa Ierusalem, e più altre terre che teneano i Cristiani; e così fece. Poi il detto Federigo, lui crocciato, gli anni di Cristo MCLXXXVIII con grandissima oste d'Alamagna si partìo, e andò per terra per Ungaria e Gostantinopoli infino in Erminia; ma giunto il detto Federigo in Erminia, essendo di state e grande caldo, bagnandosi a diletto in uno piccolo fiume chiamato il fiume del Ferro, disaventuratamente affogò; e ciò si crede che fosse per giudicio di Dio per le molte persecuzioni che fece a santa Chiesa: e di lui rimase uno figliuolo il quale ebbe nome Arrigo che 'l fece eleggere re de' Romani innanzi che passasse oltremare negli anni di Cristo MCLXXXVI; e morto il detto Federigo, la moglie col figliuolo e colla loro gente, tutto che molta ne morisse in quello viaggio, si tornaro di Soria in ponente sanza niuno acquisto fatto. Torneremo omai alla nostra matera de' fatti di Firenze e d'altre cose che furono al tempo che regnò il detto Federigo; ma prima diremo del re Filippo di Francia e del re Ricciardo d'Inghilterra ch'andarono oltremare al soccorso della Terrasanta in questo medesimo tempo.

 

IV

 

 

Come il re di Francia e quello d'Inghilterra andarono oltremare al passaggio.

 

E nel detto passaggio lo re Filippo il Bornio di Francia e lo re Ricciardo d'Inghilterra con molti conti e baroni di Francia, e d'Inghilterra, e di Proenza, e d'Italia, crociati, passaro per mare in Soria, e assediaro e presero la città di Tolomaida, detta Acri, che la teneano i Saracini, e quella ebbono per assedio; ma molta di loro buona gente vi moriro di pestilenzia d'infermitade; e in questo viaggio s'incominciò grande discordia tra 'l detto re Filippo il Bornio e 'l re Ricciardo d'Inghilterra. L'una cagione fu perché il re Ricciardo volea la signoria d'Acri, siccome il re Filippo, e assai avea operato al conquisto; appresso, perché il re Filippo gli tolse, tornato lui in Francia, la ducea di Normandia per forza per CCm di livre di parigini che gli avea prestati quando andò oltremare sopra la detta Normandia, e nolla lasciò ricogliere, come toccammo adietro nel capitolo ove raccontammo il lignaggio e' discendenti de' presenti re di Francia. Ma imperciò che gli antichi del re Ricciardo d'Inghilterra e poi gli suoi successori feciono di grandi cose le quali si mischiano molto a la nostra matera, e ancora perché sono stati possenti re tra' Cristiani, si è convenevole che in questo si racconti di loro progenia, e come furono distratti delignaggio de' Normandi, siccome fue il buono Ruberto Guiscardo, come di lui avemo adietro fatta menzione, in questo modo: che il primo duca di Normandi che fu Cristiano, fatto per lo 'mperadore Carlo il Grosso e re di Francia, come adietro è fatta menzione; del detto Ruberto nacque Guiglielmo detto Spadalunga; di Guiglielmo nacque Ruberto e Ricciardo; di Ricciardo nacque Ricciardo che fu padre di Ruberto Guiscardo re di Puglia; e di Ruberto che rimase duca di Normandia nacque Ruberto il Bastardo che l'acquistò in questo modo: credendosi giacere con una figliuola d'uno suo ricco borgese la quale molto gli piacea, la madre per iscampare la vergogna de la figliuola trovòe una molto bella damigella povera che molto si somigliava colla figlia, e quella inniscambio di lei mise in camera col detto duca Ruberto, onde nacque il detto Guiglielmo il Bastardo; e la notte che la madre il generò le venne in visione che di corpo l'usciva una quercia e crescea tanto che i suoi rami si stendeano insino inn-Inghilterra; e veramente fu avisione di vera profezia, come diremo appresso. E perché bastardo fosse, nonn-è da tacere di lui, che come fue in etade, e seppe di sua nazione, incontanente si mise in fatti d'arme, e fu maraviglioso in prodezza e senno e in cortesia, e per sua valentia passò in Inghilterra, e combatté con Raul che allora n'era re istratto di Spagna, e lui vinse e uccise in battaglia, e fecesi re d'Inghilterra gli anni di Cristo MLXVI, e regnòe XXVI anni. E dopo lui regnòe Guiglielmo suo figliuolo, e dopo Guiglielmo regnòe Arrigo suo figliuolo, il quale ebbe per moglie la figliuola del re Luis il Pietoso re di Francia; e questo Arrigo fue col detto re Luis e con papa Allessandro incontro a Federigo primo imperadore quando venne in Borgogna, come è fatta menzione. Questo Arrigo fue quegli che fece uccidere il beato Tommaso arcivescovo di Conturbiera, perch'egli il riprendea de' suoi vizii, e togliea le decime della santa Chiesa; onde Idio fece grande giudicio, che poco appresso cavalcando per Parigi col re Luis, gli si traversò uno porco tra' piè del cavallo e fecelo cadere, e subitamente della caduta morìo. Di lui rimase uno figliuolo ch'ebbe nome Stefano; dopo Stefano regnòe un altro Arrigo, il quale ebbe due figliuoli, il re Giovane e lo re Ricciardo. Questo re Giovane fue il più cortese signore del mondo, e ebbe guerra col padre per indotta d'alcuno suo barone, ma poco vivette, e di lui non rimase reda. Dopo il re Giovane regnò il re Ricciardo, quegli onde al cominciamento facemmo menzione che andò oltremare al passaggio col re Filippo di Francia e fu pro' d'arme e valoroso, e egli assieme con XII altri baroni di Francia e d'Inghilterra tenne il passo al Saladino soldano di Babilonia con tutto suo esercito. Di Ricciardo nacque Arrigo suo figliuolo che regnò appresso lui, ma fue sempice uomo e di buona fe' e di poco valore. Del detto Arrigo nacque il buono re Adoardo che a' nostri presenti tempi regna, il quale fece di gran cose, come innanzi per gli tempi faremo menzione. Lasceremo le storie de' detti signori, e torneremo a' nostri fatti di Firenze.

 

V

 

 

Come i Fiorentini sconfissono gli Aretini.

 

Negli anni di Cristo MCLXX i Fiorentini fecero oste sopra gli Aretini perch'erano stati co' conti Guidi contro al Comune di Firenze; e uscendo gli Aretini loro incontro, da' Fiorentini furono sconfitti del mese di novembre, e poi feciono accordo co' Fiorentini con onorevoli patti per lo Comune di Firenze, e promisero di non essere loro incontro per neuna cagione, e riebbono i loro pregioni.

 

VI

 

 

Come si cominciò la prima guerra da' Fiorentini a' Sanesi.

 

Nel detto tempo si cominciò guerra tra' Fiorentini e' Sanesi per cagione delle castella che confinano colloro in Chianti, che ciascuno Comune si volea dilatare, e crescere il suo contado, e del castello di Staggia; e per questa cagione i Fiorentini presono ad aiutare quegli di Montepulciano da' Sanesi che gli guerreggiavano; e andarono i Fiorentini infino là per fornirlo; e tornando da fornirlo, i Sanesi si fecero loro incontro al castello d'Asciano, e qui si combatterono, e furono sconfitti da' Fiorentini, e molti de' Sanesi presi e morti vi furono; e ciò fu del mese di giugno gli anni di Cristo MCLXXIIII.

 

VII

 

 

Come di prima fu edificato il nobile e forte castello di Poggibonizzi e quello di Colle di Valdelsa.

 

Nel detto tempo essendo colà ov'è oggi la terra di Poggibonizzi al piano uno ricco borgo che si chiamava il borgo di Marti, per cagione che diceano ch'erano stati stratti di parte de' martirizzati di Catellina ribelli del popolo di Roma, che in quello luogo s'erano rimasi, scampati de la battaglia di Piceno, overo di Piteccio, e tornando l'oste di su detta de' Fiorentini da la vittoria d'Asciano, alcuno giovane fiorentino isforzò nel detto borgo una pulcella; onde tutta la terra si commosse a zuffa contra i Fiorentini, e alquanti ve ne rimasono morti, e assai fediti e vergognati; per la quale offesa quegli del borgo di Marti, impauriti de' Fiorentini, feciono lega e giura con VIII castella e Comuni vicini, e per essere più sicuri e forti al riparo della potenzia de' Fiorentini, sì ordinarono di concordia di disfare le loro terre, e di porresi in su il bello poggio ove fu poi il detto castello, in sul quale era una selva d'uno terrazzano ch'avea nome Bonizzo, e dal detto il suo nome fu derivato; e questo in brieve tempo ripuosono e afforzaro, però che il luogo da sua natura è forte e agiato e bello, e partirlo ad abituro in VIIII contrade, come si fece di VIIII terre, e in ciascuna contrada ripuosono la chiesa principale de la loro antica terra onde s'erano levati, e quello di ricche mura e porte e torri di pietre adornarono, e fu sì forte e bello, e fornito di molti e ricchi abitanti, ch'elli curavano poco i Fiorentini o altri loro vicini; e per contradio de' Fiorentini s'allegarono co Sanesi, e poi diede molta briga a' suoi vicini e a' Fiorentini, come innanzi per gli tempi fareno menzione. E nota che 'l detto poggio è de' meglio assituati che sia in Italia, e appunto il bilico è in mezzo la provincia di Toscana. Afforzato il detto castello, i Fiorentini ne furono molto crucciati, e con due castelletta di Valdelsa loro vicini e contradi de' Poggibonizzesi s'accostaro, e recarlo alloro lega, e colle forze de' Fiorentini ordinaro e feciono porre il castello di Colle di Valdelsa colà dov'è oggi, per fare battifolle a Poggibonizzi; e di quelle due castelletta e con altre ville d'intorno il popolaro, e la prima pietra chessi mise a fondarlo, la calcina fue intrisa del sangue che si segnaro delle braccia i sindachi acciò mandati per lo Comune di Firenze, a perpetua memoria e segno d'amicizia e fratellanza di quelli di Colle al Comune di Firenze, e certo per isperienzia poi sempre è istato quello Comune come figliuolo di quello di Firenze.

 

VIII

 

 

De' grandi fuochi che furono nella città di Firenze.

 

Negli anni di Cristo MCLXXVII s'apprese il fuoco nella città di Firenze a dì V d'agosto, e arse da piè del ponte Vecchio infino a Mercato Vecchio. E poi nel detto anno medesimo s'apprese il fuoco a Sammartino del Vescovo, e arse infino a Santa Maria Ughi e infino al Duomo di Santo Giovanni con grandissimo danno della città, e non sanza giudizio di Dio, imperciò che' Fiorentini erano venuti molto superbi per le vittorie avute sopra i loro vicini, e tra loro molto ingrati adDio, e con altri disonesti peccati. E in questo anno cadde per soperchia piena del fiume d'Arno il ponte Vecchio, che ancora fu segno di future aversitadi alla nostra città.

 

IX

 

 

Come in Firenze si cominciò battaglia cittadina tra gli Uberti e la signoria de' consoli.

 

Imperciò che nel detto medesimo anno si cominciò in Firenze disensione e guerra grande tra' cittadini, che mai non era più stata in Firenze, e ciò fu per troppa grassezza e riposo mischiato colla superbia ingratitudine, ché quelli della casa degli Uberti ch'erano i più possenti e maggiori cittadini di Firenze colloro seguaci nobili e popolari cominciaro guerra co' consoli ch'erano signori e guidatori del Comune a certo tempo e con certi ordini, per la 'nvidia della signoria che nonn-era alloro volere. E fu sì diversa e aspra guerra, che quasi ogni dì, o di due dì l'uno, si combatteano i cittadini insieme in più parti della città da vicinanza a vicinanza, com'erano le parti, e aveano armate le torri, che n'avea nella città in grande numero, alte C e CXX braccia. E in quelli tempi per la detta guerra assai torri di nuovo vi si muraro per le comunitadi delle contrade, de' danari comuni delle vicinanze, che si chiamavano le torri delle compagnie. E sopra quelle faceano mangani e manganelle per gittare l'uno a l'altro, ed era asserragliata la terra in più parti. E durò questa pestilenzia più di due anni, onde molta gente ne morì, e molto pericolo e danno ne seguì alla città; ma tanto venne poi in uso quello guerreggiare tra' cittadini, che l'uno dì si combatteano, e l'altro mangiavano e beveano insieme, novellando delle virtudi e prodezze l'uno dell'altro che si faceano a quelle battaglie. E quasi per istraccamento e rincrescimento si rimasono per loro medesimi del combattere, e si pacificarono, e rimasero i consoli in loro signoria; ma a la fine pur criarono, e poi partoriro le maladette parti che furono appresso in Firenze, siccome innanzi per li tempi faremo menzione.

 

X

 

 

Come i Fiorentini presono il castello di Montegrossoli.

 

Negli anni di Cristo MCLXXXII, rimase le battaglie cittadine in Firenze, i Fiorentini feciono oste al castello di Montegrossoli in Chianti e presollo per forza. E quell'anno valse lo staio del grano fiorini VIII, che fu a quello tempo grande caro, imperciò che allora correa in Firenze una moneta d'argento, che si chiamavano fiorini, di danari XII l'uno, che oggi varrebbono a la presente piccola moneta per lega e per peso l'uno danaio tre.

 

XI

 

 

Come i Fiorentini presono il castello di Pogna.

 

Negli anni di Cristo MCLXXXIIII, del mese di giugno, i Fiorentini assediarono il castello di Pogna perché non volea obedire al Comune di Firenze, e era molto forte, e guerreggiava la contrada di Valdelsa infino a la Pesa; ed era di gentili uomini cattani che si chiamavano i signori di Pogna.

 

XII

 

 

Come Federigo primo imperadore tolse il contado a la città di Firenze e a più altre città di Toscana.

 

Nel detto anno di Cristo MCLXXXIIII Federigo primo imperadore andando di Lombardia in Puglia, passò per la nostra città di Firenze a dì XXXI di luglio del detto anno, e in quella soggiornato alquanti dì, e fattagli querimonia per gli nobili del contado, come il Comune di Firenze avea prese per forza e occupate molte loro castella e fortezze contra l'onore dello 'mperio, sì tolse al Comune di Firenze tutto il contado e la signoria di quello infino alle mura, e per lo contado facea stare per le villate suoi vicarii che rendeano ragione e faceano giustizia; e simile fece a tutte l'altre città di Toscana ch'aveano tenuta la parte della Chiesa quando egli ebbe la guerra con papa Allessandro, salvo che non tolse il contado né alla città di Pisa né a quella di Pistoia che tennero collui. E in questo anno il detto Federigo assediò la città di Siena, ma noll'ebbe. E queste novitadi fece alle dette città di Toscana, imperciò che nonn-erano state di sua parte, sì che, con tutto che s'era pacificato colla Chiesa e venuto a la misericordia del detto papa, come adietro è fatta menzione, non lasciò di partorire il suo male volere contro alle città ch'aveano ubbidita a la Chiesa; e così stette la città di Firenze sanza contado IIII anni, infino che 'l detto Federigo andòe al passaggio d'oltremare ove annegò, come addietro facemmo menzione.

 

XIII

 

 

Come i Fiorentini si crociaro e andarono oltremare al conquisto di Dammiata, e però ne liberò il contado loro.

 

Negli anni di Cristo MCLXXXVIII, essendo commossa quasi tutta la Cristianità per andare al soccorso della Terrasanta, vegnendo in Firenze l'arcivescovo di Ravenna legato del papa a predicare la croce per lo detto passaggio, molta buona gente di Firenze presono la croce dal detto arcivescovo a San Donato tra le Torri, overo a San Donato a Torri di là da Rifredi, overo il munistero delle Donne, però che 'l detto arcivescovo era dell'ordine di Cestella; e ciò fu a dì II del mese di febbraio del detto anno. E furono sì grande quantità i Fiorentini, che feciono oste oltremare per loro, e furono al conquisto della città di Dammiata, e de' primi che presono la terra, e per insegna ne recarono uno stendale vermiglio che ancora è nella chiesa di San Giovanni, e per la detta devozione e susidio fatto per gli Fiorentini per santa Chiesa e per la Cristianità dal papa Gregorio e dallo imperadore Federigo detto fu renduta la giurisdizione del contado a la città di Firenze, di lungi a la città di Firenze X miglia.

 

XIV

 

 

Come i Fiorentini ebbono il braccio del beato appostolo santo Filippo.

 

Nel tempo che regnava in Gostantinopoli lo 'mperadore Manuello, cristianissimo e obbediente a santa Chiesa, si maritò una sua nipote figliuola del fratello, la quale avea nome Isabella, al re di Gerusalem e di Cipri, e dielle intra gli altri doni e gioelli in sua dote l'orlique del beato Filippo appostolo. Avenne che uno messere monaco di Firenze era cancelliere del patriarca di Ierusalem, e poi fu per sua bontà fatto arcivescovo d'Acri al tempo che il soldano Saladino prese la città di Ierusalem; ma poi ripresa la Terrasanta per gli Cristiani, il detto arcivescovo tornò oltremare, e fu fatto per lo papa patriarca di Ierusalem. E sappiendo come la detta Isabella reina di Ierusalem avea la detta santa reliquia, disiderando d'averla per onorare la sua città di Firenze, la domandò a la detta reina, assegnandole come nonn-era lecito a donna che fosse al secolo sì santa reliquia tenere infra le sue gioie mondane, ma si convenia che fosse in parte ove fosse venerata a Dio; per la qual cosa la detta reina la donò al detto patriarca. E ciò sappiendo il vescovo di Firenze, ch'avea nome messere Piero, ne scrisse più lettere al detto patriarca cittadino di Firenze, che gli piacesse di mandare la detta santa reliquia in Firenze. Avvenne che 'l detto patriarca amalòe a morte, e commise a uno messere Rinieri di Firenze priore del Sepolcro e suo cappellano che 'l detto braccio mandasse a Firenze; ma il capitolo de' calonaci di Ierusalem nol voleva lasciare portare. A la fine il sopradetto vescovo di Firenze mandòe oltremare per lo detto braccio uno messere Gualterotto calonaco di Firenze, il quale con molta istanzia e studio adoperò tanto col detto priore del Sepolcro, ch'egli ebbe il detto santo braccio, e recollo in Firenze l'anno di Cristo MCLXXXX, essendo rettore di Firenze il conte Ridolfo da Capraia; al quale per lo vescovo di Firenze con tutto il chericato, e col detto rettore con tutto il popolo, uomini e femmine, andarono incontro a processione incontro al detto braccio, e con grande solennità recato fu in Firenze, e messo nell'altare di Santo Giovanni Batista, il quale fece molti e aperti miracoli in più cittadini di Firenze, i quali a la sua venuta ebbono fede e devozione.

 

XV

 

 

Come il papa pacificò i Pisani e' Genovesi per fornire il passaggio d'oltremare.

 

Nel detto anno MCLXXXVIII, per cagione del detto passaggio, il detto papa Gregorio, essendone molto sollecito, venne in Pisa e per acconcio del detto passaggio pacificòe i Pisani co' Genovesi, ch'aveano avuto gran guerra insieme per l'isola di Sardigna; e in Pisa morì il detto papa in questo anno, e poco vivette papa. E da papa Allessandro detto adietro insino a questo Gregorio fue papa Lucio di Toscana, e sedette papa da IIII anni, ma poco fece al suo tempo; e poi fu papa Urbano di Lombardia che fue papa da due anni. E questo Urbano cominciò in Italia l'ordine di questo passaggio, e papa Gregorio il seguì mentre che vivette papa, che fu poco più d'uno anno; ma poi papa Clemente di Roma il mise a seguizione, e partissi il detto passaggio d'Italia del mese di febbraio MCLXXXVIIII. Lasceremo alquanto de' papa che furono, e de' nostri fatti di Firenze, e diremo d'Arrigo di Soavia figliuolo del sopradetto Federigo, e le novità che furono al suo tempo.

 

XVI

 

 

Come Arrigo di Soavia fu fatto imperadore per la Chiesa, e datagli per moglie Gostanza reina di Cicilia.

 

Arrigo di Soavia figliuolo che fu del grande Federigo, come dicemmo dinanzi, vivendo il padre il fece eleggere re de' Romani; ma, tornato Arrigo d'oltremare, e riformato in Alamagna la sua signoria, sì passò in Italia, e venne a Roma a richiesta del papa Clemente, e da' Romani fu ricevuto onorevolmente, imperciò ch'egli concedette loro la città di Toscolano e il suo contado, ch'erano stati ribelli de' Romani, la quale città da' Romani fu tutta disfatta e abbattuta, e mai poi non si rifece. E vegnendo a Roma il detto Arrigo, trovò morto il detto papa Clemente che per lui avea mandato, e eletto papa Cilestino, nato di Roma, per li cardinali, al quale il detto Arrigo si fue a la sua consecrazione, la quale fu il dì di Pasqua di Risoresso d'aprile, gli anni di Cristo MCLXXXXII; e vivette papa anni VI, e mesi VIII, e dì XI. E fatto papa Celestino, il secondo dìe della sua consecrazione coronò il detto Arrigo imperadore. E in prima che 'l detto Arrigo si partisse da la Magna, avendo la Chiesa discordia con Tancredi re di Cicilia e di Puglia, figliuolo che fu dell'altro Tancredi nipote per femmina di Ruberto Guiscardo, siccome nel capitolo ove trattammo del detto Ruberto facemmo menzione, per cagione ch'egli, siccome dovea, fedelmente non rispondea del censo a la Chiesa, e promutava vescovi e arcivescovi a sua volontà, in vergogna del papa e della Chiesa, il detto papa Clemente trattò coll'arcivescovo di Palermo di torre il regno di Cicilia e di Puglia al detto Tancredi, e fece ordinare al detto arcivescovo che Gostanza serocchia che fu del re Guiglielmo, e diritta ereda del reame di Cicilia, la quale era monaca in Palermo, siccome adietro facemmo menzione, e era già d'età di più di L anni, sìlla fece uscire dal munistero, e dispensò in lei ch'ella potesse essere al secolo e usare matrimonio; e di nascoso il detto arcivescovo fattala partire di Cicilla e venire a Roma, la Chiesa la fece dare per moglie al detto Arrigo imperadore, onde poco appresso nacque Federigo secondo imperadore, che fece tante persecuzioni a la Chiesa, come innanzi nel suo trattato diremo. E non sanza cagione e giudicio di Dio dovea riuscire sì fatto ereda, essendo nato di monaca sacra, e in età di lei di più di LII anni, ch'è quasi impossibile a natura di femmina a portare figliuolo, sicché nacque di due contrarii, allo spirituale, e quasi contra ragione al temporale. E troviamo quando la 'mperadrice Gostanza era grossa di Federigo, s'avea sospetto in Cicilia e per tutto il reame di Puglia che per la sua grande etade potesse essere grossa; per la qual cosa quando venne a partorire fece tendere uno padiglione in su la piazza di Palermo, e mandare bando che qual donna volesse v'andasse a vederla, e molte ve n'andarono e vidono, e però cessò il sospetto.

 

XVII

 

 

Come lo 'mperadore Arrigo conquistò il regno di Puglia.

 

Come il detto Arrigo fu coronato imperadore, e isposata Gostanza imperadrice, onde ebbe in dota il reame di Cicilia e di Puglia con consentimento del papa e della Chiesa, e rendendone il censo usato, e già nato Federigo suo figliuolo, incontanente con sua oste e colla moglie n'andòe nel Regno, e vinse tutto il paese infino a la città di Napoli, ma que' di Napoli non si vollono arrendere, onde Arrigo vi puose l'assedio, e stettevi tre mesi. E nella detta oste fue tanta pestilenzia d'infermità e di mortalità, che 'l detto Arrigo e la moglie v'infermaro, e della sua gente vi morì la maggiore parte; onde per necessità si levò dal detto assedio con pochi quasi inn-isconfitta, e infermo tornò a Roma, e la 'mperadrice Gostanza per malatia presa ne l'oste poco appresso si morìo, e lasciò Federigo suo figliuolo piccolino in guardia e in tutela di santa Chiesa. Poi il detto Arrigo imperadore fatta venire nuova gente da la Magna e riformato suo stato, un'altra volta passò nel Regno con grande oste gli anni di Cristo MCLXXXXVI. Il quale regno di Puglia e reame di Cicilia signoreggiava Guiglielmo il giovane, figliuolo ch'era stato di Tancredi re, e era giovane di tempo e di senno, il quale ingannato dal detto Arrigo, sotto trattato di pace, il fece prendere con tre sue serocchie, e mandollo in pregione in Alamagna; e 'l detto Guiglielmo fece accecare degli occhi e castrare, acciò che mai non potesse generare figliuoli, e in pregione vilmente finì sua vita; ma le serocchie, morto Arrigo, da Filippo suo fratello furono dilibere di pregione per lo modo che addietro di loro facemmo menzione nella fine del legnaggio di Ruberto Guiscardo.

 

XVIII

 

 

Come Arrigo imperadore si ribellò da la Chiesa e funne persecutore, e com'egli morìo.

 

Dapoi che Arrigo fece prendere il detto re Guiglielmo, il reame ebbe sanza gran contasto, e tutti quegli che gli erano stati incontro uccise e disperse crudelmente; e quand'elli fu al tutto signore del reame, sì seguì l'orme del padre d'essere ingrato a santa Chiesa, e non solamente ingrato, ma persecutore, che più vescovi e arcivescovi e altri prelati fece nel suo regno morire, occupando le chiese e mettendovi cui allui piaceva, e non rispondendo del censo alla Chiesa. Per la qual cosa papa Innocenzo terzo, il quale fu di Campagna e succedette a Celestino, scomunicò il detto Arrigo e' suoi seguaci. E lui regnato nello imperio VIII anni, morì scomunicato nella città di Palermo gli anni di Cristo MCC, e di lui rimase Federigo piccolo fanciullo, come detto è dinanzi, il quale dalla Chiesa, siccome sua madre e buona tutrice, il detto pupillo fu guardo e conservo il suo regno, non guardando al misfatto del padre.

 

XIX

 

 

Come Otto IIII di Sassogna fue eletto imperadore.

 

Morto Arrigo imperadore, contasto grande fu intra gli elettori d'Alamagna d'eleggere re de' Romani; e partiti tralloro, feciono due lezioni. L'una parte elesse Filippo duca di Soavia fratello del detto Arrigo, e l'altra parte elessono Otto di Sassogna; ma Filippo vincea per aiuto e forza de' baroni d'Alamagna a essere re de' Romani. Ma il sopradetto papa Innocenzo favorava Otto, perché Filippo non fosse, perch'era stato fratello d'Arrigo ch'avea perseguitata la Chiesa. E in questo contasto, per frode dell'antigrado, il detto Filippo fu morto, e fue con favore della Chiesa confermato il detto Otto a re de' Romani l'anno MCCIII. E credendo la Chiesa avere migliorato stato per fare imperadore il detto Otto, troppo lo peggiorò; che se Arrigo fu contra la Chiesa reo, questo Otto fue pessimo, siccome innanzi nel tempo che regnò faremo menzione. Lasceremo addire alquanto d'Otto imperadore infino che sarà tempo, e torneremo addire de' fatti di Firenze, e dell'altre novità dell'universo mondo che furono al tempo d'Arrigo, toccando in brieve di cose notabili: e da qui innanzi ne tratteremo al generale, imperciò checci pare di nicessità in gran parte, che per le diverse parti che nacquono in Italia per le discordie dalla Chiesa agl'imperadori, quasi tutto il mondo ne fu poi commosso e contaminato, e l'una novità risurse del rimbalzo dell'altra. E perché la nostra città di Firenze venne crescendo di fama e d'essere e di potenza, quasi le più delle notabili novità de' Cristiani in alcuna parte si riferiscono a' nostri fatti di Firenze.

 

XX

 

 

Come iscurò tutto il corpo del sole.

 

Negli anni di Cristo MCLXXXXII, a dì XXII di giugno, iscurò tutto il corpo del sole, e durò d'alquanto dopo terza infino a la nona; la qual cosa secondo il detto de' savi astrolagi è segno di grandi novitadi future tra' Cristiani.

 

XXI

 

 

Come i Samminiatesi disfecero la loro terra per discordia.

 

Negli anni di Cristo MCLXXXXVII i terrazzani del castello di Samminiato del Tedesco per loro discordie si disfeciono la detta loro terra, e tornaro ad abitare al piano a piede di Samminiato nel borgo detto San Giniegio e in quello di Santa Gonda per essere più a l'agio del piano e dell'acqua, e presso del fiume d'Arno e di quello d'Elsa, credendosi ivi fare una grande cittade, ma il loro intendimento tosto venne vano.

 

XXII

 

 

Come i Fiorentini comperarono Montegrossoli.

 

Nel detto anno i Fiorentini comperaro il castello di Montegrossoli in Chianti da certi cattani cui era, che lungamente aveano fatta guerra a' Fiorentini, e andatavi più volte l'oste de' Fiorentini, come addietro è fatta menzione. E in questo medesimo anno fue generale pace in tutta Italia; e allora era consolo in Firenze Compagno degli Arrigucci.

 

XXIII

 

 

Come fu fatto papa Innocenzo terzo.

 

Negli anni di Cristo MCLXXXXVIII fu fatto papa Innocenzo terzo nato di Campagna, e regnò papa più di XVII anni, e fu savio e valente uomo in iscienzia di scrittura, e savio naturale di costumi; e al suo tempo furono molte cose, come innanzi farà menzione. Questi fu quegli che iscomunicò lo 'mperadore Arrigo, e fece fare Otto di Sassogna imperadore.

 

XXIV

 

 

Come si comincio l'ordine de' frati minori.

 

Al tempo del detto papa Innocenzo si cominciò la santa ordine de' frati minori, onde fu cominciatore il beato Francesco nato della città d'Ascesi nel ducato, e per questo papa fu accettata e approvata la detta ordine con privilegio, imperciò che tutta fu fondata in umilità, e carità, e povertà, seguendo in tutto il santo Vangelio di Cristo, e schifando ogni delizia umana. E 'l detto papa in visione vide santo Francesco sostenere sopra i suoi omeri la chiesa di Laterano, sì come poi per simile modo vide di santo Domenico; la quale visione fue figura e profezia come per loro si dovea sostenere santa Chiesa e la fede di Cristo.

 

XXV

 

 

Come si cominciò l'ordine de' frati predicatori.

 

E al tempo ancora del detto papa, similemente si cominciò l'ordine de' frati predicatori, onde fu cominciatore il beato Domenico nato di Spagna, ma al suo tempo nolla confermò, con tutto che in avisione avvenne al detto papa che la chiesa di Laterano gli cadea adosso, e 'l beato Domenico la sostenea in su le sue spalle. E per questa visione era disposto di confermarla, ma sopravennegli la morte, e il suo successore appresso papa Onorio la confermò, gli anni di Cristo MCCXVI. E vere furono le visioni del sopradetto Innocenzo di santo Francesco e di santo Domenico, chella Chiesa di Dio cadea per molti errori e per molti dissoluti peccati, non temendo Iddio; e 'l detto beato Domenico per la sua santa scienza e predicazione gli corresse, e fune il primo stirpatore degli eretichi; e 'l beato Francesco per la sua umilità e vita appostolica e di penitenzia corresse la vita lascibile, e ridusse i Cristiani a penitenzia e a vita di salute. E veramente la Sibilla Irtea, seguendo questi tempi, profetizzò di queste due sante ordini, dicendo che due stelle orierebbono in alluminando il mondo.

 

XXVI

 

 

Come i Fiorentini disfecioro il castello di Frondigliano.

 

Negli anni di Cristo MCLXXXXVIIII, essendo consoli della città di Firenze conte Arrighi della Tosa e' suoi compagni, i Fiorentini assediaro il castello di Frondigliano, che s'era rubellato e facea guerra al Comune di Firenze, e presollo e disfeciollo infino alle fondamenta, e mai non si rifece. E nel detto anno i Fiorentini puosono oste a Simifonti, il quale era molto forte, e non ubbidia alla città.

 

XXVII

 

 

Come i Samminiatesi disfeciono San Giniegio, e tornarono ad abitare al poggio.

 

Negli anni di Cristo MCC i Samminiatesi disfeciono il borgo a San Giniegio ch'era nel piano di Samminiato, ed era molto ricco e bene abitato; e per più fortezza si tornaro ad abitare al poggio; e rifare il castello di Samminiato il quale aveano disfatto poco tempo dinanzi, sicché in corto tempo feciono due follie.

 

XXVIII

 

 

Come i Franceschi e' Viniziani presono Gostantinopoli.

 

Nel detto anno MCC molti baroni franceschi ch'erano mossi per andare oltremare al soccorso della Terrasanta, con navilio de' Viniziani e 'l marchese di Monferrato e più altri baroni d'Italia, sì s'accordaro, trovandosi quasi in sul verno infra l'isole d'Arcipelago in Grecia, di guerreggiare i Greci infino alla primavera, imperciò che per loro frode e malizie aveano per più volte fatto grande danno e impedimento a' Latini, che per loro paese andavano al passaggio d'oltremare. E così assaliro la nobile città di Gostantinopoli per mare e per terra, e per forza la presono, e Baldovino conte di Fiandra per universale accordo di tutti i baroni e de' Viniziani, per la sua bontà, senno, e valore, ne fu coronato imperadore. Ma poco duròe il detto imperio, che fu sconfitto e morto da' Cumani. E chi queste storie vorrà più pienamente trovare legga il libro del conquisto d'oltremare, ove sono distesamente. E per questo conquisto ritengono i Viniziani il titolo di parte del detto imperio.

 

XXIX

 

 

Come i Tartari scesono le montagne di Gog e Magog.

 

Negli anni di Cristo MCCII la gente che si chiamano i Tartari usciro dalle montagne di Gog e Magog, chiamate in latino Monti di Belgen; i quali si dice che furono stratti di quegli tribi d'Isdrael che il grande Allessandro re di Grecia, che conquistò tutto il mondo, per loro brutta vita gli rinchiuse in quelle montagne, acciò che non si mischiassono con altre nazioni, e ivi per viltà di loro e vano intendimento, vi stettono rinchiusi da Allessandro infino a questo tempo, credendosi che l'oste d'Allessandro sempre vi fosse; imperciò ch'egli per maestrevole artificio sopra i monti ordinò trombe grandissime si dificiate, che ad ogni vento trombavano con grande suono. Ma poi si dice che per gufi che nelle bocche di quelle trombe feciono nidio, e stopparono i detti artificii per modo che rimase il detto suono, e per questa cagione hanno i gufi in grande reverenzia, e per leggiadria portano i grandi signori di loro le penne del gufo in capo, per memoria che stopparo le trombe e artificii detti. Per la qual cosa il detto popolo, il quale come a guisa di bestie viveano, e erano multiplicati in innumerabile numero, sì si cominciarono a sicurare, e certi di loro a passare i detti monti; e trovando come sopra le montagne non avea gente, se none il vano inganno delle trombe turate, scesono al piano e al paese d'India ch'era fruttifero, e ubertoso, e dolce; e tornando e rapportando al loro popolo e genti le dette novelle, allora si congregaro insieme, e feciono per divina visione loro imperadore e signore uno fabbro di povero stato, il quale avea nome Cangius, il quale in su un povero feltro fu levato imperadore; e come fu fatto signore, fu chiamato il sopranome Cane, cioè in loro lingua imperadore. Questi fu molto valoroso e savio, e per suo senno e valentia uscì con tutto quello popolo de le dette montagne, e ordinogli a decine e a centinaia e a migliaia, con capitani acconci a combattere; e per essere più obbedito, prima a' maggiori di sua gente fece per suo comandamento uccidere a ciascuno il suo figliuolo primogenito di loro mano; e quando si vide così obbedito, e dato suo ordine a la sua gente, entrò in India, e vinse il Presto Giovanni, e sottomisesi tutto il paese. E ebbe più figliuoli, che appresso lui feciono di grandi conquisti, e quasi di tutta la parte d'Asia i populi e li re si misono sotto loro signoria, e parte d'Europia inverso Cumania, e Alania, e Bracchia infino al Danubio. E' discendenti de' figliuoli del detto Cangius Cane sono oggi signori intra' Tartari. Questi non hanno ordinata legge, che chi è stato di loro Cristiano, e chi Saracino, ma i più pagani idolatri. Avemo raccontato di loro nascimento e movimento, imperciò che in così piccolo tempo mai gente non fece sì gran conquisto, né nullo popolo né setta nonn-ha tanta signoria, podere, e ricchezza. E chi delle loro geste vorrà meglio sapere cerchi il libro di frate Aiton, signore del Colco d'Erminia, il quale fece ad istanza di papa Chimento quinto, e ancora il libro detto Milione, che fece messere Marco Polo di Vinegia, il quale conta molto di loro podere e signoria, imperciò che lungo tempo fu tralloro. Lasceremo de' Tartari, e torneremo a nostra materia de' fatti di Firenze.

 

XXX

 

 

Come i Fiorentini disfecero il castello di Simifonti e quello di Combiata.

 

Negli anni di Cristo MCCII, essendo consolo in Firenze Aldobrandino Barucci da Santa Maria Maggiore, che furono molto antichi uomini, co la sua compagnia i Fiorentini ebbono il castello di Simifonti, e feciollo disfare, e il poggio apropiare al Comune, però che lungamente avea fatta guerra a' Fiorentini. E ebbollo i Fiorentini per tradimento per uno da San Donato in Poci, il quale diede una torre, e volle per questa cagione egli e' suoi discendenti fossono franchi in Firenze d'ogni incarico, e così fu fatto, con tutto che prima nella detta torre, combattendola, fu morto da' terrazzani il detto traditore. E nel detto anno i Fiorentini andarono ad oste al castello di Combiata, ch'era molto forte in sul capo del fiume della Marina verso il Mugello, il quale era de' cattani della contrada che non voleano obbedire il Comune e facevano guerra; e disfatti i detti castelli, feciono dicreto che mai non si dovessono rifare.

 

XXXI

 

 

Disfacimento di Montelupo, e come i Fiorentini ebbono Montemurlo.

 

Negli anni di Cristo MCCIII, essendo consolo in Firenze Brunellino Brunelli de' Razzanti e suoi compagni, i Fiorentini disfeciono il castello di Montelupo perché non volea ubidire al Comune. E in questo anno medesimo i Pistolesi tolsono il castello di Montemurlo a' conti Guidi; ma poco appresso, il settembre, v'andarono ad oste i Fiorentini in servigio de' conti Guidi, e riebborlo, e renderlo a' conti Guidi. E poi nel MCCVII i Fiorentini feciono fare pace tra' Pistolesi e' conti Guidi; ma poi non possendo bene difendere i conti da' Pistolesi Montemurlo, però ch'era loro troppo vicino, e aveanvi fatto appetto il castello del Montale, sì 'l vendero i conti Guidi al Comune di Firenze libbre Vm di fiorini piccioli, che sarebbono oggi Vm fiorini d'oro; e ciò fu gli anni di Cristo MCCVIIII. Ma i conti da Porciano mai non vollono dare parola per la loro parte a la vendita.

 

XXXII

 

 

Come i Fiorentini elessono di prima podestade.

 

Negli anni di Cristo MCCVII i Fiorentini ebbono di prima signoria forestiera, che infino allora s'era retta la città sotto signoria de' consoli cittadini, de' maggiori e migliori della città, con consiglio del senato, cioè di cento buoni uomini; e quelli consoli al modo di Roma tutto guidavano, e governavano la città, e rendeano ragione, e facevano giustizia: e durava il loro officio uno anno. E erano quattro consoli mentre chella città fu a quartieri, per ciascuna porta uno; e poi furono VI quando la città si partì a sesti. Ma gli antichi nostri non faceano menzione de' nomi di tutti, ma dell'uno di loro di maggiore stato e fama, dicendo: al tempo di cotale consolo e de' suoi compagni. Ma poi cresciuta la città e di genti e di vizii, e faceansi più malifici, sì s'accordaro per meglio del Comune, acciò che i cittadini nonn-avessono sì fatto incarico di signoria, né per prieghi, né per tema, o per diservigio, o per altra cagione non mancasse la giustizia, sì ordinaro di chiamare uno gentile uomo d'altra città, che fosse loro podestà per uno anno, e rendesse le ragioni civili con suoi collaterali e giudici, e facesse l'esecuzione delle condannagioni e giustizie corporali. E 'l primo che fu podestà in Firenze fu nel detto anno Gualfredotto da Milano, e abitò al vescovado, imperciò che ancora non ave' in Firenze palazzo di Comune. E però non rimase la signoria de' consoli, ritegnendo alloro l'aministragione d'ogn'altra cosa del Comune. E per la detta signoria si resse la cittade infino al tempo chessi fece il primo popolo in Firenze, come innanzi faremo menzione; e allora si criò l'officio degli anziani.

 

XXXIII

 

 

Come i Fiorentini sconfissono i Sanesi a Monte Alto.

 

Nel detto anno, a la signoria di Gualfredotto di Milano il primo anno, i Fiorentini ricominciaro guerra co' Sanesi, però che' Sanesi aveano ricominciata guerra a Montepulciano e Monte Alcino contra i patti della pace; per la qual cosa i Fiorentini andarono a oste in su quello di Siena al castello di Montalto. I Sanesi per soccorrere il detto castello combattero co' Fiorentini, e furono sconfitti, e molti morti; e presi ne vennero in Firenze MCCC Sanesi; e' Fiorentini ebbono il detto Montalto e disfeciollo.

 

XXXIV

 

 

Come i Sanesi richiesono di pace i Fiorentini ed ebbolla.

 

Apresso, l'anno MCCVIII, il secondo anno della signoria del detto Gualfredotto, essendo rifermato, i Fiorentini feciono oste sopra i Sanesi, e disfeciono Rugomagno loro castello, e andarono infino a Rapolano nel contado di Siena, menandone grande preda e molti pregioni; ma poi l'anno nel MCCX i Sanesi non potendo più durare la guerra co' Fiorentini, e per riavere i loro pregioni, richiesono pace a' Fiorentini, e quetarono Montepulciano e Monte Alcino e tutte le castella che' Fiorentini aveano prese sopra loro. E in quello tempo era consolo in Firenze messer Catalano della Tosa e sua compagnia. Lasceremo alquanto a dire de' fatti di Firenze, e diremo d'Otto il quarto di Sassogna imperadore, e quello che fece al suo tempo.

 

XXXV

 

 

Come Otto quarto fu coronato imperadore, e come si fece nimico e persecutore di santa Chiesa.

 

Otto quarto di Sassogna fue eletto re de' Romani, per lo modo detto addietro, quando fu eletto Filippo di Soavia, il quale fu morto. Ma questo Otto, a petizione e studio di papa Innocenzio terzo, fu confermato re de' Romani l'anno di Cristo MCCIII, ma però non venne incontanente a Roma per molta guerra li surse in Alamagna, sì che Italia stette sanza imperio da XII anni; ma tratte a fine Otto le guerre d'Alamagna, passò in Italia, e dal sopradetto papa Innocenzo fu coronato l'anno di Cristo MCCX. Ma incontanente ch'ebbe la corona dello 'mperio, ove la Chiesa e 'l detto papa si credeano fosse amico e difenditore, si fece nemico e persecutore, e a' Romani incominciò incontanente guerra, e contra volontà del detto papa e della Chiesa passò in Puglia, e prese gran parte del Regno, il quale la Chiesa guardava siccome tutrice e madre di Federigo il giovane, figliuolo che fu dello 'mperadore Arrigo di Soavia e di Gostanza imperadrice. Per la qual cosa il detto papa scomunicò il detto Otto e dispuose dello imperio in uno grande concilio che fece in Roma, e mandò in Alamagna per lo giovane Federigo, e colla forza della Chiesa raquistò il Regno e Cicilia. E 'l detto Otto si tornò in Alamagna, e di là per contradio della Chiesa fece lega e congiura col conte Ferrante di Fiandra, e con quello di Bari e di Bologna, e più altri baroni di Francia, i quali s'erano rubellati al re Filippo il Bornio re di Francia. E essendo il detto re acampato contra il detto imperadore e gli altri signori, quasi tutti i suoi baroni il voleano abandonare; per la qual cosa fece uno altare nel campo, e trassesi la corona in presenza de' suoi baroni e puoselavi suso, e disse: Donatela a chi è più degno di me, e io l'obbedirò volentieri. I baroni vedendo la sua umilità, si rivolsono e promisogli d'essere leali e fedeli a la battaglia. Il quale re Filippo avendo con seco riconciliati i suoi baroni, col detto Otto imperadore, e Ferrante conte di Fiandra, e gli altri rubelli, battaglia di campo fece al ponte a Bovino a' confini di Fiandra, là dove ebbe molta gente francesca e tedesca morta. A la fine il detto buono re Filippo per la grazia di Dio ebbe vittoria, e però che si ritenne in una schiera con Vc cavalieri vecchi e indurati in battaglie e tornianti, de' quali parte di loro non intesono se non a rompere le schiere co' destrieri, sanza fedire colpi, e così ruppono i Tedeschi; e prese il detto conte Ferrante di Fiandra, e tolsegli Artese e Vermandois; e Otto imperadore a gran periglio e vergogna fuggì con poca di sua gente del campo, e grande danno ricevette di sua gente; e ciò fu gli anni di Cristo MCCXIIII. E il dì medesimo essendo il giovane Luis figliuolo del detto re Filippo a oste in Paico, battaglia ebbe col re Arrigo d'Inghilterra e' suoi allegati che da l'altra parte venieno sopra il re di Francia, e lui vinse e sconfisse. E in quello giorno medesimo essendo il conte di Barzellona e di Valenza, onde furono poi i suoi discendenti re d'Aragona, ad assedio de la città di Carcasciona che vi cosava ragione, la quale tenea il detto re di Francia e eravi dentro il conte di Monforte con buona gente, il quale uscì fuori vigorosamente, e assalì improviso e sconfisse l'oste de' Catalani, e fu preso il conte di Barzellona, e per gli Franceschi tagliatagli la testa. Per le quali tre sì grandi e bene aventurose vittorie molto sormontò il re di Francia, e prese Paico e la Roccella e molto acrebbe suo reame.

 

XXXVI

 

 

Come vivendo Otto fu eletto imperadore Federigo secondo di Soavia a richiesta della Chiesa di Roma.

 

Essendo il detto Otto nimico della Chiesa e disposto per concilio generale dello 'mperio, la Chiesa ordinò colli elettori d'Alamagna ch'egli elessono a re de' Romani Federigo il giovane re di Cicilia, il quale era in Alamagna, e contra il detto Otto ebbe grande vittoria. E poi il detto Otto tornato a coscienza, andòe al passaggio di Dammiata oltremare, e di là morìo, e rimase Federigo colla elezione. E poi al tempo d'Onorio terzo papa, che succedette a Innocenzo detto di sopra, il detto Federigo d'Alamagna venne a Vinegia, e poi per mare nel suo regno di Puglia, e poi a Roma; e dal detto papa Onorio e da' Romani fu ricevuto a grande onore, e coronato imperadore, come innanzi nel suo trattato faremo menzione. Lasceremo alquanto dello 'mperadore, e diremo de' fatti de' Fiorentini che furono infino alla sua coronazione.

 

XXXVII

 

 

Come morì il conte Guido vecchio, e di sua progenia.

 

Negli anni di Cristo MCCXIII morì il conte Guido vecchio, del quale rimasono cinque figliuoli, ma l'uno morìo e lasciò reda della sua parte quegli ch'ebbono Poppi, però che di lui non rimasono figliuoli; poi de' quattro figliuoli sono discesi tutti i conti Guidi. Questo conte Guido, la sua progenia si dice che anticamente furono d'Alamagna grandi baroni, i quali passarono con Otto primo imperadore, il quale diede loro il contado di Modigliana in Romagna, e di là rimasono; e poi i loro discendenti per loro podere furono signori quasi di tutta Romagna, e faceano loro capo in Ravenna, ma per soperchi ch'egli usarono a' cittadini di loro donne, e d'altre tirannie, a romore di popolo furono cacciati in uno giorno, corsi, e morti in Ravenna, che nullo ne campò piccolo o grande, se none uno picciolino fanciullo ch'avea nome Guido, il quale era a Modigliana a balìa, il quale fu sopranomato Guido Besangue per lo molesto de' suoi, come nelle storie d'Otto imperadore adietro facemmo menzione. Questo Guido fu padre del detto conte Guido vecchio, onde poi tutti i conti Guidi sono discesi. Questo conte Guido vecchio prese per moglie la figliuola di messere Bellincione Berti de' Ravignani, ch'era il maggiore e 'l più onorato cavaliere di Firenze, e le sue case succedettono poi per retaggio a' conti, le quali furono a porta San Piero in su la porta vecchia. Quella donna ebbe nome Gualdrada, e per bellezza e bello parlare di lei la tolse, veggendola in Santa Reparata coll'altre donne e donzelle di Firenze. Quando lo 'mperadore Otto quarto venne in Firenze, e veggendo le belle donne della città che in Santa Reparata per lui erano raunate, questa pulcella più piacque allo 'mperadore; e 'l padre di lei dicendo allo 'mperadore ch'egli avea podere di fargliele basciare, la donzella rispuose che già uomo vivente la bascerebbe se non fosse suo marito, per la quale parola lo 'mperadore molto la commendò; e il detto conte Guido preso d'amore di lei per la sua avenentezza, e per consiglio del detto Otto imperadore, la si fece a moglie, non guardando perch'ella fosse di più basso lignaggio di lui, né guardando a dote; onde tutti i conti Guidi sono nati del detto conte e della detta donna in questo modo; che, come dice di sopra, ne rimasono IIII figliuoli chenne discesono rede. In primo ebbe nome Guiglielmo, di cui nacque il conte Guido Novello e 'l conte Simone. Questi furono Ghibellini, ma per oltraggi che Guido Novello fece al conte Simone suo fratello per la parte del suo patrimonio, si fece Guelfo e s'allegò co' Guelfi di Firenze, e di questo Simone nacque il conte Guido da Battifolle. L'altro figliuolo ebbe nome Ruggieri, onde nacquero il conte Guido Guerra e 'l conte Salvatico; e questi tennero parte guelfa. L'altro ebbe nome Guido da Romena, onde sono discesi quegli da Romena, gli quali sono stati Guelfi e Ghibellini. L'altro fu il conte Tegrimo, onde sono quegli da Porciano, e sempre furono Ghibellini. Il sopradetto Otto imperadore privileggiò il detto conte Guido della signoria di Casentino. Avemo sì lungo parlato del detto conte Guido, bene che in altra parte avessimo trattato del cominciamento di suo lignaggio, però che fue valente uomo, e di lui sono tutti i conti Guidi discesi, e perché' suoi discendenti molto si mischiarono poi de' fatti di Firenze, come per gli tempi faremo menzione.

 

XXXVIII

 

 

Come si cominciò parte guelfa e ghibellina in Firenze.

 

Negli anni di Cristo MCCXV, essendo podestà di Firenze messere Gherardo Orlandi, avendo uno messer Bondelmonte de' Bondelmonti nobile cittadino di Firenze promesse attorre per moglie una donzella di casa gli Amidei, onorevoli e nobili cittadini; e poi cavalcando per la città il detto messer Bondelmonte, ch'era molto leggiadro e bello cavaliere, una donna di casa i Donati il chiamò, biasimandolo della donna ch'egli avea promessa, come nonn era bella né sofficiente allui, e dicendo: Io v'avea guardata questa mia figliuola; la quale gli mostrò, e era bellissima; incontanente per subsidio diaboli preso di lei, la promise e isposò a moglie. Per la qual cosa i parenti della prima donna promessa raunati insieme, e dogliendosi di ciò che messer Bondelmonte aveva loro fatto di vergogna, sì presono il maladetto isdegno onde la città di Firenze fu guasta e partita; che di più causati de' nobili si congiuraro insieme di fare vergogna al detto messer Bondelmonte per vendetta di quella ingiuria. E stando tralloro a consiglio in che modo il dovessero offendere, o di batterlo o di fedirlo, il Mosca de' Lamberti disse la mala parola Cosa fatta capo ha, cioè che fosse morto: e così fu fatto; ché la mattina di Pasqua di Risurresso si raunaro in casa gli Amidei da Santo Stefano, e vegnendo d'Oltrarno il detto messere Bondelmonte vestito nobilemente di nuovo di roba tutta bianca, e in su uno palafreno bianco, giugnendo a piè del ponte Vecchio dal lato di qua, apunto a piè del pilastro ov'era la 'nsegna di Mars, il detto messer Bondelmonte fue atterrato del cavallo per lo Schiatta degli Uberti, e per lo Mosca Lamberti e Lambertuccio degli Amidei assalito e fedito, e per Oderigo Fifanti gli furono segate le vene e tratto affine; e ebbevi colloro uno de' conti da Gangalandi. Per la qual cosa la città corse ad arme e romore. E questa morte di messere Bondelmonte fu la cagione e cominciamento delle maladette parti guelfa e ghibellina in Firenze, con tutto che dinanzi assai erano le sette tra' nobili cittadini e le dette parti, per cagione delle brighe e questioni dalla Chiesa allo 'mperio; ma per la morte del detto messere Bondelmonte tutti i legnaggi de' nobili e altri cittadini di Firenze se ne partiro, e chi tenne co' Bondelmonti che presono la parte guelfa e furonne capo, e chi cogli Uberti che furono capo de' Ghibellini; onde alla nostra città seguì molto di male e ruina, come innanzi farà menzione, e mai non si crede ch'abbia fine, se Idio nol termina. E bene mostra che 'l nemico dell'umana generazione per le peccata de' Fiorentini avesse podere nell'idolo di Mars, che i Fiorentini pagani anticamente adoravano, ché a piè della sua figura si commise sì fatto micidio, onde tanto male è seguito alla città di Firenze. I maladetti nomi di parte guelfa e ghibellina si dice chessi criarono prima in Alamagna, per cagione che due grandi baroni di là aveano guerra insieme, e aveano ciascuno uno forte castello l'uno incontro all'altro, che l'uno avea nome Guelfo e l'altro Ghibellino, e durò tanto la guerra, che tutti gli Alamanni se ne partiro, e l'uno tenea l'una parte, e l'altro l'altra; e eziandio infino in corte di Roma ne venne la questione, e tutta la corte ne prese parte, e l'una parte si chiamava quella di Guelfo, e l'altra quella di Ghibellino: e così rimasero in Italia i detti nomi.

 

 

 

XXXIX

 

 

Delle case e de' nobili che divennero Guelfi e Ghibellini in Firenze.

 

Per la detta divisione questi furono i legnaggi de' nobili che a quello tempo furono e divennoro Guelfi in Firenze, contando a sesto a sesto, e simile i Ghibellini. Nel sesto d'Oltrarno furono Guelfi i Nerli gentiluomini, tutto fossero prima abitanti in Mercato vecchio, la casa de' Giacoppi detti Rossi, non però di grande progenia d'antichità, e già cominciavano a venire possenti i Frescobaldi, i Bardi, e' Mozzi, ma di piccolo cominciamento; Ghibellini nel sesto d'Oltrarno, de' nobili, i conti da Gangalandi, Obbriachi, e' Mannelli. Nel sesto di San Piero Scheraggio, i nobili che furono Guelfi, la casa de' Pulci, i Gherardini, i Foraboschi, i Bagnesi, i Guidalotti, i Sacchetti, e' Manieri, e quegli da Quona consorti di quegli da Volognano, i Lucardesi, i Chiermontesi, e' Compiobesi, i Cavalcanti; ma di poco tempo erano stratti di mercatanti. Nel detto sesto furono i Ghibellini la casa degli Uberti, che ne fu capo di parte, i Fifanti, gl'Infangati, e Amidei, e quegli da Volognano, e' Malespini, con tutto che poi per gli oltraggi degli Uberti loro vicini eglino e più altri legnaggi di San Piero Scheraggio si feciono Guelfi. Nel sesto di Borgo furono Guelfi la casa de' Bondelmonti, e furonne capo, la casa de' Giandonati, i Gianfigliazzi, la casa degli Scali, la casa de' Gualterotti, e quella degl'Importuni; i Ghibellini del detto sesto, la casa degli Scolari, che furono di ceppo consorti de' Bondelmonti, la casa de' Iudi, quella de' Galli, e' Cappiardi. Nel sesto di San Brancazio furono Guelfi i Bostichi, i Tornaquinci, i Vecchietti; i Ghibellini del detto sesto furono i Lamberti, i Soldanieri, i Cipriani, i Toschi, e gli Amieri, e Palermini, e Megliorelli, e Pigli, con tutto che poi parte di loro si fecioro Guelfi. Nel sesto di porte del Duomo furono in quegli tempi di parte guelfa i Tosinghi, gli Arrigucci, gli Agli, i Sizii; i Ghibellini del detto sesto, i Barucci, i cattani da Castiglione e da Cersino, gli Agolanti, i Brunelleschi; e poi si feciono Guelfi parte di loro. Nel sesto di porte San Piero furono de' nobili guelfi gli Adimari, i Visdomini, i Donati, i Pazzi, que' della Bella, gli Ardinghi, e' Tedaldi detti que' della Vitella; e già i Cerchi cominciavano assalire in istato, tutto fossono mercatanti. I Ghibellini del detto sesto, i Caponsacchi, i Lisei, gli Abati, i Tedaldini, i Giuochi, i Galigari; e molte altre schiatte d'orrevoli cittadini e popolani tennero l'uno coll'una parte e l'altro coll'altra, e si mutaro per gli tempi d'animo e di parte, che sarebbe troppa lunga matera a raccontare. E per la detta cagione si cominciaro di prima le maladette parti in Firenze; con tutto che di prima assai occultamente, pure era parte tra' cittadini nobili, che chi amava la signoria della Chiesa e chi quella dello 'mperio, ma però inn-istato e bene del Comune tutti erano in concordia.

 

XL

 

 

Come fu presa la città di Dammiata per gli Cristiani, e poi perduta.

 

Nell'anno MCCXV papa Innocenzo celebrò generale concilio a Roma per fare passaggio oltremare al soccorso della Terrasanta, e più ordini fece, ma poco appresso morì. E l'anno MCCXVI fu fatto papa Onorio terzo nato di Roma, il quale seguì poi il detto passaggio, ove andarono molti Romani, e Italiani, e Fiorentini, e andovvi d'oltramonti Otto imperadore, e più altri baroni d'Alamagna e di Francia l'anno MCCXVIII. E assediaro la città di Dammiata in Egitto per due anni, e dopo grande danno di mortalità de' Cristiani, che vi moriro il detto Otto e molta di sua gente, e l'anno appresso ebbono Dammiata per forza; e la 'nsegna del Comune di Firenze, il campo rosso e 'l giglio bianco, fu la prima chessi vide in sulle mura di Dammiata, per virtù de' pellegrini fiorentini che furono de' primi combattendo a vincere la terra; e ancora per ricordanza il detto gonfalone si mostra per le feste nella chiesa di San Giovanni. E vinta Dammiata per gli Cristiani, tutti i Saracini vi furono morti e presi; ma poco la tennero i Cristiani, per disensione che avenne tralegato del papa e' signori franceschi ch'aveno fatto il conquisto, per tale modo che l'anno di Cristo MCCXXI per assedio la rendero i Cristiani a' Saracini, riavendo i loro pregioni.

 

XLI

 

 

Come i Fiorentini fecero giurare alla città tutti i contadini e si cominciò il ponte nuovo da la Carraia.

 

Negli anni di Cristo MCCXVIII, essendo podestà di Firenze Otto da Mandella di Milano, i Fiorentini feciono giurare tutto il contado alla signoria del Comune, che prima la maggiore parte si tenea a signoria de' conti Guidi, e di quegli di Mangone, e di quegli di Capraia, e da Certaldo, e di più cattani che 'l s'aveano occupato per privilegi, e tali per forza degl'imperadori. E in questo anno si cominciaro a fondare le pile del ponte alla Carraia.

 

XLII

 

 

Come i Fiorentini presono Mortennana, e compiési il ponte nuovo detto dalla Carraia.

 

Negli anni di Cristo MCCXX, essendo podestà di Firenze messer Ugo del Grotto di Pisa, i Fiorentini andarono a oste sopra uno castello degli Squarcialupi chessi chiamava Mortennana, il quale era molto forte; ma per forza e ingegno si vinse; e quegli che per suo ingegno l'ebbe fu fatto a perpetuo franco d'ogni gravezza di Comune, e egli e' suoi discendenti; e 'l detto castello fu tutto disfatto infino alle fondamenta. E in questo anno medesimo si compié di fare il ponte alla Carraia, il quale si chiamava il ponte Nuovo, però che allora la città di Firenze nonn-avea che due ponti, cioè il ponte Vecchio e questo detto Nuovo.


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