Niccolò Machiavelli

CLIZIA


 

 

Canzona

 

ааааааааааа Quanto sia lieto el giorno

che le memorie antiche

fa ch'or per voi sien mostre e celebrate

si vede, perché intorno

tutte le genti amiche

si sono in questa parte ragunate.

Noi, che la nostra etate

ne' boschi e nelle selve consumiamo,

venuti ancor qui siamo,

io ninfa e noi pastori,

e giàm cantando insieme e nostri amori.

ааааааааааа Chiari giorni e quïeti!

Felice e bel paese,

dove del nostro conato el suon s'udia!

Pertanto, allegri e lieti,

a queste vostre imprese

faren col cantar nostro compagnia,

con sì dolce armonia,

qual mai sentita più non fu da voi:

e partirenci poi,

io ninfa e noi pastori,

e tornerenci a' nostri antichi amori.

 

 

PROLOGO

 

 

 

Se nel mondo tornassino i medesimi uomini, come tornano i medesimi casi, non passerebbono mai cento anni, che noi non ci trovassimo un'altra volta insieme a fare le medesime cose che ora. Questo si dice, perché già in Atene, nobile ed antichissima città in Grecia, fu un gentile uomo, al quale, non avendo altri figliuoli che uno maschio, capitò a sorte una picciola fanciulla in casa, la quale da lui infino alla età di diciassette anni fu onestissimamente allevata. Occorse dipoi che in uno tratto egli ed il figliuolo se ne innamororno: nella concorrenzia del quale amore assai casi e strani accidenti nacquono; i quali trapassati, il figliuolo la prese per donna, e con quella gran tempo felicissimamente visse.

Che direte voi, che questo medesimo caso, pochi anni sono, seguì ancora in Firenze? E, volendo questo nostro autore l'uno delli dua rappresentarvi, ha eletto el fiorentino, iudicando che voi siate per prendere maggiore piacere di questo che di quello: perché Atene è rovinata, le vie, le piazze, i luoghi non vi si ricognoscono; dipoi, quelli cittadini parlavano in greco, e voi quella lingua non intenderesti. Prendete, pertanto, el caso seguito in Firenze, e non aspettate di riconoscere o il casato o gli uomini, perché lo autore, per fuggire carico, ha convertiti i nomi veri in nomi fitti. Vuol bene, avanti che la comedia cominci, voi veggiate le persone, acciò che meglio, nel recitarla, le cognosciate. Uscite qua fuora tutti, che 'l popolo vi vegga. Eccogli. Vedete come e' ne vengono suavi? Ponetevi costì in fila, l'uno propinquo all'altro. Voi vedete. Quel primo è Nicomaco, un vecchio tutto pieno d'amore. Quello che gli è allato è Cleandro, suo figliuolo e suo rivale. L'altro si chiama Palamede, amico a Cleandro. Quelli dua che seguono, l'uno è Pirro servo, l'altro Eustachio fattore, de' quali ciascuno vorrebbe essere marito della dama del suo padrone. Quella donna, che vien poi, è Sofronia, moglie di Nicomaco. Quella appresso è Doria, sua servente. Di quegli ultimi duoi che restano, l'uno è Damone, l'altra è Sostrata, sua donna. Ècci un'altra persona, la quale, per avere a venire ancora da Napoli, non vi si mosterrà. Io credo che basti, e che voi gli abbiate veduti assai. Il popolo vi licenzia: tornate dentro.

Questa favola si chiama лClizia╗ perché così ha nome la fanciulla, che si combatte. Non aspettate di vederla, perché Sofronia, che l'ha allevata, non vuole per onestà che la venga fuora. Pertanto, se ci fussi alcuno che la vagheggiassi, arà pazienza. E' mi resta a dirvi, come lo autore di questa commedia è uomo molto costumato, e saprebbegli male, se vi paressi, nel vederla recitare, che ci fussi qualche disonestà. Egli non crede che la ci sia; pure, quando e' paressi a voi, si escusa in questo modo. Sono trovate le commedie, per giovare e per dilettare alli spettatori. Giova veramente assai a qualunque uomo, e massimamente a' giovanetti, cognoscere la avarizia d'uno vecchio, il furore d'uno innamorato, l'inganni d'uno servo, la gola d'uno parassito, la miseria d'uno povero, l'ambizione d'uno ricco, le lusinghe d'una meretrice, la poca fede di tutti gli uomini. De' quali essempli le commedie sono piene, e possonsi tutte queste cose con onestà grandissima rappresentare. Ma, volendo dilettare, è necessario muovere gli spettatori a riso: il che non si può fare mantenendo il parlare grave e severo, perché le parole, che fanno ridere, sono o sciocche, o iniuriose, o amorose; è necessario, pertanto, rappresentare persone sciocche, malediche, o innamorate: e perciò quelle commedie, che sono piene di queste tre qualità di parole, sono piene di risa; quelle che ne mancano, non truovano chi con il ridere le accompagni.

Volendo, adunque, questo nostro autore dilettare, e fare in qualche parte gli spettatori ridere, non inducendo in questa sua commedia persone sciocche, ed essendosi rimasto di dire male, è stato necessitato ricorrere alle persone innamorate ed alli accidenti, che nello amore nascano. Dove se fia alcuna cosa non onesta, sarà in modo detta che queste donne potranno sanza arrossire ascoltarla. Siate contenti, adunque, prestarci gli orecchi benigni: e, se voi ci satisfarete ascoltando, noi ci sforzeremo, recitando, di satisfare a voi.

 

ATTO PRIMO

 

Scena prima

 

PALAMEDE, CLEANDRO

 

ааааааааааа PAL.а Tu esci sì a buon'ora di casa?

ааааааааааа CLE.а Tu, donde vieni sì a buon'ora?

ааааааааааа PAL.а Da fare una mia faccenda.

ааааааааааа CLE.а Ed io vo a farne un'altra, o, a dire meglio, a cercarla di fare, perché s'io la farò, non ne ho certezza alcuna.

ааааааааааа PAL.а È ella cosa che si possa dire?

ааааааааааа CLE.а Non so, ma io so bene che la è cosa, che con difficultà si può fare.

ааааааааааа PAL.а Orsù, io me ne voglio ire, che io veggo come lo stare accompagnato t'infastidisce; e per questo io ho sempre fuggito la pratica tua, perché sempre ti ho trovato mal disposto e fantastico.

ааааааааааа CLE.а Fantastico no, ma innamorato sì.

ааааааааааа PAL.а Togli! Tu mi racconci la cappellina in capo!

ааааааааааа CLE.а Palamede mio, tu non sai mezze le messe. Io sono sempre vivuto disperato, ed ora vivo più che mai.

ааааааааааа PAL.а Come così?

ааааааааааа CLE.а Quello ch'io t'ho celato per lo adrieto, io ti voglio manifestare ora, poiché mi sono redutto al termine che mi bisogna soccorso da ciascuno.

ааааааааааа PAL.а Se io stavo mal volentieri teco in prima, io starò peggio ora, perché io ho sempre inteso, che tre sorte di uomini si debbono fuggire: cantori, vecchi ed innamorati. Perché, se usi con uno cantore e narrigli uno tuo fatto, quando tu credi che t'oda, e' ti spicca uno лut, re, mi, fa, sol, la╗, e gorgogliasi una canzonetta in gola. Se tu sei con uno vecchio, e' ficca el capo in quante chiese e' truova, e va a tutti gli altari a borbottare uno paternostro. Ma di questi duoi lo innamorato è peggio, perché non basta che, se tu gli parli, e' pone una vigna che t'empie gli orecchi di rammarichii e di tanti suoi affanni, che tu sei sforzato a moverti a compassione: perché, s'egli usa con una cantoniera, o ella lo assassina troppo, o ella lo ha cacciato di casa, sempre vi è qualcosa che dire; s'egli ama una donna da bene mille invidie, mille gelosie, mille dispetti lo perturbano; mai non vi manca cagione di dolersi. Pertanto, Cleandro mio, io userò tanto teco, quanto tu arai bisogno di me, altrimenti io fuggirò questi tuoi dolori.

ааааааааааа CLE.а Io ho tenute occulte queste mie passioni infino ad ora per coteste cagioni, per non essere fuggito come fastidioso o uccellato come ridiculo, perché io so che molti, sotto spezie di carità, ti fanno parlare, e poi ti ghignano drieto. Ma, poiché ora la Fortuna m'ha condotto in lato, che mi pare avere pochi rimedii, io te lo voglio conferire, per sfogarmi in parte, e anche perché, se mi bisognassi il tuo aiuto, che tu me lo presti.

ааааааааааа PAL.а Io sono parato, poiché tu vuoi, ad ascoltar tutto, e così a non fuggire né disagi né pericoli, per aiutarti.

ааааааааааа CLE.а Io lo so. Io credo che tu abbia notizia di quella fanciulla, che noi ci abbiamo allevata.

ааааааааааа PAL.а Io l'ho veduta. Donde venne?

ааааааааааа CLE.а Dirottelo. Quando, dodici anni sono, nel 1494, passò il re Carlo per Firenze, che andava con uno grande essercito alla impresa del Regno, alloggiò in casa nostra uno gentile uomo della compagnia di monsignor di Fois, chiamato Beltramo di Guascogna. Fu costui da mio padre onorato, ed egli, perché uomo da bene era, riguardò ed onorò la casa nostra; e dove molti feciono una inimicizia con quelli Franzesi avevano in casa, mio padre e costui contrassono una amicizia grandissima.

ааааааааааа PAL.а Voi avesti una gran ventura più che gli altri, perché quelli che furono messi in casa nostra ci feciono infiniti mali.

ааааааааааа CLE.а Credolo; ma a noi non intervenne così. Questo Beltramo ne andò con il suo re a Napoli; e, come tu sai, vinto che Carlo ebbe quel regno, fu constretto a partirsi, perché 'l papa, imperadore, Viniziani e duca di Milano se gli erano conlegati contro. Lasciate, pertanto, parte delle sue gente a Napoli, con il resto se ne venne verso Toscana; e, giunto a Siena, perch'egli intese la Lega avere uno grossissimo essercito sopra il Taro, per combatterlo allo scendere de' monti, gli parve da non perdere tempo in Toscana; e perciò, non per Firenze, ma per la via di Pisa e di Pontremoli, passò in Lombardia. Beltramo sentito il romore de' nimici, e dubitando, come intervenne, non avere a fare la giornata con quelli, avendo in tra la preda fatta a Napoli questa fanciulla, che allora doveva avere cinque anni, d'una bella aria e tutta gentile, deliberò di tôrla d'inanzi a' pericoli, e per uno suo servidore la mandò a mio padre, pregandolo che per suo amore dovessi tanto tenerla, che a più commodo tempo mandassi per lei; né mandò a dire se la era nobile o ignobile: solo ci significò che la si chiamava Clizia. Mio padre e mia madre, perché non avevano altri figliuoli che me, subito se ne innamororono.

ааааааааааа PAL.а Innamorato te ne sarai tu!

ааааааааааа CLE.а Lasciami dire! E come loro cara figliuola la trattorono. Io, che allora avevo dieci anni, mi cominciai, come fanno e fanciulli, a trastullare seco, e le posi uno amore estraordinario, il quale sempre con la età crebbe; di modo che, quando ella arrivò alla età di dodici anni, mio padre e mia madre cominciorono ad avermi gli occhi alle mani, in modo che, se io solo gli parlavo, andava sottosopra la casa. Questa strettezza (perché sempre si desidera più ciò che si può avere meno) raddoppiò lo amore, ed hammi fatto e fa tanta guerra, che io vivo con più affanni, che s'io fussi in inferno.

ааааааааааа PAL.а Beltramo, mandò mai per lei?

ааааааааааа CLE.а Di cotestui non si intese mai nulla: crediamo che morissi nella giornata del Taro.

ааааааааааа PAL.а Così dovette essere. Ma dimmi: che vuoi tu fare? A che termine sei? Vuo'la tu tòr per moglie, o vorrestila per amica? Che t'impedisce, avendola in casa? Può essere che tu non ci abbia rimedio?

ааааааааааа CLE.а Io t'ho a dire dell'altre cose, che saranno con mia vergogna, perciò ch'io voglio che tu sappi ogni cosa.

ааааааааааа PAL.а Di' pure.

ааааааааааа CLE.а E' mi vien voglia, disse colei, di ridere, ed ho male! Mio padre se n'è innamorato anch'egli.

ааааааааааа PAL.а Chi, Nicomaco?!

ааааааааааа CLE.а Nicomaco, sì.

ааааааааааа PAL.а Puollo fare Iddio?

ааааааааааа CLE.а E' lo può fare Iddio e' santi!

ааааааааааа PAL.а Oh! questo è il più bel caso, ch'io sentissi mai: e' non se ne guasta se non una casa. Come vivete insieme? che fate? a che pensate? tua madre, sa queste cose?

ааааааааааа CLE.а E' lo sa mia madre, le fante, e famigli: egli è una tresca el fatto nostro!

ааааааааааа PAL.а Dimmi: infine, dove è ridotta la cosa?

ааааааааааа CLE.а Dirottelo. Mio padre, per moglie, quando bene e' non ne fussi innamorato, non me la concederebbe mai, perché è avaro, ed ella è sanza dota. Dubita anche che la non sia ignobile. Io, per me, la torrei per moglie, per amica, ed in tutti quelli modi ch'io la potessi avere. Ma di questo non accade ragionare ora. Solo ti dirò dove noi ci troviamo.

ааааааааааа PAL.а Io l'arò caro.

ааааааааааа CLE.а Tosto che mio padre si innamorò di costei, che debbe essere circa uno anno, e desiderando di cavarsi questa voglia, che lo fa proprio spasimare, pensò che non c'era altro rimedio che maritarla ad uno che poi gliene accomunassi, perché tentare d'averla prima che maritata gli debbe parere cosa impia e brutta; e, non sapendo dove si gittare, ha eletto per il più fidato a questa cosa Pirro, nostro servo, e menò tanta segreta questa sua fantasia che ad uno pelo la fu per condursi, prima che altri se ne accorgessi. Ma Sofronia, mia madre, che prima un pezzo dello innamoramento si era avveduta, scoperse questo agguato, e con ogni industria, mossa da gelosia ed invidia, attende a guastare. Il che non ha potuto far meglio, che mettere in campo uno altro marito, e biasimare quello; e dice volerla dare ad Eustacchio, nostro fattore. E benché Nicomaco sia di più autorità, nondimeno l'astuzia di mia madre, gli aiuti di noi altri, che, sanza molto scoprirci, gli facciamo, ha tenuta la cosa in ponte più settimane. Tuttavia Nicomaco ci serra forte, ed ha deliberato, a dispetto di mare e di vento, fare oggi questo parentado, e vuole che la meni questa sera, ed ha tolto a pigione quella casetta, dove abita Damone, vicino a noi e dice che gliene vuole comperare, fornirla di masserizie, aprirgli una bottega, e farlo ricco.

ааааааааааа PAL.а A te che importa che l'abbia più Pirro che Eustacchio?

ааааааааааа CLE.а Come, che m'importa? Questo Pirro è il maggiore ribaldello che sia in Firenze, perché, oltre ad averla pattuita con mio padre, è uomo che mi ebbe sempre in odio, di modo ch'io vorrei che l'avessi più tosto el diavolo dell'inferno. Io scrissi ieri al fattore, che venissi a Firenze: maravigliomi ch'e' non venne iersera. Io voglio star qui, a vedere s'io lo vedessi comparire. Tu, che farai?

ааааааааааа PAL.а Andrò a fare una mia faccenda.

ааааааааааа CLE.а Va', in buon'ora.

ааааааааааа PAL.а Addio. Temporéggiati il meglio puoi, e, se vuoi cosa alcuna, parla.

 

Scena seconda

 

CLEANDRO SOLO

 

ааааааааааа CLE.а Veramente chi ha detto che lo innamorato ed il soldato si somigliono ha detto il vero. El capitano vuole che i suoi soldati sien giovani, le donne vogliono che i loro amanti non sieno vecchi. Brutta cosa vedere un vecchio soldato, bruttissima è vederlo innamorato. I soldati temono lo sdegno del capitano, gli amanti non meno quello delle loro donne. I soldati dormono in terra allo scoperto, gli amanti su per muricciuoli. I soldati perseguono infino a morte i loro nimici, gli amanti i loro rivali. I soldati, per la oscura notte, nel più gelato verno, vanno per il fango, esposti alle acque ed a' venti, per vincere una impresa, che faccia loro acquistare la vittoria; gli amanti, per simil' vie e con simili e maggiori disagi, di acquistare la loro amata cercano. Ugualmente, nella milizia e nello amore è necessario il secreto, la fede e l'animo, sono e pericoli uguali, ed il fine il più delle volte è simile: il soldato more in una fossa, lo amante more disperato. Così dubito io che non intervenga a me. Ed ho la dama in casa, veggola quanto io voglio, mangio sempre seco! Il che credo che mi sia maggior dolore: perché, quanto è più propinquo l'uomo ad uno suo desiderio, più lo desidera, e, non lo avendo, maggior dolore sente. A me bisogna pensare per ora di sturbare queste nozze; dipoi, nuovi accidenti mi arrecheranno nuovi consigli e nuova fortuna. È egli possibile che Eustachio non venga di villa? E scrissigli che ci fussi infino iersera! Ma io lo veggo spuntare là, da quel canto. Eustachio! o Eustachio!

 

Scena terza

 

EUSTACHIO, CLEANDRO

 

ааааааааааа EU.а Chi mi chiama? O Cleandro!

ааааааааааа CLE.а Tu hai penato tanto a comparire!

ааааааааааа EU.а Io venni infino iersera, ma io non mi sono appalesato, perché, poco innanzi che io avessi la tua lettera, ne avevo avuta una da Nicomaco, che mi imponeva uno monte di faccende, e perciò io non volevo capitargli innanzi, se prima io non ti vedevo.

ааааааааааа CLE.а Hai ben fatto. Io ho mandato per te, perché Nicomaco sollecita queste nozze di Pirro; le quale tu sai non piacciono a mia madre, perché, poiché di questa fanciulla si ha a fare bene ad uno uomo nostro, vorrebbe che la si dessi a chi la merita più. Ed invero le tue condizioni sono altrimenti fatte che quelle di Pirro; che, a dirlo qui fra noi, egli è uno sciagurato.

ааааааааааа EU.а Io ti ringrazio; e veramente io non avevo il capo a tòr donna, ma, poiché tu e madonna volete, io voglio ancora io. Vero è ch'io non vorrei anche arrecarmi nimico Nicomaco, perché poi alla fine, el padrone è egli.

ааааааааааа CLE.а Non dubitare, perché mia madre ed io non siamo per mancarti, e ti trarremo d'ogni pericolo. Io vorrei bene che tu ti rassettassi uno poco. Tu hai cotesto gabbano, che ti cade di dosso, hai el tocco polveroso, una barbaccia... Va' al barbieri, làvati el viso, sétolati cotesti panni, acciò che Clizia non ti abbia a rifiutare per porco.

ааааааааааа EU.а Io non sono atto a rimbiondirmi.

ааааааааааа CLE.а Va', fa' quel ch'io ti dico, e poi te ne vai in quella chiesa vicina, e quivi mi aspetta. Io me ne andrò in casa, per vedere a quel che pensa el vecchio.

 

Canzona

 

ааааааааааа Chi non fa prova, Amore,

della tua gran possanza, indarno spera

di far mai fede vera

qual sia del Cielo il più alto valore;

né sa come si vive insieme e more,

come si segue el danno, il ben si fugge,

come s'ama se stesso

men d'altrui, come spesso

paura e speme i cori adiaccia e strugge:

né sa come ugualmente uomini e dèi

paventan l'arme di che armato sei.

 

ATTO SECONDO

 

Scena prima

 

NICOMACO SOLO

 

ааааааааааа NI.а Che domine ho io stamani intorno agli occhi? E' mi pare avere e bagliori, che non mi lasciono vedere lume e iersera io arei veduto el pelo nell'uovo. Are' io beuto troppo? Forse che sì. O Dio, questa vecchiaia ne viene con ogni mal mendo! Ma io non sono ancora sì vecchio, ch'io non rompessi una lancia con Clizia. È egli però possibile che io mi sia innamorato a questo modo? E, quello che è peggio, mogliama se ne è accorta, ed indovinasi perch'io voglia dare questa fanciulla a Pirro. Infine, e' non mi va solco diritto. Pure, io ho a cercare di vincere la mia. Pirro! o Pirro! vien' giù, esci fuora!

 

Scena seconda

 

PIRRO, NICOMACO

 

ааааааааааа PI.а Eccomi!

ааааааааааа NI.а Pirro, io voglio che tu meni questa sera moglie in ogni modo.

ааааааааааа PI.а Io la merrò ora.

ааааааааааа NI.а Adagio un poco! - A cosa, a cosa, - disse 'l Mirra. E' bisogna anche fare le cose in modo che la casa non vadia sottosopra. Tu vedi: mogliama non se ne contenta, Eustacchio la vuole anch'egli, parmi che Cleandro lo favorisca, e' ci si è vòlto contro Iddio e 'l diavolo. Ma sta' tu pur forte nella fede di volerla; non dubitare, ch'io varrò per tutti loro, perché, al peggio fare, io te la darò a loro dispetto, e chi vuole ingrognare, ingrogni!

ааааааааааа PI.а Al nome di Dio, ditemi quel che voi volete che io facci.

ааааааааааа NI.а Che tu non ti parta di quinci oltre, acciò che, s'io ti voglio, che tu sia presto.

ааааааааааа PI.а Così farò, ma mi era scordato dirvi una cosa.

ааааааааааа NI.а Quale?

ааааааааааа PI.а Eustachio è in Firenze.

ааааааааааа NI.а Come, in Firenze? Chi te l'ha detto?

ааааааааааа PI. аSer Ambruogio, nostro vicino in villa, e mi dice che entrò dentro alla porta iarsera con lui.

ааааааааааа NI.а Come, iarsera? Dove è egli stato stanotte?

ааааааааааа PI.а Chi lo sa?

ааааааааааа NI.а Sia, in buon'ora. Va' via, fa' quello ch'io t'ho detto. [Pirro parte] Sofronia arà mandato per Eustachio, e questo ribaldo ha stimato più le lettere sue che le mie, che gli scrissi che facessi mille cose, che mi rovinano, se le non si fanno. Al nome di Dio, io ne lo pagherò! Almeno sapessi io dove egli è e quel che fa! Ma ecco Sofronia, che esce di casa.

 

Scena terza

 

SOFRONIA, NICOMACO

 

ааааааааааа SO.а [sola] Io ho rinchiusa Clizia e Doria in camera. E' mi bisogna guardare questa povera fanciulla dal figliuolo, dal marito, da' famigli: ognuno l'ha posto il campo intorno.

ааааааааааа NI.а Ove si va?

ааааааааааа SO.а Alla messa.

ааааааааааа NI.а Ed è per carnesciale: pensa quel che tu farai di quaresima!

ааааааааааа SO.а Io credo che s'abbia a fare bene d'ogni tempo, e tanto è più accetto farlo in quelli tempi che gli altri fanno male. Ma e' mi pare che, a fare bene, noi ci facciamo da cattivo lato!

ааааааааааа NI.а Come? Che vorresti tu che si facessi?

ааааааааааа SO.а Che non si pensassi a chiacchiere; e, poiché noi abbiamo in casa una fanciulla buona, d'assai, e bella, abbiamo durato fatica ad allevarla, che si pensi di nolla gittare or via; e, dove prima ogni uomo ci lodava, ogni uomo ora ci biasimerà, veggendo che noi la diano ad uno ghiotto, sanza cervello, e non sa fare altro che un poco radere, che è un'arte che non ne viverebbe una mosca!

ааааааааааа NI.а Sofronia mia, tu erri. Costui è giovane, di buono aspetto (e, se non sa, è atto a imparare), vuol bene a costei: che son tre gran parte in uno marito, gioventù, bellezza ed amore. A me non pare che si possa ire più là, né che di questi partiti se ne truovi ad ogni uscio. Se non ha roba, tu sai che la roba viene e va; e costui è uno di quegli, che è atto a farne venire; ed io non lo abbandonerò, perch'io fo pensiero, a dirti il vero, di comperarli quella casa, che per ora ho tolta a pigione da Damone, nostro vicino, ed empierolla di masserizie; e di più, quando mi costassi quattrocento fiorini, per metterliene...

ааааааааааа SO.а Ah, ah, ah!

ааааааааааа NI.а Tu ridi?

ааааааааааа SO.а Chi non riderebbe? Dove liene vuoi tu mettere?

ааааааааааа NI.а Sì, che vuoi tu dire? ... per metterliene in su 'n una bottega, non sono per guardarvi.

ааааааааааа SO.а È egli possibile però che tu voglia con questo partito strano tôrre al tuo figliuolo più che non si conviene, e dare a costui più che non merita? Io non so che mi dire: io dubito che non ci sia altro, sotto.

ааааааааааа NI.а Che vuoi tu che ci sia?

ааааааааааа SO.а Se ci fussi chi non lo sapessi, io glielo direi; ma, perché tu lo sai, io non te lo dirò.

ааааааааааа NI.а Che so io?

ааааааааааа SO.а Lasciamo ire! Che ti muove a darla a costui? Non si potrebbe con questa dote o con minore maritarla meglio?

ааааааааааа NI.а Sì credo. Nondimeno, e' mi muove l'amore, ch'io porto all'una ed all'altro, che avendoceli allevati tutti a dua, mi pare da benificarli tutti a dua.

ааааааааааа SO.а Se cotesto ti muove, non ti hai tu ancora allevato Eustachio, tuo fattore?

ааааааааааа NI.а Sì, ho; ma che vuoi tu che la faccia di cotestui, che non ha gentilezza veruna ed è uso a stare in villa fra' buoi e tra le pecore? Oh! se noi gliene dessimo, la si morrebbe di dolore.

ааааааааааа SO.а E con Pirro si morrà di fame. Io ti ricordo che le gentilezze delli uomini consistono in avere qualche virtù, sapere fare qualche cosa, come sa Eustachio, che è uso alle faccende in su' mercati, a fare masserizia, ad avere cura delle cose d'altri e delle sua, ed è uno uomo, che viverebbe in su l'acqua: tanto che tu sai che gli ha un buono capitale. Pirro, dall'altra parte, non è mai se non in sulle taverne, su pe' giuochi, un cacapensieri, che morrebbe di fame nello Altopascio!

ааааааааааа NI.а Non ti ho io detto quello che io li voglio dare?

ааааааааааа SO.а Non ti ho io risposto che tu lo getti via? Io ti concludo questo, Nicomaco, che tu hai speso in nutrir costei, ed io ho durato fatica in allevarla; e per questo, avendoci io parte, io voglio ancora io intendere come queste cose hanno ad andare: o io dirò tanto male e commetterò tanti scandoli, che ti parrà essere in mal termine, che non so come tu ti alzi el viso. Va', ragiona di queste cose con la maschera!

ааааааааааа NI.а Che mi di' tu? Se' tu impazata? Or mi fa' tu venir voglia di dargliene in ogni modo; e, per cotesto amore, voglio io che la meni stasera, e merralla, se ti schizzassino gli occhi!

ааааааааааа SO.а O la merrà, o e' non la merrà.

ааааааааааа NI.а Tu mi minacci di chiacchiere; fa' ch'io non dica. Tu credi forse che io sia cieco, e che io non conosca e giuochi di queste tua bagatelle? Io sapevo bene che le madre volevano bene a' figliuoli, ma non credevo che le volessino tenere le mani alle loro disonestà!

ааааааааааа SO.а Che di' tu? Che cosa è disonesta?

ааааааааааа NI.а Deh! non mi fare dire. Tu m'intendi, ed io t'intendo. Ognuno di noi sa a quanti dì è san Biagio. Facciamo, per tua fé, le cose d'accordo, che, se noi entriamo in cetere, noi sareno la favola del popolo.

ааааааааааа SO.а Entra in che cetere tu vuoi. Questa fanciulla non s'ha a gittar via, o io manderò sottosopra, non che la casa, Firenze.

ааааааааааа NI.а Sofronia, Sofronia, chi ti pose questo nome non sognava! Tu se' una soffiona, e se' piena di vento!

ааааааааааа SO.а Al nome d'Iddio, io voglio ire alla messa! Noi ci rivedreno.

ааааааааааа NI.а Odi un poco: sarebbeci modo a raccapezzare questa cosa, e che noi non ci facessimo tenere pazzi?

ааааааааааа SO.а Pazzi no, ma tristi sì.

ааааааааааа NI.а Ei ci sono in questa terra tanti uomini dabbene, noi abbiamo tanti parenti, e' ci sono tanti buoni religiosi! Di quello che noi non siamo d'accordo noi, domandianne loro, e per questa via o tu o io ci sgarereno.

ааааааааааа SO.а Che? vogliamo noi cominciare a bandire queste nostre pazzie?

ааааааааааа NI.а Se noi non vogliamo tòrre amici o parenti, togliamo uno religioso, e non si bandiranno; e rimettiamo in lui questa cosa in confessione.

ааааааааааа SO.а A chi andremo?

ааааааааааа NI.а E' non si può andare ad altri che a fra' Timoteo, che è nostro confessoro di casa, ed è uno santerello, ed ha fatto già qualche miracolo.

ааааааааааа SO.а Quale?

ааааааааааа NI.а Come, quale? Non sai tu che, per le sue orazioni, mona Lucrezia di messer Nicia Calfucci, che era sterile, ingravidò?

ааааааааааа SO.а Gran miracolo, un frate fare ingravidare una donna! Miracolo sarebbe se una monaca la facessi ingravidare ella!

ааааааааааа NI.а È egli possibile che tu non mi attraversi sempre la via con queste novelle?

ааааааааааа SO.а Io voglio ire alla messa, e non voglio rimettere le cose mia in persona.

ааааааааааа NI.а Orsù, va' e torna: io ti aspetterò in casa. [Sofronia parte] Io credo che sia bene non si discostare molto, perché non trafugassino Clizia in qualche lato.

 

Scena quarta

 

SOFRONIA SOLA

 

ааааааааааа SO.а Chi conobbe Nicomaco uno anno fa, e lo pratica ora, ne debbe restare maravigliato, considerando la gran mutazione, che gli ha fatta, perché soleva essere uno uomo grave, resoluto, respettivo. Dispensava il tempo suo onorevolmente, e si levava la mattina di buon'ora, udiva la sua messa, provedeva al vitto del giorno; dipoi, s'egli aveva faccenda in piazza, in mercato, o a' magistrati, e' le faceva; quanto che no, o e' si riduceva con qualche cittadino tra ragionamenti onorevoli, o e' si ritirava in casa nello scrittoio, dove raguagliava sue scritture, riordinava suoi conti; dipoi, piacevolmente con la sua brigata desinava; e, desinato, ragionava con il figliuolo, ammunivalo, davagli a conoscere gli uomini, e con qualche essemplo antico e moderno gl'insegnava vivere; andava dipoi fuora, consumava tutto il giorno o in faccende o in diporti gravi ed onesti; venuta la sera, sempre l'Avemaria lo trovava in casa: stavasi un poco con esso noi al fuoco, se gli era di verno; dipoi, se n'entrava nello scrittoio, a rivedere le faccende sue; alle tre ore si cenava allegramente. Questo ordine della sua vita era uno essemplo a tutti gli altri di casa, e ciascuno si vergognava non lo imitare. E così andavano le cose ordinate e liete. Ma, dipoi che gli entrò questa fantasia di costei, le faccende sue si straccurano, e poderi si guastono, e trafichi rovinano; grida sempre, e non sa di che, entra ed esce di casa ogni dì mille volte, sanza sapere quello che si vada faccendo; non torna mai ad ora, che si possa cenare o desinare a tempo; se tu gli parli, o e' non ti risponde, o e' ti risponde non a proposito. I servi, vedendo questo, si fanno beffe di lui, il figliuolo ha posto giù la reverenzia, ognuno fa a suo modo, ed infine niuno dubita di fare quello che vede fare a lui: in modo che io dubito, se Iddio non ci remedia, che questa povera casa non rovini. Io voglio pure andare alla messa, e raccomandarmi a Dio quanto io posso. Io veggo Eustachio e Pirro che si bisticciano: be' mariti che si apparecchiano a Clizia!

 

Scena quinta

 

PIRRO, EUSTACHIO

 

ааааааааааа PI.а Che fa' tu in Firenze, trista cosa?

ааааааааааа EU.а Io non l'ho a dire a te.

ааааааааааа PI.а Tu se' così razzimato! Tu mi pari un cesso ripulito!

ааааааааааа EU.а Tu hai sì poco cervello, che io mi maraviglio ch'e fanciulli non ti gettino drieto e sassi.

ааааааааааа PI.а Presto ci avvedremo chi arà più cervello, o tu o io.

ааааааааааа EU.а Prega Iddio che 'l padrone non muoia, che tu andrai un dì accattando!

ааааааааааа PI.а Hai tu veduto Nicomaco?

ааааааааааа EU.а Che ne vuoi tu sapere, se io l'ho veduto o no?

ааааааааааа PI.а E' toccherà bene a te a saperlo, che se e' non si rimuta, se tu non torni in villa da te, e' vi ti farà portare a' birri.

ааааааааааа EU.а E' ti dà una gran briga questo mio essere in Firenze!

ааааааааааа PI.а E' dà più briga ad altri che a me.

ааааааааааа EU.а E però ne lascia el pensiero ad altri.

ааааааааааа PI.а Pure le carne tirano.

ааааааааааа EU.а Tu guardi, e ghigni.

ааааааааааа PI.а Guardo che tu saresti el bel marito.

ааааааааааа EU.а Orbè, sai quello ch'io ti voglio dire? лEd anche il duca murava!╗ Ma, s'ella prende te, la sarà salita in su' muricciuoli. Quanto sarebbe meglio che Nicomaco la affogassi in quel suo pozzo! Almeno la poverina morrebbe ad uno tratto.

ааааааааааа PI.а Doh! villan poltrone, profumato nel litame! Part'egli avere carni da dormire allato a sì dilicata figlia?

ааааааааааа EU.а Ell'arà bene carni teco! che, se la sua trista sorte te la dà, o ella in uno anno diventerà puttana, o ella si morrà di dolore: ma del primo ne sarai tu d'accordo seco, che, per uno becco pappataci, tu sarai desso!

ааааааааааа PI.а Lasciamo andare! Ognuno aguzzi e sua ferruzzi: vedreno a chi e' dirà meglio. Io me ne voglio ire in casa, ch'io t'arei a rompere la testa.

ааааааааааа EU.а Ed io mi tornerò in chiesa.

ааааааааааа PI.а Tu fai bene a non uscire di franchigia!

 

 

Canzona

 

ааааааааааа Quanto in cor giovanile è bello amore.

Ranto si disconviene

in chi degli anni suoi passato ha il fiore.

ааааааааааа Amore ha sua virtute agli anni uguale,

e nelle fresche etati assai s'onora,

e nelle antiche poco o nulla vale:

sì che, o vecchi amorosi, el meglio fora

lasciar la impresa a' giovinetti ardenti,

ch'a più fort'opra intenti,

far ponno al suo signor più largo onore.

 

ATTO TERZO

 

Scena prima

 

NICOMACO, CLEANDRO

 

ааааааааааа NI.а Cleandro! o Cleandro!

ааааааааааа CLE.а Messere!

ааааааааааа NI.а Esci giù, esci giù, dico io! Che fai tu, tanto el dì, in casa? Non te ne vergogni tu, che dài carico a cotesta fanciulla? Sogliono a simili dì di carnasciale e giovani tuoi pari andarsi a spasso veggendo le maschere, o ire a fare al calcio. Tu se' uno di quelli uomini, che non sai far nulla, e non mi pari né morto né vivo.

ааааааааааа CLE.а Io non mi diletto di coteste cose, e non me ne dilettai mai, e piacemi più lo stare solo che con coteste compagnie, e tanto più stavo ora volentieri in casa veggendovi stare voi, per potere, se voi volevi cosa alcuna, farla.

ааааааааааа NI.а Deh! guarda dove l'aveva! Tu se' el buon figliuolo! Io non ho bisogno di averti tuttodì drieto! Io tengo dua famigli ed uno fattore, per non avere a comandare a te.

ааааааааааа CLE.а Al nome d'Iddio! e' non è però che quello ch'io fo no 'l faccia per bene.

ааааааааааа NI.а Io non so per quel che tu te 'l fai, ma io so bene che tua madre è una pazza, e rovinerà questa casa. Tu faresti el meglio a ripararci.

ааааааааааа CLE.а O lei, o altri.

ааааааааааа NI.а Chi altri?

ааааааааааа CLE.а Io non so.

ааааааааааа NI.а E' mi pare bene che tu no 'l sappi. Ma che di' tu di questi casi di Clizia?

ааааааааааа CLE.а [a parte] Vedi che vi capitamo!

ааааааааааа NI.а Che di' tu? Di' forte, ch'io t'intenda.

ааааааааааа CLE.а Dico ch'io non so che me ne dire.

ааааааааааа NI.а Non ti par egli che questa tua madre pigli un granchio, a non volere che Clizia sia moglie di Pirro?

ааааааааааа CLE.а Io non me ne intendo.

ааааааааааа NI.а Io son chiaro! tu hai preso la parte sua! E' ci cova sotto altro che favole! Parrebbet'egli però che la stessi bene con Eustachio?

ааааааааааа CLE.а Io non lo so, e non me ne intendo .

ааааааааааа NI.а Di che diavolo t'intendi tu?

ааааааааааа CLE.а Non di cotesto.

ааааааааааа NI.а Tu ti sei pur inteso di far venire in Firenze Eustachio, e trafugarlo, perché io non lo vegga, e tendermi lacciuoli per guastare queste nozze. Ma te e lui caccerò io nelle Stinche; a Sofronia renderò io la sua dota, e manderolla via, perché io voglio essere io signore di casa mia, e ognuno se ne sturi gli orecchi! E voglio che questa sera queste nozze si faccino, o io, quando non arò altro rimedio, caccerò fuoco in questa casa. Io aspetterò qui tua madre, per vedere s'io posso essere d'accordo con lei; ma quando io non possa, ad ogni modo ci voglio l'onor mio, che io non intendo ch'e paperi menino a bere l'oche. Va', pertanto, se tu desideri el bene tuo e la pace di casa, a pregarla che facci a mio modo. Tu la troverrai in chiesa, ed io aspetterò te e lei qui in casa. E se tu vedi quel ribaldo di Eustachio digli che venghi a me, altrimenti non farà bene e casi suoi.

ааааааааааа CLE.а Io vo.

 

Scena seconda

 

CLEANDRO SOLO

 

ааааааааааа CLE.а O miseria di chi ama! Con quanti affanni passo io il mio tempo! Io so bene che qualunque ama una cosa bella, come è Clizia, ha di molti rivali, che gli dànno infiniti dolori; ma io non intesi mai che ad alcuno avvenissi di avere per rivale il padre; e, dove molti giovani hanno trovato appresso al padre qualche remedio, io vi truovo el fondamento e la cagione del male mio; e, se mia madre mi favorisce, la non fa per favorire me, ma per disfavorire la impresa del marito. E perciò io non posso scoprirmi in questa cosa gagliardamente, perché sùbito la crederrebbe che io avessi fatti quelli patti con Eustachio che mio padre ha fatti con Pirro, e come la credesse questo, mossa dalla conscienzia, lascerebbe ire l'acqua alla china, e non se ne travaglierebbe più, e io al tutto sarei spacciato, e ne piglierei tanto dispiacere, ch'io non crederrei più vivere. Io veggio mia madre, che esce di chiesa: io voglio parlare seco, ed intendere la fantasia sua, e vedere quali rimedii ella apparecchi contro a' disegni del vecchio.

 

Scena terza

 

CLEANDRO, SOFRONIA

 

ааааааааааа CLE.а Dio vi salvi, madre mia!

ааааааааааа SO.а O Cleandro! Vieni tu di casa?

ааааааааааа CLE.а Madonna sì.

ааааааааааа SO.а Sèvvi tu stato tuttavia, poi ch'io vi ti lasciai?

ааааааааааа CLE.а Sono.

ааааааааааа SO.а Nicomaco, dove è?

ааааааааааа CLE.а È in casa, e per cosa che sia accaduta non è uscito.

ааааааааааа SO.а Lascialo fare, al nome d'Iddio! Una ne pensa el ghiotto, e l'altra el tavernaio. Hatt'egli detto cosa alcuna?

ааааааааааа CLE.а Un monte di villanie; e parmi che gli sia entrato el diavolo addosso. E' vuole mettere nelle Stinche Eustachio e me, a voi vuole rendere la dota, e cacciarvi via, e minaccia, nonché altro, di cacciare fuoco in casa, e mi ha imposto ch'io vi truovi e vi persuada a consentire a queste nozze, altrimenti non si farà per voi.

ааааааааааа SO.а Tu, che ne di'?

ааааааааааа CLE.а Dicone quello che voi, perché io amo Clizia come sorella, e dorrebbemi infino all'anima, che la capitassi in mano di Pirro.

ааааааааааа SO.а Io non so come tu te la ami, ma io ti dico bene questo, che s'io credessi trarla delle mani di Nicomaco e metterla nelle tua, che io non me ne impaccerei. Ma io penso che Eustachio la vorrebbe per sé, e che il tuo amore, per la sposa tua (che siamo per dartela presto), si potessi cancellare.

ааааааааааа CLE.а Voi pensate bene; e però io vi prego, che voi facciate ogni cosa, perché queste nozze non si faccino; e, quando non si possa fare altrimenti che darla ad Eustachio, dìesili; ma, quando si possa, sarebbe meglio, secondo me, lasciarla stare così, perché l'è ancora giovinetta, e non le fugge il tempo: potrebbono e Cieli farle trovare e sua parenti, e, quando e' fussino nobili, arebbono un poco obligo con voi, trovando che voi l'avessi maritata o ad uno famiglio, o ad uno contadino!

ааааааааааа SO.а Tu di' bene: io ancora ci avevo pensato, ma la rabbia di questo vecchio mi sbigottisce. Nondimeno, e' mi si aggirano tante cose per il capo, che io credo che qualcuna gli guasterà ogni suo disegno. Io me ne voglio ire in casa, perché io veggo Nicomaco aliare intorno all'uscio. Tu, va' in chiesa, e di' ad Eustachio che venga a casa, e non abbia paura di cosa alcuna.

ааааааааааа CLE.а Così farò.

 

Scena quarta

 

NICOMACO, SOFRONIA

 

ааааааааааа NI.а [solo]Io veggo mogliama, che torna: io la voglio un poco berteggiare, per vedere se le buone parole mi giovano. O fanciulla mia, ha' tu però a stare sì malinconosa, quando tu vedi la tua speranza? Sta' un poco meco!

ааааааааааа SO.а Lasciami ire!

ааааааааааа NI.а Fermati, dico!

ааааааааааа SO.а Io non voglio: tu mi par' cotto!

ааааааааааа NI.а Io ti verrò drieto.

ааааааааааа SO.а Se' tu impazzato?

ааааааааааа NI.а Pazzo, perch'io ti voglio troppo bene?

ааааааааааа SO.а Io non voglio che tu me ne voglia.

ааааааааааа NI.а Questo non può essere!

ааааааааааа SO.а Tu m'uccidi! Uh, fastidioso!

ааааааааааа NI.а Io vorrei che tu dicessi il vero.

ааааааааааа SO.а Credotelo.

ааааааааааа NI.а Eh! guatami un poco, amor mio.

ааааааааааа SO.а Io ti guato, ed odoroti anche: tu sai di buono! Bembè, tu mi riesci!

ааааааааааа NI. [a parte] Ohimé, che la se ne è avveduta! Che maladetto sia quel poltrone, che me l'arrecò dinanzi!

ааааааааааа SO.а Onde son venuti questi odori, di che sai tu, vecchio impazzato?

ааааааааааа NI.а E' passò dianzi uno di qui, che ne vendeva: io gli trassinai, e mi rimase di quello odore addosso.

ааааааааааа SO. [a parte] Egli ha già trovato la bugia! [A Nicomaco] Non ti vergogni tu di quello che tu fai da uno anno in qua? Usi sempre con sei giovanetti, vai alla taverna, ripariti in casa femmine, e dove si giuoca, spendi sanza modo. Begli essempli, che tu dai al tuo figliuolo! Date moglie a questi valenti uomini!

ааааааааааа NI.а Ah! moglie mia, non mi dir tanti mali ad un tratto! Serba qualche cosa a domani! Ma non è egli ragionevole che tu faccia più tosto a mio modo, che io a tuo?

ааааааааааа SO.а Sì, delle cose oneste.

ааааааааааа NI.а Non è egli onesto maritare una fanciulla?

ааааааааааа SO.а Sì, quando ella si marita bene.

ааааааааааа NI.а Non starà ella bene con Pirro?

ааааааааааа SO.а No.

ааааааааааа NI.а Perché?

ааааааааааа SO.а Per quelle cagioni, ch'io t'ho dette altre volte.

ааааааааааа NI.а Io m'intendo di queste cose più di te. Ma, se io facessi tanto con Eustachio, ch'e' non la volessi?

ааааааааааа SO.а E se io facessi con Pirro tanto, che non la volessi anch'egli?

ааааааааааа NI.а Da ora innanzi, ciascuno di noi si pruovi, e chi di noi dispone el suo, abbi vinto.

ааааааааааа SO.а Io son contenta. Io vo in casa a parlare a Pirro, e tu parlerai con Eustachio, che io lo veggo uscir di chiesa.

ааааааааааа NI.а Sia fatto.

 

Scena quinta

 

EUSTACHIO, NICOMACO

 

ааааааааааа EU.а [solo] Poiché Cleandro mi ha detto che io vadia a casa e non dubiti, io voglio fare buono cuore, ed andarvi.

ааааааааааа NI. [a parte] Io volevo dire a questo ribaldo una carta di villanie, e non potrò, poiché io l'ho a pregare. [ad Eustachio] Eustachio!

ааааааааааа EU.а O padrone!

ааааааааааа NI.а Quando fusti tu in Firenze?

ааааааааааа EU.а Iarsera.

ааааааааааа NI.а Tu hai penato tanto a lasciarti rivedere! Dove se' tu stato tanto?

ааааааааааа EU.а Io vi dirò. Io mi cominciai iermattina a sentir male: e' mi doleva el capo, avevo una anguinaia, e parevami avere la febre; ed essendo questi tempi sospetti di peste, io ne dubitai forte, e iersera venni a Firenze, e mi stetti all'osteria, né mi volli rappresentare, per non fare male a voi o a la famiglia vostra, se pure e' fussi stato desso. Ma, grazia di Dio, ogni cosa è passata via, e sentomi bene.

ааааааааааа NI. [a parte] E' mi bisogna fare vista di crederlo. [ad Eustachio] Ben facesti tu! Se' or bene guarito?

ааааааааааа EU.а Messer sì.

ааааааааааа NI. [a parte] Non del tristo. [ad Eustachio] Io ho caro che tu ci sia. Tu sai la contenzione, che è tra me e mogliama circa al dar marito a Clizia: ella la vuole dare a te, ed io la vorrei dare a Pirro.

ааааааааааа EU.а E dunque, volete meglio a Pirro che a me?

ааааааааааа NI.а Anzi, voglio meglio a te che a lui. Ascolta un poco. Che vuoi tu fare di moglie? Tu hai oggimai trentotto anni, ed una fanciulla non ti sta bene; ed è ragionevole che, come la fussi stata teco qualche mese, che la cercassi un più giovane di te, e viveresti disperato. Dipoi, io non mi potrei più fidare di te, perderesti lo aviamento, diventeresti povero, ed andresti, tu ed ella, accattando.

ааааааааааа EU.а In questa terra, chi ha bella moglie non può essere povero: e del fuoco e della moglie si può essere liberale con ognuno, perché quanto più ne dai, più te ne rimane.

ааааааааааа NI.а Dunque, vuoi tu fare questo parentado, per farmi dispiacere?

ааааааааааа EU.а Anzi, lo vo' fare, per fare piacere a me!

ааааааааааа NI.а Or tira, vanne in casa. Io ero pazzo, s'io credevo avere da questo villano una risposta piacevole. Io muterò teco verso. Ordina di rimettermi e conti, e di andarti con Dio, e fa' stima d'essere il maggior nimico ch'io abbia, e ch'io ti abbia a fare il peggio che io posso.

ааааааааааа EU.а A me non dà briga nulla, purch'io abbia Clizia.

ааааааааааа NI.а Tu arai le forche!

 

Scena sesta

 

PIRRO, NICOMACO

 

ааааааааааа PI.а [verso l'interno, a Sofronia] Prima ch'io facessi ciò che voi volete, io mi lascerei scorticare!

ааааааааааа NI. [a parte] La cosa va bene. Pirro sta nella fede. [A Pirro] Che hai tu? Con chi combatti tu, Pirro?

ааааааааааа PI.а Combatto ora con chi voi combattete sempre.

ааааааааааа NI.а Che dic'ella? Che vuol ella?

ааааааааааа PI.а Pregami che io non tolga Clizia per donna.

ааааааааааа NI.а Che l'hai tu detto?

ааааааааааа PI.а Che io mi lascerei prima ammazzare, che io la rifiutassi.

ааааааааааа NI.а Ben dicesti.

ааааааааааа PI.а Se io ho ben detto, io dubito non avere mal fatto, perché io mi sono fatto nimico la vostra donna, ed il vostro figliuolo, e tutti gli altri di casa.

ааааааааааа NI.а Che importa a te? Sta' bene con Cristo, e fatti beffe de' santi!

ааааааааааа PI.а Sì, ma se voi morissi, i santi mi tratterebbono assai male.

ааааааааааа NI.а Non dubitare, io ti farò tal parte, ch'e santi ti potranno dare poca briga; e, se pur e' volessino, e magistrati e le legge ti difenderanno, purch'io abbia facultà, per tuo mezzo, di dormire con Clizia.

ааааааааааа PI.а Io dubito che voi non possiate, tanta infiammata vi veggio contro la donna.

ааааааааааа NI.а Io ho pensato che sarà bene, per uscire una volta di questo farnetico, che si getti per sorte di chi sia Clizia; da che la donna non si potrà discostare.

ааааааааааа PI.а Se la sorte vi venissi contro?

ааааааааааа NI.а Io ho speranza in Dio, che la non verrà.

ааааааааааа PI. [a parte] O vecchio impazzato! vuol che Dio tenga le mani a queste sua disonestà! [A Nicomaco] Io credo, che se Dio s'impaccia di simil' cose, che Sofronia ancora speri in Dio.

ааааааааааа NI.а Ella si speri! E, se pur la sorte mi venissi contro, io ho pensato al rimedio. Va', chiamala, e dilli che venga fuora con Eustachio.

ааааааааааа PI.а O Sofronia! Venite, voi ed Eustachio, al padrone.

 

Scena settima

 

SOFRONIA, NICOMACO, EUSTACHIO, PIRRO

 

ааааааааааа SO.а Eccomi: che sarà di nuovo?

ааааааааааа NI.а E' bisogna pur pigliare verso a questa cosa. Tu vedi, poiché costoro non si accordano, e' conviene che noi ci accordiano.

ааааааааааа SO.а Questa tua furia è estraordinaria. Quel che non si farà oggi, si farà domani.

ааааааааааа NI.а Io voglio farla oggi.

ааааааааааа SO.а Faccisi, in buon'ora. Ecco qui tutti a duoi e competitori. Ma come vuoi tu fare?

ааааааааааа NI.а Io ho pensato, poiché noi non consentiano l'uno all'altro, che la si rimetta nella Fortuna.

ааааааааааа SO.а Come nella Fortuna?

ааааааааааа NI.а Che si ponga in una borsa e nomi loro, ed in un'altra el nome di Clizia ed una polizza bianca, e che si tragga prima el nome d'uno di loro e che, a chi tocca Clizia, se l'abbia, e l'altro abbi pazienza. Che pensi tu? Non rispondi?

ааааааааааа SO.а Orsù, io son contenta.

ааааааааааа EU.а [A Sofronia]Guardate quel che voi fate.

ааааааааааа SO.а [A Eustachio] Io guardo, e so quel ch'io fo. Va' 'n casa, scrivi le polizze, e reca dua borse, ch'io voglio uscire di questo travaglio, o io enterrò in uno maggiore.

ааааааааааа EU.а Io vo.

ааааааааааа NI.а A questo modo ci accordereno noi. Prega Dio, Pirro, per te.

ааааааааааа PI.а Per voi!

ааааааааааа NI.а Tu di' bene, a dire per me: io arò una gran consolazione che tu l'abbia.

ааааааааааа EU.а Ecco le borse e le sorte.

ааааааааааа NI.а Da' qua. Questa, che dice? Clizia. E quest'altra? È bianca. Sta bene. Mettile in questa borsa di qua. Questa, che dice? Eustachio. E quest'altra? Pirro. Ripiegale, e mettile in quest'altra. Serrale, tienvi su gli occhi, Pirro, che non ci andassi nulla in capperuccia: e' ci è chi sa giucare di macatelle!

ааааааааааа SO.а Gli uomini sfiducciati non son buoni.

ааааааааааа NI.а Son parole, coteste! Tu sai che non è ingannato, se non chi si fida. Chi voglian noi che tragga?

ааааааааааа SO.а Tragga chi ti pare.

ааааааааааа NI.а Vien' qua, fanciullo.

ааааааааааа SO.а E' bisognerebbe che fussi vergine.

ааааааааааа NI.а Vergine o no, io non v'ho tenute le mani. [al fanciullo] Tra' di questa borsa una polizza, detto che io ho certe orazioni: - O santa Apollonia, io prego te e tutti e santi e le sante avvocate de' matrimonii, che concediate a Clizia tanta grazia, che di questa borsa esca la polizza di colui, che sia per essere più a piacere nostro. Trai, col nome di Dio! Dàlla qua. Ohimé, io son morto! Eustachio.

ааааааааааа SO.а Che avesti? O Dio! fa' questo miracolo, acciò che costui si disperi.

ааааааааааа NI. [al fanciullo] Tra' di quell'altra. Dalla qua. Bianca. Oh, io sono resucitato! Noi abbiam vinto, Pirro! Buon pro ti faccia! Eustachio è caduto morto. Sofronia, poiché Dio ha voluto che Clizia sia di Pirro, vogli anche tu.

ааааааааааа SO.а Io voglio.

ааааааааааа NI.а Ordina le nozze.

ааааааааааа SO.а Tu hai sì gran fretta: non si potrebb'egli indugiare a domani?

ааааааааааа NI.а No, no, no! Non odi tu che no? Che? vuoi tu pensare a qualche trappola?

ааааааааааа SO.а Voglian noi fare le cose da bestie? Non ha ella a udir la messa del congiunto?

ааааааааааа NI.а La messa della fava! La la può udire un altro dì! Non sai tu che si dà le perdonanze a chi si confessa poi, come a chi s'è confessato prima?

ааааааааааа SO.а Io dubito che la non abbia l'ordinario delle donne.

ааааааааааа NI.а Adoperi lo straordinario delli uomini! Io voglio che la meni stasera .E' par che tu non mi intenda.

ааааааааааа SO.а Menila, in mal'ora! Andianne in casa, e fa' questa imbasciata tu a questa povera fanciulla, che non fia da calze!

ааааааааааа NI.а La fia da calzoni! Andiano dentro.

ааааааааааа SO.а [a parte] Io non voglio già venire, perché io vo' trovar Cleandro, perché e' pensi, se a questo male è rimedio alcuno.

 

Canzona

 

ааааааааааа Chi già mai donna offende,

a torto o a ragion, folle è se crede

trovar per prieghi o pianti in lei merzede.

ааааааааааа Come la scende in questa mortal vita,

con l'alma insieme porta

Superbia, Ingegno e di perdono Oblio;

Inganno e Crudeltà le sono scorta,

e tal le dànno aita,

che d'ogni impresa appaga el suo desio;

e, se sdegno aspro e rio

la muove, o gelosia, addopra e vede,

e la sua forza mortal forza eccede.

 

ATTO QUARTO

 

Scena prima

 

CLEANDRO, EUSTACHIO

 

ааааааааааа CLE.а Come è egli possibile che mia madre sia stata sì poco avveduta, che la si sia rimessa a questo modo alla sorta d'una cosa, che ne vadi in tutto l'onore di casa nostra?

ааааааааааа EU.а Egli è come io t'ho detto.

ааааааааааа CLE.а Ben sono sventurato! Ben sono infelice! Vedi s'i' trovai appunto uno, che mi tenne tanto a bada, che si è, sanza mia saputa, concluso el parentado, e deliberate le nozze ed ogni cosa! E seguirà secondo el desiderio del vecchio! O Fortuna, tu suòi pure, sendo donna, essere amica de' giovani: a questa volta tu se' stata amica de' vecchi! Come non ti vergogni tu, ad avere ordinato che sì dilicato viso sia da sì fetida bocca scombavato, sì dilicate carne da sì tremanti mani, da sì grinze e puzzolente membra tocche? Perché, non Pirro, ma Nicomaco, come io mi stimo, la possederà. Tu non mi possevi fare la maggior ingiuria, avendomi con queste colpo tolto ad un tratto l'amata e la roba, perché Nicomaco, se questo amore dura, è per lasciare delle sue sustanze più a Pirro che a me. E' mi par mille anni di vedere mia madre, per dolermi e sfogarmi con lei di questo partito.

ааааааааааа EU.а Confòrtati, Cleandro, che mi parve che la ne andassi in casa ghignando, in modo che mi pare essere certo che 'l vecchio non abbia ad avere questa pera monda, come e' crede. Ma ecco che viene fuora, egli e Pirro, e son tutti allegri.

ааааааааааа CLE.а Vanne, Eustachio, in casa: io voglio stare da parte, per intendere qualche loro consiglio, che facessi per me.

ааааааааааа EU.а Io vo.

 

Scena seconda

 

NICOMACO, CLEANDRO, PIRRO

 

ааааааааааа NI.а Oh, come è ella ita bene! Hai tu veduto come la brigata sta malinconosa, come mogliama sta disperata? Tutte queste cose accrescono la mia allegrezza; ma molto più sarò allegro, quando io terrò in braccio Clizia, quando io la toccherò, bacerò, strignerò. O dolce notte! giugnerovv'io mai? E questo obligo, che io ho teco, io sono per pagarlo a doppio!

ааааааааааа CLE. [a parte] O vecchio impazzato!

ааааааааааа PI.а Io lo credo; ma io non credo già che voi possiate fare cosa nessuna questa sera, né ci veggo commodità alcuna.

ааааааааааа NI.а Come?! Io ti vo' dire come io ho pensato di governare la cosa.

ааааааааааа PI.а Io l'arò caro.

ааааааааааа CLE.а [a parte] Ed io molto più, che potrei udir cosa, che guasterebbe e fatti d'altri, e racconcerebbe e mia.

ааааааааааа NI.а Tu cognosci Damone, nostro vicino, da chi io ho tolto la casa a pigione per tuo conto?

ааааааааааа PI.а Sì, cognosco.

ааааааааааа NI.а Io fo pensiero che tu la meni stasera in quella casa, ancora ch'egli vi abiti e che non l'abbia sgombera, perch'io dirò ch'io voglio che tu la meni in casa dove l'ha a stare.

ааааааааааа PI.а Che sarà poi?

ааааааааааа CLE. [a parte] Rizza gli orecchi, Cleandro!

ааааааааааа NI.а Io ho imposto a mogliama che chiami Sostrata, moglie di Damone, perché gli aiuti ad ordinare queste nozze ed acconciare la nuova sposa; ed a Damone dirò che solleciti che la donna vi vadia. Fatto questo, e cenato che si sarà, la sposa da queste donne sarà menata in casa di Damone, e messa teco in camera e nel letto, ed io dirò di volere restare con Damone ad albergo e Sostrata ne verrà con Sofronia qui in casa. Tu, rimaso solo in camera, spegnerai il lume, e ti baloccherai per camera, faccendo vista di spogliarti; intanto io, pian piano, me ne verrò in camera, e mi spoglierò, ed enterrò allato a Clizia. Tu ti potrai stare pianamente in sul lettuccio. La mattina, avanti giorno, io mi uscirò del letto, mostrando di volere ire ad orinare, rivestirommi, e tu enterrai nel letto.

ааааааааааа CLE. [a parte] O vecchio poltrone! Quanta è stata la mia felicità intendere questo tuo disegno! Quanta la tua disgrazia ch'io l'intenda.

ааааааааааа PI. [a parte] E' mi pare che voi abbiate divisata bene questa faccenda. Ma e' conviene che voi vi armiate in modo che voi paiate giovane, perché io dubito che la vecchiaia non si riconosca al buio.

ааааааааааа CLE.а E' mi basta quel che io ho inteso: io voglio ire a raguagliare mia madre.

ааааааааааа NI.а Io ho pensato a tutto, e fo conto, a dirti il vero, di cenare con Damone, ed ho ordinato una cena a mio modo. Io piglierò prima una presa d'uno lattovaro, che si chiama satirionne.

ааааааааааа PI.а Che nome bizzarro è cotesto?

ааааааааааа NI.а Gli ha più bizzarri e fatti, perché gli è un lattovare, che farebbe, quanto a quella faccenda, ringiovanire uno uomo di novanta anni, nonché di settanta, come ho io. Preso questo lattovaro, io cenerò poche cose, ma tutte sustanzevole: in prima, una insalata di cipolle cotte; dipoi, una mistura di fave e spezierie...

ааааааааааа PI.а Che fa cotesto?

ааааааааааа NI.а Che fa? Queste cipolle, fave e spezierie, perché sono cose calde e ventose, farebbono far vela ad una caracca genovese. Sopra queste cose si vuole uno pippione grosso arrosto, così verdemezzo, che sanguini un poco.

ааааааааааа PI.а Guardate che non vi guasti lo stomaco, perché bisognerà, o che vi sia masticato, o che voi lo 'ngoiate intero: non vi vegg'io tanti o sì gagliardi denti in bocca!

ааааааааааа NI.а Io non dubito di cotesto, ché, bench'io non abbia molti denti, io ho le mascella che paiono d'acciaio.

ааааааааааа PI.а Io penso che, poi che voi ne sarete ito, ed io entrato nel letto, che io potrò fare sanza toccarla, perché io ho viso di trovare quella povera fanciulla fracassata.

ааааааааааа NI.а Bàstiti ch'io arò fatto l'ufficio tuo e quel d'un compagno.

ааааааааааа PI.а Io ringrazio Dio, poiché mi ha dato una moglie in modo fatta, ch'io non arò a durare fatica né a 'mpregnarla, né a darli le spese.

ааааааааааа NI.а Vanne in casa, sollecita le nozze, ed io parlerò un poco con Damone, ch'io lo veggo uscir di casa sua.

ааааааааааа PI.а Così farò.

 

Scena terza

 

NICOMACO, DAMONE

 

ааааааааааа NI.а Egli è venuto quello tempo, o Damone, che mi hai a mostrare se tu mi ami. E' bisogna che tu sgomberi la casa, e non vi rimanga né la tua donna, né altra persona, perché io vo' governare questa cosa, come io t'ho già detto.

ааааааааааа DA.а Io son parato a fare ogni cosa, purché io ti contenti.

ааааааааааа NI.а Io ho detto a mogliama che chiami Sostrata tua, che vadia ad aiutarla ordinare le nozze. Fa' che la vadia subito, come la chiama, e che vadia con lei la serva, sopratutto.

ааааааааааа DA.а Ogni cosa è ordinato: chiamala a tua posta.

ааааааааааа NI.а Io voglio ire infino allo speziale a fare una faccenda, e tornerò ora: tu aspetti qui, che mogliama eschi fuora, e chiami la tua. Ecco che la viene: sta' parato. Addio.

 

Scena quarta

 

SOFRONIA, DAMONE

 

ааааааааааа SO.а [sola] Non maraviglia che 'l mio marito mi sollecitava ch'io chiamassi Sostrata di Damone! E' voleva la casa libera, per potere giostrare a suo modo. Ecco Damone di qua. O specchio di questa città, e colonna del suo quartieri, che accomoda la casa sua a sì disonesta e vituperosa impresa! Ma io gli tratterò in modo, che si vergogneranno sempre di loro medesimi. E voglio or cominciare ad uccellare costui.

ааааааааааа DA.а [stesso gioco]Io mi maraviglio che Sofronia si sia ferma, e non venga avanti a chiamare la mia donna. Ma ecco che la viene. [A Sofronia] Dio ti salvi, Sofronia!

ааааааааааа SO.а E te, Damone! Ove è la tua donna?

ааааааааааа DA.а La è in casa, ed è parata a venire, se tu la chiami, perché el tuo marito me ne ha pregato. Vo io a chiamarla?

ааааааааааа SO.а No, no! la debbe avere faccenda.

ааааааааааа DA.а Non ha faccenda alcuna.

ааааааааааа SO.а Lasciala stare, io non le voglio dare briga: io la chiamerò, quando fia tempo.

ааааааааааа DA.а Non ordinate voi le nozze?

ааааааааааа SO.а Sì, ordiniamo.

ааааааааааа DA.а Non hai tu necessità di chi ti aiuti?

ааааааааааа SO.а E' vi è brigata un mondo, per ora.

ааааааааааа DA. [a parte] Che farò ora io? Ho fatto uno errore grandissimo a cagione di questo vecchio impazzato, bavoso, cisposo, e sanza denti. E' mi ha fatto offerire la donna per aiuto a costei, che non la vuole, in modo che la crederrà ch'io vadi mendicando un pasto, e terrammi uno sciagurato.

ааааааааааа SO. [stesso gioco] Io ne rimando costui tutto inviluppato. Guarda come ne va ristretto nel mantello! E' mi resta ora ad uccellare un poco el mio vecchio. Eccolo che viene dal mercato. Io voglio morire, se non ha comperato qualche cosa, per parere gagliardo o odorifero!

 

Scena quinta

 

NICOMACO, SOFRONIA

 

ааааааааааа NI.а [solo]Io ho comperato el lattovaro e certa unzione appropriata a fare risentire le brigate. Quando si va armato alla guerra, si va con più animo la metà. - Io ho veduta la donna: ohimé, che la m'arà sentito!

ааааааааааа SO. [a parte] Sì, ch'io t'ho sentito, e con tuo danno e vergogna, s'io vivo insino a domattina!

ааааааааааа NI.а Sono ad ordine le cose? Hai tu chiamata questa tua vicina, che ti aiuti?

ааааааааааа SO.а Io la chiamai, come tu mi dicesti, ma questo tuo caro amico le favellò non so che nell'orecchio, in modo che la mi rispose che non poteva venire.

ааааааааааа NI.а Io non me ne maraviglio, perché tu se' un poco rozza, e non sai accomodarti con le persone, quando tu vuoi alcuna cosa da loro.

ааааааааааа SO.а Che volevi tu, ch'io lo toccassi sotto 'l mento? Io non son usa a fare carezze a' mariti d'altri. Va', chiamala tu, poiché ti giova andare drieto alle moglie d'altri, ed io andrò in casa ad ordinare il resto.

 

Scena sesta

 

DAMONE, NICOMACO

 

 

ааааааааааа DA.а [solo] Io vengo a vedere, se questo amante è tornato dal mercato. Ma eccolo davanti all'uscio. [A Nicomaco] Io venivo appunto a te.

ааааааааааа NI.а Ed io a te, uomo da farne poco conto! Di che t'ho io pregato? Di che t'ho io richiesto? Tu m'hai servito così bene!

ааааааааааа DA.а Che cosa è?

ааааааааааа NI.а Tu mandasti mogliata! Tu hai vòta la casa di brigata, che fu un sollazzo! In modo che, alle tua cagione, io son morto e disfatto!

ааааааааааа DA.а Va' t'impicca! Non mi dices'tu che mogliata chiamerebbe la mia?

ааааааааааа NI.а La l'ha chiamata, e non è voluta venire.

ааааааааааа DA.а Anzi, che gliene offersi! Ella, non volle che la venissi; e così mi fai uccellare, e poi ti duoli di me. Che 'l diavolo ne 'l porti, te e le nozze ed ognuno!

ааааааааааа NI.а Infine, vuoi tu che la venga?

ааааааааааа DA.а Sì, voglio, in mal'ora! ed ella, e la fante, e la gatta, e chiunque vi è! Va', se tu hai a fare altro: io andrò in casa, e, per l'orto, la farò venire or ora.

ааааааааааа NI.а [solo] Ora, m'è costui amico! Ora, andranno le cose bene! Ohimè! ohimè! che romore è quel che è in casa?

 

Scena settima

 

DORIA, NICOMACO

 

ааааааааааа DO.а Io son morta! Io son morta! Fuggite, fuggite! Toglietele quel coltello di mano! Fuggitevi, Sofronia!

ааааааааааа NI.а Che hai tu, Doria? Che ci è?

ааааааааааа DO.а Io son morta!

ааааааааааа NI.а Perché se' tu morta?

ааааааааааа DO.а Io son morta, e voi spacciato!

ааааааааааа NI.а Dimmi quel che tu hai!

ааааааааааа DO.а Io non posso per lo affanno! Io sudo! Fatemi un poco di vento col mantello!

ааааааааааа NI.а Deh! dimmi quel che tu hai, ch'io ti romperò la testa!

ааааааааааа DO.а Ah! padron mio, voi siate troppo crudele!

ааааааааааа NI.а Dimmi quel che tu hai, e qual romore è in casa!

ааааааааааа DO.а Pirro aveva dato l'anello a Clizia, ed era ito ad accompagnare el notaio infino all'uscio di drieto. Ben sai che Clizia, non so da che furore mossa, prese uno pugnale, e, tutta scapigliata, tutta furiosa, grida: - Ove è Nicomaco? Ove è Pirro? Io gli voglio ammazzare! - Cleandro, Sofronia, tutte noi la volavamo pigliare, e non potemo. La si è arrecata in uno canto di camera, e grida che vi vuole ammazzare in ogni modo, e per paura chi fugge di qua e chi di là. Pirro si è fuggito in cucina, e si è nascosto drieto alla cesta de' capponi. Io son mandata qui, per avvertirvi, che voi non entriate in casa.

ааааааааааа NI.а Io son il più misero di tutti gli uomini! Non si può egli trarle di mano il pugnale?

ааааааааааа DO.а Non, per ancora.

ааааааааааа NI.а Chi minacc'ella?

ааааааааааа DO.а Voi e Pirro.

ааааааааааа NI.а Oh! che disgrazia è questa! Deh! figliuola mia, io ti prego che tu torni in casa, e con buone parole vegga, che se le cavi questa pazzia del capo, e che la ponga giù il pugnale; ed io ti prometto ch'io ti comperrò un paio di pianelle ed uno fazzoletto. Deh! va', amor mio!

ааааааааааа DO.а Io vo: ma non venite in casa, se io non vi chiamo.

ааааааааааа NI.а [solo] O miseria! O infelicità mia! Quante cose mi si intraversano, per fare infelice questa notte, ch'io aspettavo felicissima! Ha ella posto giù il coltello? Vengo io? [Verso l'interno, a Doria]

ааааааааааа DO.а Non, ancora! non venite!

ааааааааааа NI.а O Iddio! che sarà poi? [Verso l'interno, a Doria] Poss'io venire?

ааааааааааа DO.а Venite, ma non entrate in camera, dove ella è. Fate che la non vi vegga. Andate in cucina, da Pirro.

ааааааааааа NI.а Io vo.

 

Scena ottava

 

NICOMACO, DORIA, PIRRO

 

ааааааааааа DO.а In quanti modi uccelliamo noi questo vecchio! Che festa è egli vedere e travagli di questa casa! Il vecchio e Pirro sono paurosi in cucina, in sala son quelli che apparecchiano la cena; ed in camera sono le donne, Cleandro, ed il resto della famiglia; ed hanno spogliato Siro, nostro servo, e de' sua panni vestita Clizia, e de' panni di Clizia vestito Siro, e vogliono che Siro ne vadia a marito in scambio di Clizia; e perché il vecchio e Pirro non scuoprino questa fraude, gli hanno, sotto ombra che Clizia sia cruciata, confinati in cucina. Che belle risa! Che bello inganno! Ma ecco fuora Nicomaco e Pirro.

 

At.4, sc.9

 

ааааааааааа NI.а Che fai tu costì, Doria? Clizia è quietata?

ааааааааааа DO.а Messer sì, ed ha promesso a Sofronia di volere fare ciò che voi volete. Egli è ben vero che Sofronia giudica che sia bene che voi e Pirro non li capitiate innanzi, acciò che non se li riaccendessi la collera; poi, messa che la fia al letto, se Pirro non la saprà dimesticare, suo danno!

ааааааааааа NI.а Sofronia ci consiglia bene, e così faremo. Ora, vattene in casa; e, perché gli è cotto ogni cosa, sollecita che si ceni; Pirro ed io ceneremo a casa Damone; e, come gli hanno cenato, fa' che la menino fuora. Sollecita, Doria, per l'amore d'Iddio, ché sono già sonate le tre ore, e non è bene stare tutta notte in queste pratiche.

ааааааааааа DO.а Voi dite el vero. Io vo.

ааааааааааа NI.а Tu, Pirro, riman' qui: io andrò a bere un tratto con Damone. Non andare in casa, acciò che Clizia non si infuriassi di nuovo; e, se cosa alcuna accade, corri a dirmelo.

ааааааааааа PI.а Andate, io farò quanto mi imponete. [Nicomaco parte] Poiché questo mio padrone vuole ch'io stia sanza moglie e sanza cena, io son contento. Né credo che in uno anno intervenghino tante cose, quante sono intervenute oggi e dubito non ne intervenghino dell'altre, perché io ho sentito per casa certi sghignazzamenti, che non mi piacciano. - Ma ecco ch'io veggo apparire un torchio: e debbe uscir fuora la pompa, la sposa ne debbe venire. Io voglio correre per il vecchio. O Nicomaco! O Damone! Venite da basso! La sposa ne viene.

 

Scena decima

 

NICOMACO, SOFRONIA, SOSTRATA, DAMONE

 

ааааааааааа NI.а Eccoci. Vanne, Pirro, in casa, perché io credo che sia bene che la non ti vegga. Tu, Damone, pàramiti innanzi, e parla tu con queste donne. Eccoli tutti fuora.

ааааааааааа SO.а O povera fanciulla! la ne va piangendo. Vedi che la non si lieva el fazzoletto dagli occhi.

ааааааааааа SOS.а Ella riderà domattina! Così usano di fare le fanciulle. Dio vi dia la buona sera, Nicomaco e Damone!

ааааааааааа DA.а Voi siate le ben venute. Andatevene su, voi donne, mettete al letto la fanciulla, e tornate giù. Intanto, Pirro sarà ad ordine anche egli.

ааааааааааа SOS.а Andiamo, col nome d'Iddio.

 

Scena undecima

 

NICOMACO, DAMONE

 

ааааааааааа NI.а Ella ne va molto malinconosa. Ma hai tu veduto come l'è grande? La si debbe essere aiutata con le pianelle.

ааааааааааа DA.а La pare anche a me maggiore, che la non suole. O Nicomaco, tu se' pur felice! La cosa è condotta dove tu vuoi. Portati bene, altrimenti tu non vi potrai tornare più.

ааааааааааа NI.а Non dubitare! Io sono per fare el debito, che, poi ch'io presi il cibo, io mi sento gagliardo come una spada. Ma ecco le donne, che tornano.

 

Scena duodecima

 

NICOMACO, SOSTRATA, DAMONE, SOFRONIA

 

ааааааааааа NI.а Avetela voi messa al letto?

ааааааааааа SOS.а Sì, abbiamo.

ааааааааааа DA.а Bene sta; noi fareno questo resto. Tu, Sostrata, vanne con Sofronia a dormire e Nicomaco rimarrà qui meco.

ааааааааааа SO.а Andianne, che par lor mille anni di avercisi levate dinanzi.

ааааааааааа DA.а Ed a voi il simile. Guardate a non vi far male.

ааааааааааа SOS.а Guardatevi pur voi, che avete l'arme: noi siamo disarmate.

ааааааааааа DA.а Andiamone in casa.

ааааааааааа SO.а E noi ancora. [A parte] Va' pur là, Nicomaco, tu troverrai riscontro, perché questa tua dama sarà come le mezzine da Santa Maria Impruneta.

 

Canzona

 

ааааааааааа Sì suave è lo inganno,

al fin condotto immaginato e caro,

ch'altri spoglia d'affanno,

e dolce face ogni gustato amaro!

O remedio alto e raro,

tu monstri el dritto calle all'alme erranti;

tu, col tuo gran valore,

nel far beato altrui, fai ricco Amore;

tu vinci, sol con tua consigli santi,

pietre, veneni, e incanti.

 

 

ATTO QUINTO

 

Scena prima

 

DORIA SOLA

 

ааааааааааа DO.а Io non risi mai più tanto, né credo mai più ridere tanto; né, in casa nostra, questa notte si è fatto altro che ridere. Sofronia, Sostrata, Cleandro, Eustachio, ognuno ride. E si è consumata la notte in misurare el tempo, e dicevàno: - Ora entra in camera Nicomaco, or si spoglia, or si corica allato alla sposa, or le dà la battaglia, ora è combattuto gagliardamente -. E, mentre noi stavamo in su questi pensieri, giunsono in casa Siro e Pirro, e ci raddoppiorno le risa; e, quel che era più bel vedere, era Pirro, che rideva più di Siro: tanto che io non credo che ad alcuno sia tocco, questo anno, ad avere il più bello, né il maggiore piacere. Quelle donne mi hanno mandata fuora, sendo già giorno, per vedere quel che fa il vecchio, e come egli comporta questa sciagura. - Ma ecco fuora egli e Damone. Io mi voglio tirare da parte, per vedergli, ed avere materia di ridere di nuovo.

 

Scena seconda

 

DAMONE, NICOMACO, DORIA

 

ааааааааааа DA.а Che cosa è stata questa, tutta notte. Come è ella ita? Tu stai cheto. Che rovigliamenti di vestirsi, di aprire uscia, di scender e salire in sul letto sono stati questi, che mai vi siate fermi? Ed io, che nella camera terrena vi dormivo sotto, non ho mai potuto dormire; tanto che per dispetto mi levai, e truovoti, che tu esci fuori tutto turbato. Tu non parli? Tu mi par' morto. Che diavolo hai tu?

ааааааааааа NI.а Fratel mio, io non so dove io mi fugga, dove io mi nasconda, o dove io occulti la gran vergogna, nella quale io sono incorso. Io sono vituperato in eterno, non ho più rimedio, né potrò mai più innanzi a mogliama, a' figliuoli, a' parenti, a' servi capitare. Io ho cerco il vituperio mio, e la mia donna me lo ha aiutato a trovare: tanto che io sono spacciato; e tanto più mi duole, quanto di questo carico tu anche ne participi, perché ciascuno saprà che tu ci tenevi le mani.

ааааааааааа DA.а Che cosa è stata? Hai tu rotto nulla?

ааааааааааа NI.а Che vuoi tu ch'io abbia rotto? che rotto avess'io el collo!

ааааааааааа DA.а Che è stato, adunque? Perché non me lo di'?

ааааааааааа NI.а Uh! uh! uh! Io ho tanto dolore ch'io non credo poterlo dire.

ааааааааааа DA.а Deh! tu mi pari un bambino! Che domine può egli essere?

ааааааааааа NI.а Tu sai l'ordine dato, ed io, secondo quell'ordine, entrai in camera, e chetamente mi spogliai; ed in cambio di Pirro, che sopra el lettuccio s'era posto a dormire, non vi essendo lume, allato alla sposa mi coricai.

ааааааааааа DA.а Orbè, che fu poi?

ааааааааааа NI.а Uh! uh! uh! Accosta'migli. Secondo l'usanza de' nuovi mariti, vollile porre le mani sopra il petto, ed ella, con la sua, me le prese, e non mi lasciò. Vollila baciare, ed ella con l'altra mano mi spinse el viso indrieto. Io me li volli gittare tutto addosso: ella mi porse un ginocchio, di qualità che la m'ha infranto una costola. Quando io viddi che la forza non bastava, io mi volsi a' prieghi, e con dolce parole ed amorevole, pur sottovoce, che la non mi cognoscessi, la pregavo fussi contenta fare e piacer' miei, dicendoli: - Deh! anima mia dolce, perché mi strazii tu? Deh! ben mio, perché non mi concedi tu volentieri quello, che l'altre donne a' loro mariti volentieri concedano? - Uh! uh! uh!

ааааааааааа DA.а Rasciùgati un poco gli occhi.

ааааааааааа NI.а Io ho tanto dolore, ch'io non truovo luogo, né posso tenere le lacrime. Io potetti cicalare: mai fece segno di volerme, nonché altro, parlare. Ora, veduto questo, io mi volsi alle minacce, e cominciai a dirli villania, e che le farei, e che le direi. Ben sai che, ad un tratto, ella raccolse le gambe, e tirommi una coppia di calci, che, se la coperta del letto non mi teneva, io sbalzavo nel mezzo dello spazzo.

ааааааааааа DA.а Può egli essere?

ааааааааааа NI.а E ben che può essere! Fatto questo, ella si volse bocconi, e stiacciossi col petto in su la coltrice, che tutte le manovelle dell'Opera non l'arebbono rivolta. Io, veduto che forza, preghi e minacci non mi valevano, per disperato le volsi le stiene, e deliberai di lasciarla stare, pensando che verso el dì la fussi per mutare proposito.

ааааааааааа DA.а Oh, come facesti bene! Tu dovevi, el primo tratto, pigliar cotesto partito, e, chi non voleva te, non voler lui!

ааааааааааа NI.а Sta' saldo, la non è finita qui: or ne viene el bello. Stando così tutto smarrito, cominciai, fra per il dolore e per lo affanno avuto, un poco a sonniferare. Ben sai che, ad un tratto, io mi sento stoccheggiare un fianco, e darmi qua, sotto el codrione, cinque o sei colpi de' maladetti. Io, così, fra il sonno, vi corsi subito con la mano, e trovai una cosa soda ed acuta, di modo che, tutto spaventato, mi gittai fuora del letto, ricordandomi di quello pugnale, che Clizia aveva il dì preso, per darmi con esso. A questo romore, Pirro, che dormiva, si risentì; al quale io dissi, cacciato più dalla paura che dalla ragione, che corressi per uno lume, che costei era armata, per ammazzarci tutti a dua. Pirro corse, e, tornato con il lume, in scambio di Clizia vedemo Siro, mio famiglio, ritto sopra il letto, tutto ignudo che per dispregio (uh! uh! uh! ) e' mi faceva bocchi (uh! uh! uh! ) e manichetto dietro.

ааааааааааа DA.а Ah! ah! ah!

ааааааааааа NI.а Ah! Damone, tu te ne ridi?

ааааааааааа DA.а E' m'incresce assai di questo caso; nondimeno egli è impossibile non ridere.

ааааааааааа DO.а [a parte] Io voglio andare a raguagliare di quello, che io ho udito, la padrona, acciò che se le raddoppino le risa.

ааааааааааа NI.а Questo è il mal mio, che toccherà a ridersene a ciascuno, ed a me a piagnerne! E Pirro e Siro, alla mia presenzia, or si dicevano villania, or ridevano; dipoi, così vestiti a bardosso, se n'andorno, e credo che sieno iti a trovare le donne, e tutti debbono ridere. E così ognuno rida, e Nicomaco pianga!

ааааааааааа DA.а Io credo che tu creda che m'incresca di te e di me, che sono, per tuo amore, entrato in questo lecceto.

ааааааааааа NI.а Che mi consigli ch'io faccia? Non mi abbandonare, per lo amor d'Iddio!

ааааааааааа DA.а A me pare, che se altro di meglio non nasce, che tu ti rimetta tutto nelle mani di Sofronia tua, e dicale che, da ora innanzi, e di Clizia e di te faccia ciò che la vuole. La doverrebbe anch'ella pensare all'onore tuo, perché, sendo suo marito, tu non puoi avere vergogna, che quella non ne participi. - Ecco che la vien fuora. Va', parlale, ed io n'andrò intanto in piazza ed in mercato, ad ascoltare, s'io sento cosa alcuna di questo caso, e ti verrò ricoprendo el più ch'io potrò.

ааааааааааа NI.а Io te ne priego.

 

Scena terza

 

SOFRONIA, NICOMACO

 

ааааааааааа SO.а [sola] Doria, mia serva, mi ha detto che Nicomaco è fuora, e che egli è una compassione a vederlo. Io vorrei parlargli, per vedere quel ch'e' dice a me di questo nuovo caso. Eccolo di qua. [a Nicomaco] O Nicomaco!

ааааааааааа NI.а Che vuoi?

ааааааааааа SO.а Dove va' tu sì a buon'ora? Esci tu di casa sanza fare motto alla sposa? Hai tu saputo, come lo abbia fatto questa notte con Pirro?

ааааааааааа NI.а Non so.

ааааааааааа SO.а Chi lo sa, se tu non lo sai, che hai messo sottosopra Firenze, per fare questo parentado? Ora che gli è fatto, tu te ne mostri nuovo e malcontento!

ааааааааааа NI.а Deh, lasciami stare! Non mi straziare!

ааааааааааа SO.а Tu, se' quello che mi strazii, che, dove tu dovresti racconsolarmi, io ho da racconsolare te; e, quando tu gli aresti a provedere, e' tocca a me, che vedi ch'io porto loro queste uova.

ааааааааааа NI.а Io crederrei che fussi bene che tu non volessi il giuoco di me affatto. Bastiti averlo avuto tutto questo anno, e ieri e stanotte più che mai.

ааааааааааа SO.а Io non lo volli mai, el giuoco di te; ma tu, sei quello che lo hai voluto di tutti noi altri, ed alla fine di te medesimo! Come non ti vergognavi tu, ad avere allevata in casa tua una fanciulla con tanta onestade, ed in quel modo che si allevano le fanciulle da bene, di volerla maritare poi ad uno famiglio cattivo e disutile, perché fussi contento che tu ti giacessi con lei? Credevi tu però avere a fare con ciechi o con gente che non sapessi interrompere le disonestà di questi tuoi disegni? Io confesso avere condotti tutti quelli inganni, che ti sono stati fatti, perché, a volerti fare ravvedere, non ci era altro modo, se non giugnerti in sul furto, con tanti testimonii, che tu te ne vergognassi, e dipoi la vergogna ti facessi fare quello, che non ti arebbe potuto fare fare niuna altra cosa. Ora, la cosa è qui: se tu vorrai ritornare al segno, ed essere quel Nicomaco che tu eri da uno anno indrieto, tutti noi vi tornereno, e la cosa non si risaprà; e, quando la si risapessi, egli è usanza errare ed emendarsi.

ааааааааааа NI.а Sofronia mia, fa' ciò che tu vuoi: io sono parato a non uscire fuora de' tua ordini, pure che la cosa non si risappia.

ааааааааааа SO.а Se tu vuoi fare cotesto, ogni cosa è acconcio.

ааааааааааа NI.а Clizia, dove è?

ааааааааааа SO.а Manda'la, subito che si fu cenato iersera, vestita con panni di Siro, in uno monistero.

ааааааааааа NI.а Cleandro, che dice?

ааааааааааа SO.а È allegro che queste nozze sien guaste, ma egli è ben doloroso, che non vede come e' si possa avere Clizia.

ааааааааааа NI.а Io lascio avere ora a te il pensiero delle cose di Cleandro; nondimeno, se non si sa chi costei è, non mi parrebbe da dargliene.

ааааааааааа SO.а E' non pare anche a me; ma conviene differire il maritarla, tanto che si sappia di costei qualcosa, o che gli sia uscita questa fantasia; ed intanto si farà annullare il parentado di Pirro.

ааааааааааа NI.а Governala come tu vuoi. Io voglio andare in casa a riposarmi, che per la mala notte, ch'io ho avuta, io non mi reggo ritto, ed anche perché io veggo Cleandro ed Eustachio uscir fuora, con i quali io non mi voglio abboccare. Parla con loro tu, di' la conclusione fatta da noi, e che basti loro avere vinto, e di questo caso più non me ne ragionino.

 

Scena quarta

 

CLEANDRO, SOFRONIA, EUSTACHIO

 

ааааааааааа CLE.а Tu hai udito come el vecchio n'è ito chiuso in casa; e debbe averne tocco una rimesta da Sofronia. E' par tutto umile! Accostianci a lei, per intendere la cosa. Dio vi salvi, mia madre! Che dice Nicomaco?

ааааааааааа SO.а È tutto scorbacchiato, il povero uomo! Pargli essere vituperato; hammi dato il foglio bianco, e vuole ch'io governi per lo avvenire a mio senno ogni cosa.

ааааааааааа EU.а E' l'andrà bene! Io doverrò avere Clizia!

ааааааааааа CLE.а Adagio un poco! E' non è boccone da te.

ааааааааааа EU.а Oh, questa è bella! Ora, che io credetti avere vinto, ed io arò perduto, come Pirro?

ааааааааааа SO.а Né tu, né Pirro l'avete avere, né tu, Cleandro, perché io voglio che la stia così.

ааааааааааа CLE.а Fate almeno che la torni a casa, acciò ch'io non sia privo di vederla.

ааааааааааа SO.а La vi tornerà, e non vi tornerà, come mi parrà. Andianne noi a rassettare la casa; e tu, Cleandro, guarda, se tu vedi Damone, perché gli è bene parlargli, per rimanere come s'abbia a ricoprire il caso seguito.

ааааааааааа CLE.а Io sono mal contento.

ааааааааааа SO.а Tu ti contenterai un'altra volta.

 

Scena quinta

 

CLEANDRO, DAMONE

 

ааааааааааа CLE.а Quando io credo essere navigato, e la Fortuna mi ripigne nel mezzo al mare e tra più turbide e tempestose onde! Io combattevo prima con lo amore di mio padre; ora combatto con la ambizione di mia madre. A quello io ebbi per aiuto lei, a questo sono solo: tanto che io veggo meno lume in questo, che io non vedevo in quello. Duolmi della mia male sorte, poiché io nacqui, per non avere mai bene e posso dire, da che questa fanciulla ci venne in casa, non avere cognosciuti altri diletti che di pensare a lei; dove sono sì radi stati e piaceri, che i giorni di quegli si annoverrebbono facilmente. Ma chi veggo io venire verso me? È egli Damone? Egli è esso, ed è tutto allegro. Che ci è, Damone, che novelle portate? Donde viene tanta allegrezza?

ааааааааааа DA.а Né migliori novelle, né più felice, né che io portassi più volentieri potevo sentire!

ааааааааааа CLE.а Che cosa è?

ааааааааааа DA.а Il padre di Clizia vostra è venuto in questa terra, e chiamasi Ramondo, ed è gentiluomo napolitano, ed è ricchissimo, ed è solamente venuto, per ritrovare questa sua figliuola.

ааааааааааа CLE.а Che ne sai tu?

ааааааааааа DA.а Sòllo, ch'io gli ho parlato, ed ho inteso il tutto, e non c'è dubbio alcuno.

ааааааааааа CLE.а Come sta la cosa? Io impazzo per la allegrezza.

ааааааааааа DA.а Io voglio che voi la intendiate da lui. Chiama fuora Nicomaco e Sofronia, tua madre.

ааааааааааа CLE.а Sofronia! o Nicomaco! Venite da basso a Damone.

 

Scena sesta

 

NICOMACO, DAMONE, RAMONDO, SOFRONIA

 

ааааааааааа NI.а Eccoci! Che buone novelle?

ааааааааааа DA.а Dico che 'l padre di Clizia, chiamato Ramondo, gentiluomo napolitano, è in Firenze, per ritrovare quella, ed hogli parlato, e già l'ho disposto di darla per moglie a Cleandro, quando tu voglia.

ааааааааааа NI.а Quando e' fia cotesto, io sono contentissimo. Ma dove è egli?

ааааааааааа DA.а Alla Corona, e gli ho detto ch'e' venga in qua. Eccolo che viene. Egli è quello che ha dirieto quelli servidori. Faccianceli incontro.

ааааааааааа NI.а Eccoci. Dio vi salvi, uomo da bene!

ааааааааааа DA.а Ramondo, questo è Nicomaco, e questa è la sua donna, ed hanno con tanto onore allevato la figliuola tua; e questo è il loro figliuolo, e sarà tuo genero, quando ti piaccia.

ааааааааааа RA.а Voi siate tutti e ben trovati! E ringrazio Iddio, che mi ha fatto tanta grazia, che, avanti ch'io muoia, rivegga la figliuola mia, e possa ristorare questi gentiluomini, che l'hanno onorata. Quanto al parentado, a me non può essere più grato, acciò che questa amicizia, fra noi per i meriti vostri cominciata, per il parentado si mantenga.

ааааааааааа DA.а Andiamo dentro, dove da Ramondo tutto il caso intenderete appunto, e queste felice nozze ordinerete.

ааааааааааа SO.а Andiamo. E voi, spettatori, ve ne potrete andare a casa, perché, sanza uscir più fuora, si ordineranno le nuove nozze, le quali fieno femmine, e non maschie, come quelle di Nicomaco.

 

Canzona

 

ааааааааааа Voi, che sì intente e quete,

anime belle, esemplo onesto umile,

mastro saggio e gentile

di nostra umana vita udito avete;

e per lui conoscete

qual cosa schifar dèsi, e qual seguire,

per salir dritti al cielo,

e sotto rado velo

più altre assai, ch'or fora lungo a dire:

di cui preghian tal frutto appo voi sia,

qual merta tanta vostra cortesia.

 




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