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BRUNETTO LATINI

IL FAVOLELLO

Edizione di riferimento: Brunetto Latini, Favolello, in Poeti del Duecento,

a cura di G. Contini, Ricciardi, Milano-Napoli 1960

Forse lo spron ti move

che di scritte ti pruove

di far difensa e scudo;

ma se’ del tutto niudo,

ché tua difensïone                                    5

somente di ragione,

e fàllati drittura:

ch’una propia natura

ha dritta benvoglienza,

che riceve crescenza                                 10

d’amore ogni fïata;

e lunga dimorata

né paese lontano

di monte né di piano

non mette oscuritate                                 15

in verace amistate.

Dunque pecca e disvia

chi bono amico obria,

ché ’ntra li buoni amici

son li diritti ofici                                        20

volere e non volere

ciascuno, e atenere,

quello che l’altro vuole

in fatto ed in parole.

Questa amistà è certa;                              25

ma de la sua coverta

va alcuno amantato

come rame indorato.

Così in molte guise

son l’amistà divise,                                    30

perché la gente invizia

la verace amicizia:

ch’amico che maggiore

vuol essere a tutt’ore,

parte come leone;                                     35

amor bassa e dispone,

perché in fin’ amanza

non cape maggioranza.

Dunque riceve inganno,

non certo sanza danno,                             40

l’amico, ciò mi pare,

ch’è di minore affare,

ch’ama veracemente

e serve lungiamente,

donde si membra rado                                45

quelli ch’è in alto grado.

Ben sono amici tali

che saettano istrali,

e dànno grande lode

quando l’amico l’ode,                                 50

ma null’altro piacere

si può di loro avere.

Così fa l’ausignuolo:

serve del verso solo,

ma già d’altro mistero                                55

sai che non vale guero.

In amico m’abatto

che m’ama pur a patto

e serve buonamente,

se vede apertamente                                 60

com’io riserva lui

d’altretanto o de plui.

Altretal ti redico

de lo ritroso amico,

ched a la comincianza                                65

mostra grande ’bondanza,

poi a poco a poco alenta,

tanto che aneenta,

e in detto ed in fatto

già non aserva patto.                                70

Così ho posto cura

ch’amico di ventura

come rota si gira,

ch’ello pur guarda e mira

come Ventura corre:                                 75

e se mi vede porre

in glorïoso stato,

servemi di buon grato;

ma se cado in angosce,

già non mi riconosce.                                 80

Così face l’augello

ch’al tempo dolce e bello

con noi gaio dimora

e canta ciascun’ ora;

ma quando vie la ghiaccia,                          85

che non par che li piaccia,

da noi fugge e diparte.

Ond’io n’ho presa un’arte:

che, come la fornace

prova l’oro verace,                                    90

e la nave lo mare,

così le cose amare

mostran veracemente

chi ama lealmente.

Certo l’amico avaro,                                  95

come lo giocolaro,

mi loda grandemente

quando di me ben sente;

ma quando no lli dono,

portami laido sòno.                                    100

Questi davante m’unge,

ma di dietro mi punge,

e come l’ape in seno

mi dà mele e veleno.

E l’amico di vetro                                      105

l’amor getta di dietro

per poco afendimento,

e pur per pensamento

si parte e rompe tutto

come lo vetro rotto.                                  110

E l’amico di ferro

ma’ non dice «Diserro»

infin che può trappare;

ma el no vorria dare

di molte erbe una cima:                              115

natur’ è de la lima.

Ma l’amico di fatto

è teco a ogne patto,

e persona ed avere

puo’ tutto tuo tenere,                                120

ché nel bene e nel male

lo troverai leale:

e se fallir ti vede,

unque non se ne ride,

ma te stesso riprende                                125

e d’altrui ti difende:

se fai cosa valente,

la spande fra la gente

e ’l tuo pregio radoppia.

Cotal è buona coppia:                                130

ch’amico di parole

mi serve quando vole

e non ha fermamento

se non come lo vento.

Or, che ch’i’ penso o dico,                          135

a te mi torno, amico

Rustico di Filippo,

di cui faccio mi’ ceppo.

Se teco mi ragiono,

non ti chero perdono,                                140

ch’i’ non credo potere

a te mai dispiacere:

ché la gran conoscenza

che ’n te fa risedenza

fermat’ a lunga usanza,                              145

mi dona sicuranza

com’io ti possa dire

e per detto ferire.

E ciò che scritto mando

è cagione e dimando                                  150

che ti piaccia dittare

e me scritto mandare

del tuo trovato adesso:

ché ’l buon Palamidesso

mi dice, ed ho creduto,                              155

che se’ ’n cima saluto;

ond’io me n’allegrai.

Qui ti saluto ormai:

e quel tuo di Latino

tien’ per amico fino                                    160

a tutte le carrate

che voi oro pesate.

 

© Belpaese2000С.В.Логиш 09.10.2005

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