Romanzo epistolare della memoria,
“Caro Michele” si apre nel dicembre del 1970 e si chiude nell'estate
dell’anno successivo. Il ricordo del passato diventa specchio
dellasolitudine, del lasciarsi vivere che caratterizza il vuoto
esistenziale della piccola e media borghesia. Testimone degli anni
della contestazione giovanile studentesca, Natalia Ginzburg, nel
1973, trasforma in romanzo la propria percezione di un’Italia allo
sbando in cui le famiglie si disperdono, ove la comunicazione è
sempre più difficile. A rappresentare questo sentimento di sconfitta
umana è Michele, l'esule fuggito a Londra per motivi politici in
seguito alle rivolte del '68, destinato a vivere nel disagio sino
alla tragica sorte finale.
A tener vivo il suo ricordo è la madre Adriana che, separata dal
marito Oreste, abita in una casa colonica dei dintorni di Roma
vicino alle figlie gemelle Angelica e Viola, intrattenendo una fitta
corrispondenza con lui. Così vivono nella memoria del giovane anche
le sorelle, Osvaldo - un amico "particolare" attualmente sposato con
Ada - e la stravagante Mara, che potrebbe aver avuto un figlio da
lui. Personaggi, tutti, che perdono l’occasione per interrogarsi
sulle cose essenziali della vita e lasciano trasparire la loro
desolata disperazione, come risulta evidente nelle parole affrante
di Adriana: “Avremmo potuto metterci seduti e interrogarci
vicendevolmente su cose essenziali. Saremmo stati probabilmente meno
felici, anzi saremmo stati infelicissimi. Però io adesso mi
ricorderei quel giorno non come un vago giorno felice ma come un
giorno veritiero e essenziale per me e per te, destinato a
illuminare la tua e la mia persona, che sempre si sono scambiate
parole di natura deteriore, non mai parole chiare e necessarie ma
invece parole grigie, bonarie, fluttuanti e inutili.”
Nel 1976 Mario Monicelli firmò la
trasposizione cinematografica del romanzo con un film intimista, di
cupa riflessione eppure intelligente, forte di una Mariangela Melato
intensa e convincente nei panni di Adriana.