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sergio corazzini

poesie

 

Edizione di riferimento:

Sergio Corazzini, Poesie edite e inedite, a cura di S. Jacomuzzi, Torino, Einaudi 1968.

 

 

Libro per la sera della domenica

 

Sera della domenica

per Alberto Tarchiani

 

Ora che li organi

di Barberia singhiozzano al Crepuscolo

li ultimi balli e le ultime canzoni

anche una volta, quasi una paura

folle di rimanere

soli nell’imminente ombra li tenga;

 

ora che i poveri

amanti hanno sepolta

nel cuore, senza piangere, la piccola

loro felicità domenicale,

e vanno muti

per il noto viale

al convegno dell’ultima tristezza;

 

ora che il pianto in maschera

di Sorriso

affetta ancora un’aria disinvolta

prima che scada il facile noleggio

dell’abito di gala;

 

ora che ne’ conventi e ne’ collegi

abbassano le lampade,

asciugano le lagrime,

e s’imagina che nel Paradiso

ogni giorno sarà

domenica;

 

ora che nei postriboli

le femine si lasciano baciare

cantando

il breve elogio funebre

della verginità;

 

il Poeta, ebro di morte,

viene a patti

con la Disperazione

che gli offre il domani con tutte

le sue piccole ire sorde,

le sue facili rassegnazioni,

mentre gli ride in faccia

perché non seppe ancora

morire di fame!

 

La liberazione

                              a Carlo Scialoia

 

Cantarellando, senza

tremare, la prigioniera

dalle mani logore

raccolse tutte le vecchie cose

polverose, i suoi denari

di un’altra epoca,

riguardò nelli angoli ove la sera

già tesseva le sue tele d’ombra

e tentò la porta vigilata

dai ragni centenari.

 

Seguivano con aria

di danza

un loro monotono giro le foglie

davanti alla casa

della Melanconia,

donde la Speranza affamata

fuggiva indisturbata.

 

Elemosina nel sonno

                                          a Guido Milelli

 

Piccolo vecchio lebbroso,

tu sogni, le mani sul ventre,

nell’ombra della via suburbana

odorata di gelsomini,

sogni

che ti hanno incoronato re dei re!

 

È dunque la tua reggia

meravigliosa, questa che fiammeggia

come un rogo?

Sono tue queste logge sul mare?

E quei vascelli

d’oro?

Vengono a te

da favolosi reami

li omaggi stupendi?

 

E quel buffone gobbo,

vestito di campanelli

d’argento,

narra a te un’originale

storia sentimentale

per farti singhiozzare

a tradimento?

 

Piccolo vecchio lebbroso,

non sorridere così!

L’alba grida da un’ora per la via.

Destati! Non vedi

che taluno s’è fermato a guardare

quel tuo sorriso muto d’idiota,

mentre

tu seguiti a sognare,

le mani sul ventre,

quella tua grande felicità

ignota?

 

Le illusioni

                                per Antonello Caprino

 

Non piangere così! Lascia

che se ne vadano in silenzio

prima che accendano i fanali!

Se taluna sopporta a malincuore

il suo fardello di stracci, aiutala!

perché non si soffermi e voglia

sedersi sulla soglia!

 

Non ti torcere le mani!

Lascia che se ne vadano

senza sapere che tu piangerai

fino a domani!

Chiudi bene le porte e non udire

le loro efimere parole!

Se ne vanno cantando tutte sole,

in cerca d’amore.

 

Non singhiozzare così!

Perché le chiami? Speri

che tornino? Oh, allora,

tu non hai cercato a bastanza

nell’ombra della sera,

non hai chiuso bene la porta

su la via!

Taluna rimase: quella

che ti sarà sorella,

che ti sarà infermiera

nell’agonia.

 

Dialogo di Marionette

                                   per André Noufflard

 

— Perché, mia piccola regina,

mi fate morire di freddo?

Il re dorme, potrei, quasi,

cantarvi una canzone,

ché non udrebbe! Oh, fatemi

salire sul balcone!

— Mio grazioso amico,

il balcone è di cartapesta,

non ci sopporterebbe!

Volete farmi morire

senza testa?

— Oh, piccola regina, sciogliete

i lunghi capelli d’oro!

— Poeta! non vedete

che i miei capelli sono

di stoppa?

— Oh, perdonate!

— Perdono.

— Così?

— Così...?

— Non mi dite una parola,

io morirò...

— Come? per questa sola

ragione?

— Siete ironica... addio!

— Vi sembra?

— Oh, non avete rimpianti

per l’ultimo nostro convegno

nella foresta di cartone?

— Io non ricordo, mio

dolce amore... Ve ne andate...

Per sempre? Oh, come

vorrei piangere! Ma che posso farci

se il mio piccolo cuore

è di legno?

 

Stazione sesta

                                 a Fausto Maria Martini

 

Tu vedi: che cosa rimane?

Se n’è andata davvero, questa volta.

Adesso puoi sospirare

i tuoi madrigali alla Tristezza.

Se n’è andata davvero...

Non la ricordi cantarellare

le canzonette napoletane

fuori di moda?

La cerchi nelle sue cose?

Ritrovi le sue dita in quelle rose

di carta gialla o lungo la tastiera

di quel suo vecchio pianoforte a coda?

 

Ma non vedi? Nessuno comprende

questo tuo ricercare,

questo tuo sollevare

improvviso di tende,

questo sentirti morire

udendo battere alla postierla

della sua casa melanconica!

Nessuno imagina che il tuo volto

piangevole e doloroso

in quel piccolo specchio polveroso

somigli quello di Cristo sul lino

della Veronica!

 

L’ultimo sogno

                                        per Alfredo Tusti

 

Io sono giunto alla città

nel mezzo del bosco.

Batto alla porta, nessuno domanda,

batto a tutte le porte

della città muta; non odo

che fontane cantare

canzoni senza ritornelli

a la Monotonia.

 

Io grido: «non saprò

domani tornare

per la stessa via!

Sono un fanciullo bianco

ed è fiorita per i miei capelli

una ghirlanda!

Le mie piccole mani sono pure

come quelle dei santi di cera;

amo le creature

non so che una povera preghiera».

 

Le fontane cantano sempre

nella città muta dei sogni.

 

Io mi allontano

e la mia veste bianca

se la dividono i rovi,

e la mia ghirlanda s’è mutata

in una corona di spine,

le mie piccole mani sanguinano

senza fine

e l’anima è triste come

li occhi

di un agnello che sia per morire.

 

E le fontane cantano

dietro le bianche porte.

 

Ah! sono io dunque colui

che non dormirà più

che non sognerà più

fino alla morte?

 

Castello in aria

                                    a G. W. Sbordoni

 

Oh! piangi ancora, mia

piccola tenerezza!

Piangi, fosse anche per un’ora!

che t’importa? Sarà questa

l’ultima grazia... Non sai

che me ne voglio andare?

 

Ma se tu non piangerai,

come allora, per una

improvvisa tristezza,

per una melanconia

senza causa, mia

piccola tenerezza,

come potrò questa sera,

mentre tu dormi e sogni

la mia bocca, fuggire?

 

Andarmene a morire nel castello

della Nostalgia?

 

Scena comica finale

                                            a Guglielmo Genua

 

L’ultimo Desiderio traballando

nell’ombra della porta

d’un postribolo fa

la serenata alla Disperazione.

Ma dai tegoli goccia

la pioggia sul balcone, a quando a quando:

forse la Bella non apparirà.

 

Che sia morta di fame? che un amante

le offra tutte le sue lagrime

con un bel gesto galante?

Ma non trapela

per le chiuse imposte lume

di candela.

Converrà cercarla altrove:

peregrinare

per tutte le taverne della via,

strisciare lungo i muri

come una spia

prima che l’alba ruffiana torni

e conduca alla sua casa li umani.

 

L’ultimo Desiderio

con la logora

chitarra a bandoliera

cerca per ore e ore

la Disperazione.

 

Ma non la trova... né la troverà,

ché gli è la Bella fino dalla sera

nel cuore.

 

Bando

                                   a Giorgio Lais

 

Avanti! Si accendano i lumi

nelle sale della mia reggia!

Signori! Ha principio la vendita

delle mie idee.

Avanti! Chi le vuole?

Idee originali

a prezzi normali.

Io vendo perché voglio

raggomitolarmi al sole

come un gatto a dormire

fino alla consumazione

de’ secoli! Avanti! L’occasione

è favorevole. Signori,

non ve ne andate, non ve ne andate;

vendo a così poco prezzo!

Diventerete celebri

con pochi denari.

Pensate: l’occasione è favorevole!

Non si ripeterà.

Oh! non abbiate timore di offendermi

con un’offerta irrisoria!

Che m’importa della gloria!

 

E non badate, Dio mio, non badate

troppo alla mia voce

piangevole!

 

 
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