VirUS CulTura
"Non ho piu' ascelle per piangere.
Andiamo dove ci porta il cuore."
Milioni di copie vendute in tutto il mondo;
nove edizioni in pochi anni; un titolo, VA
DOVE TI PORTA IL CUORE, che è entrato
nell’immaginario collettivo, proliferando
in una serie infinita di varianti, malevole o
no; da ultimo il film omonimo, da poco uscito
nelle sale e che promette bene: il libro di
Susanna Tamaro è un best-seller, senza le
caratteristiche del genere, ma soprattutto
è già, per molti, un libro-culto, uno di quei
libri in cui, ad ogni pagina, il lettore
riconosce se stesso, e che si prende anche la
briga di sottolineare, perchè dice le cose
proprio come sono o come lui le sente.
E la Tamaro, bisogna ammetterlo, ha centrato
il bersaglio: ha scritto un libro farcito di
saggezza, di sentimenti, di buone cose e
buoni consigli, e ha colato il tutto nello
stampo, magari un po’ logoro, ma sempre
efficace, del monologo, dello sfogo epistolare,
messo in bocca ad un personaggio insolito, una
donna già vecchia, che sente vicina la morte.
Analizziamoli questi ingredienti, tanto per
continuare la metafora, che è di quelle domestiche,
che piacciono molto alla protagonista del romanzo,
che trasferisce ogni esperienza nel suo piccolo
universo casalingo, ragione non ultima del successo
dell’ opera.
Analizziamoli e anche il meno scaltro di noi li
riconoscerà per quelli che sono: la saggezza è
spicciola, ovvia, banale; gli insegnamenti che
la donna vorrebbe impartire alla nipote sono
scontati, "ricucinati" (per capirci: ... La
rinuncia di sé conduce al disprezzo. Dal disprezzo
alla rabbia il passo è breve... Non bisogna credere
che aver vinto una battaglia significhi aver vinto la
guerra... Coltivare il proprio piccolo senza vedere
più niente di quello che sta intorno vuol dire
respirare ancora, ma essere morti ...
Se fosse l’eccesso di ragione a denutrire la vita? ...
Sai qual è l’ errore che si fa sempre? Quello di credere
che la vita sia immutabile ...); i sentimenti sono
manierati; i buoni consigli si riducono all’ invito a
seguire il cuore (e non è niente di nuovo, è scritto
anche sui Baci Perugina), le buone cose sono le stesse
buone cose borghesi su cui Gozzano quasi un secolo fa
ebbe l’ intelligenza di ironizzare: la soffitta, i
ricordi, il cane fedele, la cucina. Dovremo forse
ammettere che milioni di lettori si siano "bevuti" come
nuove e illuminanti cose tanto scontate? Sicuramente no.
E allora perché il successo, visto che la storia non è di
quelle piccanti o intriganti, anzi ha un tono dimesso,
visto che del libro si è cominciato a parlare in TV quando
già aveva venduto milioni di copie? In parte lo abbiamo già
detto: si innesca subito, leggendo il testo, un processo di
identificazione: e non è un caso che le lettrici del romanzo
siano state soprattutto donne di mezza età, donne cui la
vita ha riservato probabilmente molte delusioni; e poi,
anche le cose più ovvie che ciascuno di noi sente o può
sentire, trasferite sulla pagina, hanno una facile presa,
sono la conferma ai nostri disagi; il fatto, e anche questo
è stato detto, che tutto sia ricondotto entro il mondo
piccolo e rassicurante delle pareti domestiche:
la protagonista è una donna semplice, le sue riflessioni
scaturiscono tutte da qualcosa che ha letto su una rivista,
o ha sentito in televisione, pensa le cose che pensano tutte
le donne un po’ avanti con gli anni, la sua è una storia
anonima, così anonima da poter essere uguale a quella di
moltre altre donne: ha ricevuto un’ educazione rigida,
soffocante, ha sposato un uomo noioso ma ha avuto una figlia
dall’ unico uomo che abbia veramente amato e per il quale,
tuttavia, non ha osato lasciare il marito, che sapeva tutto,
ma non l’ ha detto, se non in punto di morte; ha avuto un
rapporto conflittuale con la figlia e l’ ha perduta, e di
questo lei si rimprovera, ma scommetto che molte lettrici
l’ avranno compresa e proclamata innocente, infine ha
dedicato tutta la vita alla nipote, che, adesso, ingrata!,
l’ ha lasciata per andarsene in America, ma lei la comprende,
lei comprende tutti, lei è una specie di santa!Ciò che è
interessante chiedersi adesso è quanta consapevolezza e
intenzionalità ci fossero nella Tamaro: Susanna Tamaro:
scrittrice scaltrita, "D’ Annunzio" in gonnella, formato
casalinghe, o piuttosto una specie di Pascoli, però molto
meno brava e geniale nella veste formale? Ma questo, credo,
sarà difficile stabilirlo!
Silvia Musacchio